tag:blogger.com,1999:blog-38148717306250821452024-03-06T01:55:31.067+01:00Paesaggio Teramano, rivista redatta da Sergio ScacchiaPaesaggio Teramano, rivista redatta da Sergio Scacchia, per raccontare Teramo e la sua Provincia ... e non soloSergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.comBlogger304125tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-66698588083861456222020-04-15T20:13:00.001+02:002020-04-15T20:13:17.144+02:00<h2>
<b><i><span style="background-color: white;"> Il pellegrino dell’Assoluto</span></i></b></h2>
<i>Dio fammi conoscere le tue vie, affinché io ti conosca…</i> (Esodo 33:13)<br />
<br />
Tempo fa trovai un libro antico su San Francesco dal titolo emblematico: <i>“Solvitur ambulando”</i>, cioè camminando si sciolgono le pene, si risolvono i conflitti interiori, ci si accosta alla vera quiete. <br />
Raccontava dei tanti viaggi del serafico Padre compiuti per portare il messaggio della salvezza e di come macinare chilometri a piedi fosse qualcosa di benefico per l’anima. <br />
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I monaci, che la sapevano lunga sulla serenità, consigliavano questa attività agli irrequieti novizi. <br />
I frati del Poverello di Assisi, a passo poco gagliardo ma senza fermarsi e a qualsiasi età, affrontavano cammini dirupati e mulattiere in quello che oggi io amo chiamare lo <i>"spaziamento infinito”.</i><br />
Ho camminato in quasi tutte le montagne d’Abruzzo e ad ogni incontro veloce, su smozzicate tracce di sentieri, ho visto volti radiosi, sorrisi sereni.<br />
Perché camminare fa bene all'anima. <br />
Sin da ragazzo mi è sempre piaciuto far di passi. <br />
Amavo a quel tempo stare sulle cartine, seguire i percorsi che poi immaginavo di fare.<br />
Molti di questi poi li ho fatti davvero. La mia è sempre stata comunque una scelta di lentezza, con poco bagaglio e molti sogni.<br />
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Mi piaceva la sua struttura on the road, il suo linguaggio diretto parlato. <br />
Ci trovavo lo stesso spirito di libertà e di fuga che mi faceva amare mettere il piede davanti all'altro. <br />
Trovavo il ritmo della narrazione lineare e coerente col fascino del viaggio. <br />
Ho sempre pensato che non esiste cosa più bella del camminare. <br />
I sentieri, le strade parlano di Dio, conducono a scoprire luoghi dell’anima, piccole chiese di campagna, grandi santuari. <br />
E credo di essere francescano anche perché San Francesco camminò davvero fino alla fine. <br />
Camminare ti porta a conoscere il passato per aiutarti a capire meglio il presente, ti fa scoprire vecchi mestieri, lavori artigianali, esistenze giornaliere di uomini orientati comunque verso Dio, a volte anche senza saperlo. <br />
Al camminare ho sempre aggiunto lo sguardo del fotografo, del reporter innamorato che scandaglia vite, documenta emozioni, fa scoprire luci e architetture. <br />
<br />
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Se ora, all'ultimo tratto del cammino della mia povera esistenza, ho capito almeno una cosa, quella è che non esistono strade già tracciate. Mentre attraversiamo i nostri giorni, apriamo le strade al cammino. <br />
È come se ci trovassimo davanti delle vecchie carte con indicazioni di tracciati ormai semi scomparsi. <br />
Facciamo il confronto con le mappe dell’Istituto Geografico Militare, poi attingiamo da Google Maps e, infine, affrontiamo quei percorsi abbandonati. <br />
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a volte le piste dei giorni sono piene di rovi, ci perdiamo infinite volte, poi riusciamo a procedere per la tracciatura definitiva della strada. Infine, il percorso faticosamente delineato lo si deve far sopravvivere con costante manutenzione. <br />
Questo accade solo con l’aiuto dello Spirito Santo. <br />
Non si è mai visto un vento rinchiuso in un burrone o in una grotta.<br />
Se non ci sono spazi liberi il vento cessa di essere vento. Così è lo Spirito: ha bisogno di “spaziamento”, di espandersi per essere forza viva nel nostro cammino. <br />
La manutenzione è la preghiera che ti porta a destinazione anche attraverso vie impensabili e imprevedibili.<br />
Proprio vero! Ci sono sentieri dell’anima che a volte sono complicati, erti, pieni di curve e anche difficili da trovare. <br />
D'altronde, le belle parole di Mosè nel Libro dell’Esodo, portano a fare una considerazione: dobbiamo conoscere la via giusta per arrivare a Dio. <br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4Tgtic2BjrKEoId28VMTspaVtqVi1_mG-hR9JecwzJKZ-7_WCRzDoQR541bn4e-EJB3Tpt3hfadpQfpd3VjYs5L4ZQmafASl4N1QgFNb4xl8KMbA-qa90i-D9JxXRrHi0SbIj7bijyDDZ/s1600/MONTI+3.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi4Tgtic2BjrKEoId28VMTspaVtqVi1_mG-hR9JecwzJKZ-7_WCRzDoQR541bn4e-EJB3Tpt3hfadpQfpd3VjYs5L4ZQmafASl4N1QgFNb4xl8KMbA-qa90i-D9JxXRrHi0SbIj7bijyDDZ/s320/MONTI+3.jpg" width="320" /></a>Le strade dell’uomo portano da tante parti.<br />
Molti intraprendono una via di successo e incontrano mappe di delusioni, altri s’incamminano verso sentieri di peccato per giungere al capolinea della sofferenza.<br />
C’è anche chi, pur percorrendo un cammino di onestà, non riesce a trovare il bivio della gioia da imboccare.<br />
Da anni io prego il Signore nella maniera di Mosè e Lui mi ha indicato la via da percorrere, attraverso la Sua Parola.<br />
E si è lasciato trovare!<br />
Voglio aiutare, provare ad aiutare chi legge, a diventare un “pellegrino dell’assoluto”. <br />
Mi faccio accompagnare da San Francesco, il mio protettore, un uomo che, attraverso il cammino, ha davvero portato l’Assoluto ovunque e a tutti.<br />
Dio solo sa quanto avremmo bisogno di essere pellegrini mistici, uomini e donne in rottura temporanea con la vita di ogni giorno. <br />
Idealmente vi invito, leggendomi, a mettere la bisaccia in spalla, prendere il bastone in mano, rifiutare di lasciarvi bloccare da immobilismo e pigrizia, fuggire dagli orizzonti limitati e cedere al fascino dei grandi spazi, al bisogno di comunicare con l’Infinito. <br />
<br />
<br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-84376215541033546812016-10-15T22:03:00.001+02:002016-10-15T22:03:25.477+02:00Il santo dei malati. Visita al santuario di San Camillo de Lellis a Bucchianico<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifQkpuXsEv7KTXZsFDDpHfGOui7M8TM-7R4H6CFKTB6YU-d1NwOqGAnEaSEr5t66QSPdEVAv64dR_Eh0Fdcu1c4s7wckYx4HoiFsT9Ut6412jf3wVYp4UxvgN6RfyiLw5n8iuza5I7mCpB/s1600/LA+VERDE+VALLE+DELL%2527ALENTO+MINI.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifQkpuXsEv7KTXZsFDDpHfGOui7M8TM-7R4H6CFKTB6YU-d1NwOqGAnEaSEr5t66QSPdEVAv64dR_Eh0Fdcu1c4s7wckYx4HoiFsT9Ut6412jf3wVYp4UxvgN6RfyiLw5n8iuza5I7mCpB/s320/LA+VERDE+VALLE+DELL%2527ALENTO+MINI.jpg" width="320" /></a></div>
C’è un panorama incomparabile sulla valle dell'Alento. <br />
La vista spazia dall'Adriatico spumeggiante al re degli Appennini, il Gran Sasso. <br />
Il capoluogo Chieti è lì su di un colle che pare poterlo toccare. Tutto intorno colline segnate da profondi calanchi, tra uliveti e vigneti.<br />
Mi riecheggiano nella mente le parole di Ezra Pound: <br />
“La bellezza? Non ci si mette a discutere sul vento d’aprile. Quando lo si incontra ci si rianima come per un pensiero folgorante di Platone o il bel profilo di una statua o di un volto …”. <br />
Tutto vero! La bellezza non si spiega, si ammira. <br />
Qui il panorama sembra trafiggerti per la sua armonia. <br />
È “agathòs”, è “kalos”, buono e bello. È carino, credo, pensare a un Dio soddisfatto di ciò che ha creato. Rimbalza con profondità e poesia, l’immagine di un Creatore artista che contempla ciò che ha lavorato. Il colombo che passa sulla testa è la materializzazione dei miei pensieri dato che nel “Cantico dei Cantici” della Bibbia, questo uccello è simbolo d’amore e di bellezza, quella incantevole che colpisce anche i cuori più duri.<br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOSmuNLVZQC9YVmlk5g0qj2k9e7KEaKePufV2hsiJrhuPzyNPVP7NALETL3Mi8sdAOHM3FUgsm8wVbzI37GAmuaqTyTSVa1sCUkKpjX-EIziGU1hiOM26sLEqvpfZ8KHMEM9bUueKg5bk_/s1600/SINGOLARE+CARTELLO+FUORI+IL+SANTUARIO+MINI.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOSmuNLVZQC9YVmlk5g0qj2k9e7KEaKePufV2hsiJrhuPzyNPVP7NALETL3Mi8sdAOHM3FUgsm8wVbzI37GAmuaqTyTSVa1sCUkKpjX-EIziGU1hiOM26sLEqvpfZ8KHMEM9bUueKg5bk_/s320/SINGOLARE+CARTELLO+FUORI+IL+SANTUARIO+MINI.jpg" width="320" /></a></div>
Veramente panoramico Bucchianico, il paese dei Banderesi, gli uomini che nel giorno della festa, il 25 maggio, vestono abiti rituali con bande rosse e azzurre e buffi pennacchi sul copricapo. <br />
Portano le reliquie di Santo Urbano, quello che fu papa dal 222 al 230 e di cui non si hanno tante notizie. <br />
Ma i ballerini di Bucchianico che danzano con i vessilli comunali, sfilando in paese, hanno certezze. La storia ha dell'incredibile. Il santo apparve ai cittadini pugliesi di Troia e li esortò a prelevare le sue ossa per custodirle dentro un reliquario nella bella cattedrale di quel paese. I cittadini pugliesi da Roma diretti a Troia, dovettero fermarsi a Bucchianico per riposare. Da quel momento non fu più possibile riprendere il viaggio.<br />
Ogni qual volta ci provavano, violenti temporali impedivano la partenza. Fu chiaro che il santo voleva rimanere lì. I resti furono affidati ai frati benedettini di Santa Maria Maggiore. <br />
Ma c'è un campione di santità, nato proprio qui, San Camillo de Lellis, il santo della carità, il cui Ordine si riconosce dalla grande croce di stoffa rossa, cucita al centro della veste. <br />
<br />
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Il mio amico Mauro spezza l’incanto. “<i>Tra un po’ quando arriveranno quelle nuvole in fondo, si alzerà nebbia e avremo qualche problema”. </i><br />
Qualche problema è un eufemismo.<br />
Le nubi in cielo, di colpo, si mettono a correre come impazzite. In breve scende tanta pioggia da sommergerci. Ripariamo nel vicino <i>convento di San Camillo de Lellis.</i> Si, perché chi ha le sue radici in questo paese, ama profondamente quest'altra figura di santo. La devozione è così grande, così radicata che sono in tanti a dare ai figli il nome Camillo per implorare la protezione del santo concittadino. <br />
La nascita di questo figlio di Bucchianico ha a che fare con i famosi Banderesi. Sentite che storia! Per i credenti ha i tratti inequivocabili del divino. <br />
Madonna Camilla, donna bella e piena di vita, fu presa dalle doglie del parto il 25 maggio 1550, mentre partecipava alla messa per la festa del patrono Sant'Urbano. <br />
La gente in piazza era tutta presa dai preparativi per i festeggiamenti della sagra dei Banderesi. La donna, insieme al marito Giovanni dovette riparare in una stalla e qui, novello Cristo, nacque il futuro santo della Carità. Come spesso accade nella vita dei santi, Camillo ebbe una gioventù disastrosa, tra dipendenza dal gioco delle carte, bere e un carattere da fannullone. <br />
La vita per il giovane di Bucchianico, cambiò d'improvviso. S'incontrò con Gesù, grazie a San Filippo Neri che divenne suo padre spirituale in un periodo di grave malattia in cui si convinse di dover morire. La malattia non lo abbandonò più, ma il giovane pur piagato, mentre era a San Giovanni Rotondo e assisteva dei malati, avvertì il desiderio di istituire un gruppo di uomini che potessero confortare i fratelli nel bisogno. Nacque allora la Compagnia dei Servi degli Infermi e, subito dopo, Camillo fu ordinato sacerdote. <br />
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Fu questa Compagnia di religiosi dalla croce di stoffa rossa, che gestì l'emergenza sanitaria della peste del 1590 a Roma. <br />
In breve i Camilliani si diffusero in tutta Italia e le fondazioni dedicate al nome del santo, si moltiplicarono nell'assistenza qualificata a tutti i tipi di malattia. San Camillo morì il 1614 e il papa lo proclamò santo nel 1746. Anni dopo fu dichiarato Patrono degli Ospedali e della Carità, oltre che degli infermieri e dei portatori di pace maker al cuore. Infine il papa Paolo VI lo definì con San Gabriele dell'Addolorata, Patrono d'Abruzzo.<br />
La chiesa-santuario e l'annesso convento a Bucchianico, nel centro del paese, rappresentano una delle più particolari e precoci realizzazioni barocche in Abruzzo. <br />
La costruzione del convento, racconta la suora che ci accoglie all'ingresso, fu iniziata nel 1605, proseguì per molti anni fino ai decisivi interventi della prima metà del XX secolo. <br />
Il chiostro nella semplicità del suo schema a quadrato e nella nudità delle sue strutture, riecheggia spunti tradizionali di architettura monastica del medioevo. La chiesa mi pare bella e di ispirazione gesuitica. Ha una ricca scenografia che circonda l'altare maggiore, con un alto valore spirituale nelle numerose reliquie custodite. <br />
Bello ricordare che il santo partecipò alla costruzione del complesso come muratore e manovale, anche se riuscì a vedere il completamento del convento ma non quello della chiesa. <br />
La suora, gentilissima, ci accompagna nella bella cripta che nel 1959, un anno dopo la mia nascita, fu realizzata su disegno del camilliano, Padre Giuseppe Bini. Un impatto notevole tra marmi preziosi, mosaici, grandi vetrate istoriate che circondano il simulacro del santo nella posizione di dolce e serena morte.<br />
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Vi consiglio la visita alla mostra dedicata al santo dove è possibile ammirare vestiti, bende, sfilacci di lino per medicare e tamponare le piaghe che affliggevano Camillo. In più, tra le reliquie, spiccano le ossa del piede e l'ampolla contenente il sangue raggrumato e il frammento del suo cuore. <br />
La visita al santo di chi soffre nel corpo e nello spirito è stata davvero interessante.<br />
Decidiamo di pranzare nella vicina Chieti.<br />
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<b>Info: </b><br />
<i>Si raggiunge Bucchianico con le autostrade A14 e A25 uscita Chieti. Proseguire sulla SS81. Il santuario è aperto dalle 7,30 alle 12,30 e 15,30 - 19.</i><br />
<i>Due i ristoranti in paese che mi dicono cucinino bene: Da Silvio -tel. 0871381175 e Ferrara - 382157.</i><br />
<i>Al Centro di Spiritualità accolgono pellegrini per visite, ritiri, giornate di riposo. Tel.0871 381139.</i><br />
<i>Il convento ha il numero di telefono 0871 381121 </i><br />
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<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-17996879743503575072016-09-18T18:33:00.001+02:002016-09-18T18:33:51.977+02:00La lenticchia con la L maiuscola!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIDI8aDgMcf8oSNtmgWwCImTPU2ery7srRtGK72LacjSEmd-7M_HoY8eNwqqGLrGkCJ92_Yp6Ba7JYADzsKSha4PywMG5Da4RdWZ8f8xIWioiMtylYlnetp6R9niOGJoUIqZ7fV1dcwafb/s1600/PIANA+PICCOLA+MINI.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIDI8aDgMcf8oSNtmgWwCImTPU2ery7srRtGK72LacjSEmd-7M_HoY8eNwqqGLrGkCJ92_Yp6Ba7JYADzsKSha4PywMG5Da4RdWZ8f8xIWioiMtylYlnetp6R9niOGJoUIqZ7fV1dcwafb/s320/PIANA+PICCOLA+MINI.jpg" width="320" /></a></div>
Quelle di Ustica sono le più piccole d’Italia. <br />
Quelle nostre abruzzesi di Santo Stefano di Sessanio sono tra le più ricche di nutrienti. E poi, nel Lazio, c’è la Valle di Onano che ne produce di generose dimensioni. <br />
Ma se parli di lenticchie si finisce a Castelluccio di Norcia. <br />
Perlomeno prima! <br />
Adesso, purtroppo, l’immaginario collettivo associa a questo splendido territorio, solo e unicamente il terremoto.<br />
Arquata del Tronto è lì, unico spartiacque il massiccio dei Sibillini, tra Vettore, Cima Redentore, monte Priore. <br />
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Questo altopiano piantato nel cuore dei Sibillini e dei luoghi tanto amati da San Francesco d’Assisi, questo luogo magico dove nasce la lenticchia con la L maiuscola, è sempre stato martoriato da una lunga serie di sisma. <br />
La spianata in cui da secoli si coltiva il prezioso legume, era in epoca preistorica, un lago di montagna dove si specchiava la cima nervosa del monte Vettore. Gli esperti dicono che fu proprio un terremoto a far tracimare il lago. <br />
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Addirittura in antichi manoscritti si leggerebbe che il clima da quel momento si irrigidì a tutto vantaggio della coltura di lenticchia, dato che il legume cresce meglio e gustoso in contesti quasi proibitivi: estati caldissime e inverni freddissimi! <br />
A Castelluccio ancora oggi si perpetua la tradizione del pellegrinaggio fino alla chiesa di santa Scolastica a Norcia per rivolgere la preghiera di un proficuo maltempo!<br />
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Intervistai anni fa Norma, la figlia di una mitica “CARPIRINA”. Erano le dame che raccoglievano questo regale prodotto: dieci ore al giorno piegate sul terreno. Erano le donne delle lenticchie che facevano il paio con le mondine del riso. <br />
Mi raccontò di un mondo fantastico fatto di lavoro duro, canti e gioia comunque. Nessuna rivendicazione salariale, solo stornelli.<br />
Ingaggiate dai proprietari terreni nella piazza di Castelluccio, le donne venivano pagate per la quantità di terreno lavorato. La sera andavano a dormire nei fienili che i padroni mettevano a disposizione, insieme a un pasto frugale.<br />
Non è storia di oggi con i migranti trattati duramente, tra caporalati e vita grama? <br />
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Oggi quella gioia è scomparsa insieme alle carpirine. <br />
Tristezza, distruzione del terremoto, fanno il paio con raccolti che man mano si sono fatti più onerosi e meno remunerativi e dagli anni ’60 tutto è meccanizzato e tutto più difficile anche per le condizioni climatiche. La lenticchia venduta a peso d’oro è ancora la migliore, piccola, piatta, tonda e dal colore che sfuma tra verde e marrone nocciola, ed è la stessa che arriverà sulle nostre tavole con lo zampone della mezzanotte di Capodanno.<br />
Ma quest’anno mancherà ancor più il sorriso! <br />
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<b><i>Scrivevo tempo fa a proposito di questo luogo tra i più belli d'Italia....</i></b><br />
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<i>“C’è un grande prato verde dove nascono speranze che si chiamano ragazzi. Quello è il grande prato dell’amore”.</i> Cantava cosi Gianni Morandi alla fine dei fantastici anni ’60.<br />
A Castelluccio, luogo per qualcuno sconosciuto, in quell'enorme prato che è Piano Grande, nascono anche fiori di tutti i colori del mondo. <br />
Un’ esplosione di natura che coinvolge anche Piano Piccolo e Pian Perduto, in quell'immensa distesa che si estende sotto la cima severa del monte Vettore. È uno spettacolo mozzafiato che parla di Dio e che si svolge da inizio giugno, per terminare senza replica, intorno alla metà di luglio. Carovane di camper,auto, moto, fanno tappa in questa immensa pianura. Escursionisti da ogni parte d’Italia, arrivano fin qui per marciare tra i fiori e immortalare con uno scatto fotografico, la bellezza di Madre Natura.<br />
Dapprima esce una teoria infinita di fiori gialli che crescono promiscui, fra orzo e lenticchia. Poi, pian piano fanno capolino i papaveri rosso vermiglio. Infine, come in un crescendo rossiniano, arrivano prepotenti e alteri i blu intensi dei fiordalisi che spuntano a inizio luglio. Nel Pian Perduto, proprio sotto delle immense balze verdi, il trapunto è di fiori bianchi, misti a piccoli soffioni che volano via al primo vento d’inizio estate.<br />
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Proprio qui il Signore ha voluto crearsi un luogo dove la natura possa finalmente andare a braccetto con l’uomo.<br />
Mi piace immaginare che San Francesco, di tanto in tanto, venga qui a pregare come pellegrino nella notte dell’anima bisognosa di luce, magari cantando<br />
<i>“Andiamo, andiamo, ventiquattro piedi siamo …”</i> del fortunato musical “Forza venite gente”, sulle scene dal 1981. <br />
Anche noi che santi non siamo, possiamo però mettere un piede avanti all'altro e camminare su questa piana benedetta da Dio, splendida comunque in qualsiasi momento dell’anno. Il clima che si gode da queste parti fa si che i contadini possano raccogliere le famose lenticchie senza necessità di usare pesticidi.<br />
Tutto rigorosamente biologico. Tutto naturale. Anche la famosa norcineria che da queste parti e fino a Norcia, una trentina di chilometri, è un tripudio di sapori, altro non è che il risultato di allevamenti naturali, animali che vivono allo stato brado. <br />
Una sorta di giardino dell’Eden tra erbe profumate e lenticchie saporose.<br />
L’unico centro abitato, Castelluccio, conta un centinaio di anime ed è il cuore pulsante del giovane parco nazionale dei Monti Sibillini, area protetta dal 1993.<br />
Non preoccupatevi della fioritura ormai finita. Da queste parti ogni stagione è tutta da vivere. <br />
A me piace molto, ad esempio, l’atmosfera invernale che può far volare una fervida immaginazione: scompare l’atmosfera mediterranea e arriva la stagione del Grande Nord,tra nebbie, piccole gocce di pioggia che scendono a bagnare un panorama lunare.<br />
Allora, è bello crearsi nella testa una sorta di fiaba dove le fate del Nord Europa decidono di trovare dimora in queste parti, per sistemarsi sulle rive del minuscolo lago di Pilato, alla base delle soprastanti creste di Cima Redentore, lì dove la leggenda inquietante fa sprofondare il personaggio biblico insieme alla biga con i cavalli al galoppo. <br />
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O ancora immaginare esseri minuscoli dalla faccia aggrinzita che vivono nelle vicine gole dell' Infernaccio, o la celeberrima Sibilla cumana, il cui antro si troverebbe proprio nel monte a lei intitolato, dietro il Vettore. <br />
Fiabe, leggende, storie incredibili.<br />
Di vero c’è soltanto l’opera incredibile di Dio che, in qualsiasi momento si superi il valico di Forca Canapine e si apra la vista sulla piana, infiorata o no, ci si rende conto che si avrebbe bisogno di qualche occhio in più, perché due rischiano di essere pochi e di mortificare tanta bellezza. Piccole ondulazioni, macchie di boschi, uno a forma di stivale voluto niente di meno che da Mussolini, rettilinei che ti pare di essere in California, il bello della vita è tutto qui. <br />
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<i><u>Info www.sibillini.net o telefonare al comune di Visso, sede principale del parco.</u></i><br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-94938915519005862016-07-05T21:04:00.000+02:002016-07-05T21:04:00.872+02:00Sulle strade del medioevo: Bominaco e i suoi tesori.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNg-BOVoPSPPr9laOhnrwpJ4bGGfXRUXN6FuCiV7wBgImYF-_oCPJT0trheQYs7TzvNe95R70bWk2z7nZSWc8pvUzvpN619C7292RVHk4NkrHTiE6BEKPenHxaAQL70gnEFvGjBeNMRhGI/s1600/CAPORCIANO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNg-BOVoPSPPr9laOhnrwpJ4bGGfXRUXN6FuCiV7wBgImYF-_oCPJT0trheQYs7TzvNe95R70bWk2z7nZSWc8pvUzvpN619C7292RVHk4NkrHTiE6BEKPenHxaAQL70gnEFvGjBeNMRhGI/s320/CAPORCIANO.jpg" width="320" /></a></div>
L’altopiano di Navelli, in provincia dell'Aquila, rimane un luogo straordinario anche se l’uomo negli ultimi anni sta cercando di deturparlo con un orrido rigurgito di asfalto e cemento tra svincoli di accesso che farebbero pensare a vicine megalopoli anziché deliziosi paesini. <br />
Borghi antichi si elevano sulla piana, dopo il sisma del 2009, semi abbandonati. <br />
Nonostante tutto i grandi spazi e le distese verdi di mandorli resistono. Ancora crescono gli orapi selvaggi, mentre intorno nessuno può togliere l’indimenticabile vista di monti e antichi abitati turriti. <br />
Questa era il “fiume d’erba silente” della transumanza con le chiese tratturali, luoghi di sosta spirituale, i preziosi resti della romana Peltuinum e il romanico immortale di Bominaco. <br />
La terra dello zafferano che un giorno veniva calcata dai misteriosi Guerrieri di Capestrano, quelli dal cappello a larga falda. <br />
Dovrebbe essere un luogo da conservare … dovrebbe. <br />
Dovrebbe essere gridato il principio della intangibilità del patrimonio ambientale e artistico, dovrebbe essere fermato chi aspira a scippare la collettività del suo patrimonio di bellezza pervenuto dall'antichità. <br />
E invece si continua a deturpare tutto con tappeti di bitume.<br />
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Quella volta c’eravamo sorbiti una lunga escursione che dalla piana di Navelli, una manciata di chilometri dal capoluogo aquilano, attraverso viottoli colonizzati dall'erba alta e resti del tratturo Centurelle- Montesecco, per Collepietro, aveva portato i nostri piedi al borgo antico di Caporciano e poi nella piccola frazione di Bominaco. <br />
Collepietro, in particolare, è uno splendido esempio di fortificazione medievale con stradine che convergono verso la piazza centrale dove insiste la bella parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista.<br />
Il piccolo tratturo era una deviazione del grande percorso Regio aquilano, autostrada verde, un tempo solcata da migliaia di bestie e uomini. Toccava le propaggini meridionali del Gran Sasso e aveva, lungo il percorso della piana di Navelli, una serie di piccole chiese, dove i transumanti pregavano Dio per il buon viaggio e si accampavano durante la notte.<br />
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Bominaco è uno dei tanti minuscoli borghi aquilani che vale la pena di ammirare. Anticamente era un luogo molto conosciuto che si caratterizzava per la presenza monastica forte e per essere un luogo strategico anche per il passaggio di chierici, pastori e carbonai. <br />
Era un luogo di scambi commerciali. Oggi è ben lontano dalla vivacità economica e culturale di un tempo. Ma tutto è suggestivo, anche il fascino del silenzio.<br />
Il posto si chiamava Momenaco, o Mommonacum (luogo dei monaci), ed era il punto di ristoro per chi puntava decisamente ad arrivare sulle coste adriatiche. <br />
Questa era anche la terra dei Vestini, prima che giungessero anche qui, inesorabili, le legioni di Cesare. <br />
Le imponenti mura raccontano della resa di un popolo che scomparve subito dopo, decimato da guerre e pestilenze. Oggi le case hanno poco più di ottanta anime. <br />
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Noi eravamo arrivati qui per poter ammirare i due monumenti benedettini di gran rilievo che caratterizzano il posto.<br />
Prima di riempirci gli occhi del ciclo pittorico del meraviglioso oratorio del San Pellegrino e ammirare la chiesa di Santa Maria Assunta, in attesa che qualcuno venisse ad aprirci le porte d’ingresso, ci mettemmo a conversare amenamente sotto un grosso tronco di quercia. Era davvero un maggio caldo. <br />
Mauro, dall'alto della sua immensa esperienza di macina chilometri, guardando i suoi piedi, mi disse: “Bisognerebbe onorarli e ringraziarli ogni istante. Ci portano ovunque e senza di essi non vedremmo niente di questo mondo”. <br />
Ricordai che nelle nostre frequenti escursioni, trovandoci davanti alle limpide acque di un torrente, lui toglieva pedule e calzini e rinfrescava le estremità per lunghi minuti. <br />
Qualche volta si denudava, senza remore, e si tuffava nelle acque fredde, uscendone fuori costipato ma felice come un bambino davanti alla tavoletta di cioccolato.<br />
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Pensai alla famosa “lavanda dei piedi” di biblica memoria, che Gesù volle fare ai suoi impolverati discepoli. Il Vangelo lo narra come atto di umiltà, ma forse dovremmo vederlo come gesto di gloria per gli arti che dovevano portare ovunque il messaggio della Buona Notizia. <br />
Nei tanti incontri che il mio camminare mi ha regalato, ho sempre notato il contrasto tra l’uomo di città, quello preso dalla velocità, dai pensieri sfibrati, dalla pingue motilità intellettuale e l’uomo dei boschi, quello dalla lucida tranquillità, dalle verità nascoste tra le piccole pieghe di una esistenza serena e poco dipendente da inopportune leggi mutevoli del progresso.<br />
Anche per Mauro era così. <br />
La sua vita mentale era piena di saggezza pur essendo un coacervo di pochi strumenti e molta manualità. Un insieme di vita vera, vissuta all'ombra degli alberi tra gli spazi più belli del mondo, lontano mille anni luce dai pensieri impazziti di uomini che cambiano, mutano in un istante, fragili schegge di vita folle e breve. Lo adoravo per questo suo essere distante un’eternità da tutti noi insonni privi di pace. <br />
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Cercavo mentalmente un posto dove non fosse stato a camminare, che so la Francigena, Compostela, il Cammino di San Tommaso. Lui era stato ovunque. Per coste o per montagne, per colli o per fossi, lui era stato ovunque. <br />
Mi correggo: quasi ovunque. <br />
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Fu dentro all'Oratorio, dedicato, chissà perché, all'abate San Pellegrino,contemporaneo di Cristo sconosciuto da queste parti, che scoprii un posto dove non era mai arrivato. <br />
La signora, dal ghigno facile, arrivò trafelata e attaccò per non essere attaccata: “Dovevate telefonare prima. All'ultimo momento non è che posso far miracoli. Ho anch’io una mia vita”. Interruppi le sue litanie ricordando che c’eravamo guardati bene dal lamentarci dell’attesa. A pensarci bene, avevamo aspettato qualcosa come quasi un’ora. <br />
Il tempo, quando Mauro snocciola il suo decalogo di buona vita, diventa davvero un optional, un simpatico orpello di cui ridere.<br />
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All'interno del San Pellegrino, mi sentii tramortire! L’immagine che ci accolse fu quella di San Cristoforo.La custode, evidentemente preparata, svelò che quella figura di santo serviva per invitare i fedeli alla preghiera. Era credenza di tempi antichi che vedere l’immagine preservasse il visitatore, almeno per quel giorno, da una morte improvvisa nelle ore immediatamente successive.<br />
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Sapete com'è? Mai dire mai. Feci anche io una preghiera. <br />
Ero stato altre volte in visita dentro questo gioiello del passato medioevale abruzzese, ma stavolta era, se possibile, da mettere in prima pagina nell'album dei ricordi più belli. Davanti agli occhi c’era un tripudio di colori e figure da vertigine.<br />
C’era la vita del Cristo e anche quella decisamente minore del monaco San Pellegrino, unitamente a un singolare Giudizio Universale sparso qua e là a destra e a sinistra, dove spiccava l’immagine più terribile, quella di San Michele Arcangelo che pesa le anime con la stadera. I dannati torturati dal demonio erano impressionanti, se messi di fronte a un San Pietro quasi gongolante, intento ad aprire a pochi le porte del Paradiso.<br />
Ma forse il gioiello più grande era l’inedito calendario monastico-contadino delle mansioni svolte dai frati nel famoso “ora et labora” di benedettina memoria. <br />
I segni zodiacali venivano evidenziati da figure eleganti di cavalieri su cavalli bardati, improbabili contadini con vesti belle, certamente lontane dalle realtà popolane.<br />
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Una leggenda racconta che l’oratorio fu fatto costruire dal re Carlo nell' VIII secolo, è ricordato in una iscrizione in pietra. E ci si può chiedere: di quale Carlo parliamo, forse il Magno? O forse il Calvo? <br />
E la ricostruzione successiva a un disastroso terremoto, venne affidata all'abate Teodino, un vero esperto, nel medioevo, di ristrutturazioni sacre. I lavori restituirono un oratorio più piccolo come ampiezza e più grande come arte. <br />
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Si, perché parliamo di una minuscola aula con volta a botte tra grifi e draghi in pietra, impreziosita dal più ricco ciclo pittorico medievale dell’intero Abruzzo. <br />
In un comprensorio come quello aquilano dove da oltre sette anni dal terremoto, è impossibile trovare una chiesa senza imbracature e puntelli, dove hanno chiuso nel cuore della città di Aquila, Collemaggio e San Berardino per pericoli di crolli, questo doppio tempio dell’anima è uscito indenne dal disastro.<br />
E sì che l’abbazia del borgo medievale ha tutto simile a Santa Maria ad Cryptas nella vicina Fossa, chiesa che ha avuto seri danni in tutto il perimetro di struttura. <br />
<br />
Ci recammo poi nell’adiacente badia dell’Assunta, immersa tra pini neri e silenzio sacro. Un bell'esempio di romanico basilicale, simbolo dell’austera e laboriosa regola benedettina. Santa Maria ha un passato prestigioso che si perde nella notte dei tempi. Era dipendenza dell’abbazia di Farfa, poi di quella di Valva e, nel X secolo, aveva una notevole importanza.<br />
Ero preso dalla gioia di poter ammirare con attenzione, il bell'ambone, il ciborio e il candelabro pasquale. <span style="text-align: center;">La semplicità della facciata non corrispondeva alla ricchezza dell’interno, tre navate e tre absidi rivestiti da un bel soffitto.</span><br />
Le stesse absidi semicircolari, impreziosiscono all'esterno la facciata posteriore.<br />
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Il magnifico ambone era lì, pareva attendermi sin da quando fu realizzato nel 1180, per mostrarsi in tutta la sua bellezza. Quattro eleganti colonne con capitelli scolpiti in stile corinzio dove si alternano tori alati, aquile e, nell'architrave, scene di animali e vita quotidiana, fino ad arrivare a una scena cruenta: un branco di lupi che sgozza un agnello, chiara allegoria del Bene e del male in lotta eterna.<br />
Pensai che l’abate Giovanni, il committente dell’opera era davvero un tosto. Il tutto era impreziosito dal ciborio e dal pregevole candelabro del XIII secolo a completare l’armoniosa composizione del catino absidale, illuminato dal bianco della pietra e dalla luce delle piccole finestre a feritoia, una delle quali notai, aveva impresso nella epigrafe il tema conduttore della chiesa: “Virgo Celestiale” . <br />
<br />
Non sarebbe stata però una giornata indimenticabile se non avessimo visitato i resti del castello e della torre circolare di avvistamento, chiusa dal XIII secolo, da un recinto di forma trapezoidale. <br />
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Salimmo così verso la piccola montagna davanti, in una scena surreale. Il sentiero evidente, pur agevole, era costellato di piccole pietre aguzze e cespugli spinosi. Per me, affascinato da quella torre dove avrei ammirato un panorama indimenticabile, non c’erano sassi o rovi. Era come se tutto fosse gomma o spugna, qualcosa di delicato su cui passare. I sentieri impervi si addolciscono quando c’è passione. Arrivati in cima fui gratificato da una veduta spettacolare. Dai ruderi del castello, risalente al XIII secolo e della torre di avvistamento del XV, si apriva ai nostri occhi mezzo Abruzzo. Vedevo distintamente Rocca Calascio, la terra delle Baronie, i paesi dello zafferano, il Gran Sasso, fino al mare Adriatico che si intuiva dietro una sorta di cortina fumogena di nuvole grasse.<br />
Era un gran bel vedere da questa opera difensiva che pareva vigilare silenziosa sull'antico complesso abbaziale che un tempo annoverava anche un grande monastero, oggi scomparso, un' antica abbazia del mille, dipendenza della grande Farfa, con mura che si affacciavano meravigliosamente sulla grande piana, tra distese arate, piccoli poderi, paesini fortificati. <br />
La struttura fu rasa al suolo dalle indiavolate truppe di Fortebraccio da Montone, il famoso capitano di ventura nei primi anni del 400 durante la sanguinosa guerra tra Angioini e Aragonesi. <br />
<br />
Capii come funzionava il sistema di allarmi visivi che collegavano le varie torri di avvistamento, quando fui in cima. La strategica posizione del recinto fortificato fu chiara. Permetteva di dominare un’ampia porzione di territorio. Un presidio a guardia di Caporciano, San Pio delle Camere, e Barisciano verso L’Aquila.<br />
<br />
<br />
<b>Appunti di viaggio:</b><br />
<br />
<i>Bominaco si raggiunge seguendo la statale 17 che congiunge L’Aquila a Bussi. Il capoluogo si raggiunge agevolmente con l’autostrada A24 Teramo Roma, mentre Bussi ha il suo casello nell'autostrada A25 Roma Pescara. Poi, se avete buone gambe e orientamento camminate nella piana di Navelli fino al km. 30 per Bominaco. In macchina è veloce l’arrivo. All'altezza di San Pio delle Camere, vedete il bivio che porta a Caporciano. Da lì se ve la fate a piedi sono tre chilometri per la frazione di Bominaco, altrimenti con l’auto sono pochi minuti.</i><br />
<i>L’accesso al complesso abbaziale, cui si entra attraverso un cancello in ferro, è gratuito. Un cartello avverte che le chiavi sono custodite da gente del posto e ci sono i numeri per contattarli. Poi, lasciate un’offerta!</i><br />
<i>Per altre informazioni municipio Caporciano 086293731.</i><br />
<i>Non vi lascio indicazioni per mangiare. Ovunque cucinano ricette con zafferano e verdure tipiche dell’aquilano. Io ho mangiato bene al ristorante del borgo che si chiama “A Bominaco”, non lontano dai monumenti sacri. </i><br />
<br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-44214549505138056842016-06-25T21:17:00.001+02:002016-06-25T21:17:22.563+02:00Poggio Bustone, il luogo della Misericordia incontrata!<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbh65v7hOkQ100mjEZT2f57GLM1b4x04WrpzbD0yxbvS8tFYEOIXEJdNs6lt051jZOVFpU3AkE6Z7oKFcwooZASBkhFGaFrPnhkrOB25U291eQH1qoQCe8Bnygqrh4Dm8p4VAfuBB247Rj/s1600/IL+SANTUARIO+IMMERSO+NEL+VERDE.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbh65v7hOkQ100mjEZT2f57GLM1b4x04WrpzbD0yxbvS8tFYEOIXEJdNs6lt051jZOVFpU3AkE6Z7oKFcwooZASBkhFGaFrPnhkrOB25U291eQH1qoQCe8Bnygqrh4Dm8p4VAfuBB247Rj/s320/IL+SANTUARIO+IMMERSO+NEL+VERDE.JPG" width="320" /></a></div>
Gli occhi di frate Renzo mandano bagliori a ogni sbatter di ciglia. Sanno vagamente di ascetismo. <br />
Riescono a cogliere compiutamente gli spettacoli che la realtà consegna a ognuno di noi in ogni giorno della propria vita. <br />
Oggi però sono occhi smarriti. <br />
Aspettava solo il nostro gruppo francescano di Teramo. <br />
E, invece, si ritrova con un altro bus di fedeli provenienti dalla Toscana che non hanno telefonato il loro arrivo. <br />
È solo, nel santuario di Poggio Bustone. E oggi deve sentirsi proprio sotto assedio.<br />
<br />
Un convento così piccolo fatica a gestire un numero considerevole di visitatori. <br />
Questo, a dispetto delle dimensioni, è uno dei luoghi francescani più importanti e spesso frate Renzo si ritrova da solo a gestire tutto. <br />
La vita non dev'essere facile per l’uomo di Dio. D’estate arrivano rinforzi ma gli aiuti non bastano mai.<br />
<i>“Pregate incessantemente </i>– ci dice- <i>per le vocazioni.</i> <i>Non stancatevi mai di bussare alla porta di Dio”. </i><br />
<br />
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Il buon frate alterna momenti di silenzio sacro a veri torrenti di parole, tratteggiando la natura e la figura di Francesco, come il segno di una matita caduta per caso su di un foglio bianco a riempirlo di colori. <br />
Ci catechizza dai banchi della piccola chiesa e i cuori si aprono alla speranza.<br />
Peccato che, con tutta questa gente, si è perso il senso del silenzio che è possibile godere in altri momenti. D’inverno qui c’è una luce riflessa che gioca sui toni del bianco e del grigio che pare soffocare i colori brillanti della valle, per donare quiete e meditazione. <br />
<br />
Nel cuore dell’ubertosa valle Reatina ci sono quattro santuari, Poggio Bustone, Fonte colombo, Greccio e La Foresta. Sono disposti a forma di croce, ed è veramente la croce di Cristo che segna il cammino di Francesco. <br />
Per noi, seguaci del Poverello di Assisi, è una sorta di Terra Santa e percorrendo questi luoghi del silenzio, siamo ricondotti per la stessa via di Francesco alla realtà delle nostre esistenze fatte di morte, dolore e gioia. Così da poter ripetere con lui: <br />
“Ti adoriamo Signore Gesù Cristo, qui e in tutte le chiese che sono nel mondo intero, perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo”. <br />
<br />
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Il posto, un grandioso panorama sulla valle, meriterebbe la sosta di alcuni giorni. Il convento ha una foresteria attrezzata, in grado di ospitare una ventina di persone assetate di silenzio.<br />
Dal piazzale alto si gode una vista bellissima e si distinguono le acque argentee dei Lago Lungo e Ripa Sottile e, sullo sfondo, la cortina dei monti Sabini. A pochi tornanti, solo una quindicina di chilometri, si può salire alle pendici del Terminillo. <br />
<br />
Poggio Bustone, che molti conoscono per aver dato i natali al famoso cantautore Lucio Battisti, è un castello medievale che si trova a quasi 800 metri di altezza, all'estremo limite settentrionale del reatino. Arranca prodigiosamente con le sue casupole fino alla torre pentagonale del “Cassero”, annunciata dalla porta gotica del “Buon giorno”. <br />
Il nome le viene proprio dalla vicenda di Francesco. <br />
Giunto tra le povere case e varcando la porta a valle nel 1208, il serafico Padre salutò in maniera semplice e toccante la gente del luogo: "Buongiorno buona gente". <br />
Parole concilianti rivolte a gente schiva ma non ostile, abituata ad affrontare la durezza della vita quotidiana: pastori, agricoltori, poveri artigiani.<br />
Il travaglio interiore che gli consumava l’anima, non gli aveva impedito neanche allora, di amare a cuore aperto gli altri.<br />
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<br />
Tutto qui era possedimento dei benedettini di Farfa. <br />
Poi nel 1217 la storia ricorda che il luogo dove oggi c’è il santuario, venne donato a Francesco per la bontà che portò in dote agli abitanti. <br />
Il santo era giunto travagliato e inquieto. Si chiedeva dove andasse e dove conducesse i suoi amici. Faceva anche memoria della prima parte della sua vita trascorsa nel peccato. Lo scriverà nel suo Testamento, pochi giorni prima di morire nel 1226. <br />
Con questo misto di ricerca, travaglio e dolore interiore, rifiutato dalla popolazione di Assisi che lo vedeva come una sorta di pazzo povero per assurda scelta, San Francesco giunse in questo posto arrampicato sulla costa di una montagna di nuda e severa grandezza. <br />
Con lui era un piccolo drappello di fratini. Avevano deciso tutti di lasciare la piccola città di Assisi, adagiata sul fianco del monte Subasio e iniziare un lungo viaggio pieno di incognite e difficoltà. <br />
Attraversando la valle spoletana, i fraticelli salirono a Cascia e a Leonessa. I sette giunsero poi a un piccolo eremo fuori il paese di Poggio Bustone. E lì Francesco comincia a vagare lungo i sentieri aspri del monte alla ricerca di un luogo deserto dove potersi abbandonare al misto di gioia e dolore che lo pervadeva.<br />
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L’assisiate appare così un uomo attuale, un credente inquieto posto di fronte al mistero di un Dio che si rivela nascondendosi. Oppresso dal ricordo di una vita in cui aveva adorato se stesso e basta, accadde allora l'insperato: Francesco, con l'aiuto dello Spirito Santo, si lasciò liberare e s’immerse nel buio, accogliendo la luce. <br />
Il Signore usò misericordia, lo vestì del suo amore, creò in lui un cuore puro.<br />
Cosa sia accaduto non è dato sapere. Di certo, il Francesco che da quel momento si mostrò ai suoi era libero, luminoso e pacificato. <br />
Se potete, salite all'eremo nel bosco: una salutare sgambata di quaranta minuti sulle orme del Poverello, per raggiungere la Grotta della Rivelazione dove Francesco ebbe la visione del Padre Misericordioso che gli assicurava il perdono dei suoi peccati di gioventù. <br />
Poggio Bustone, infatti, è il luogo della Misericordia incontrata e gustata! Il luogo che testimonia il dramma di una tensione interiore di un santo, finalmente sciolta nella letizia e nella sequela di Cristo, nell'amore per i fratelli e tutte le creature. La visita al Sacro Speco può aiutare davvero in questo anno dedicato dalla Chiesa proprio alla Misericordia.<br />
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La piccola chiesa è dedicata a San Giacomo il Maggiore. Si tratta di una costruzione che riflette in tutto la semplicità francescana, in una rara armonia di linee. <br />
Non aspettatevi importanti tesori d’arte al suo interno. Per quelli bisogna ricercare la pomposità benedettina. L’interno, vagamente gotico, è di semplicità francescana.<br />
Dopo vari rimaneggiamenti, nel 2011, a seguito di restauri la chiesa oggi è tornata a un sufficiente splendore. <br />
Il portico è di recente fattura e introduce in un interno dall'atmosfera soffusa e raccolta che riempie l’unica aula della chiesa. <br />
A sinistra si notano affreschi moderni rappresentanti San Francesco e i suoi primi frati con i quali arrivò a Poggio Bustone.<br />
A destra c’è una copia di una tavola del XIV secolo, raffigurante la Madonna con Bimbo e San Giuseppe con angeli in adorazione. Sotto è riprodotto il castello di Poggio Bustone su cui vigilano San Francesco e Sant'Antonio. Si notano anche frammenti di pittura seicentesca. Artistiche vetrate completano l’edificio. Sopra l’altare c’è una croce dipinta e sul presbiterio una statua del Poverello, opera di Piero Casentini. <br />
Uscendo a destra della chiesa ci si inoltra nel Convento che risale a tre epoche diverse. Incontriamo il chiostro, un portico a quadrilatero che unisce i vari ambienti destinati alla vita comunitaria. Qui si ammira un affresco della Madonna con Bimbo del XV secolo di scuola umbro senese. Alzando lo sguardo alle quattordici lunette del XVII secolo che percorrono lo spazio, opera di uno sconosciuto artista del Seicento, riconosciamo scene di vita del santo di Assisi. Scendendo dal chiostro verso il romitorio c'è un antico refettorio con affreschi raffiguranti l'Immacolata, l'Ultima Cena e alcuni santi francescani.<br />
<br />
<i><b>Diario di viaggio:</b></i><br />
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<i>Arrivare nella valle Reatina non è difficile ed è vicino all'Abruzzo. Prendendo l'autostrada L'Aquila- Roma, uscire per la Valle del Salto e indirizzarsi verso Rieti. </i><br />
<i>Consiglio prima di fermarsi su qualcuno dei paesini che si affacciano sul lago del Salto: sono tutti molto pittoreschi e circondati dal verde. Siamo nella zona protetta dei monti della Duchessa, tristemente famosi negli anni di piombo, quando le brigate rosse fecero credere che il corpo dello statista Aldo Moro era stato abbandonato da queste parti. Si mangia pesce di lago divinamente e ovunque.</i><br />
<i>Dirigersi poi verso Rieti, città alla confluenza di tre fiumi: Salto, Velino e Turano. Da non perdere il complesso della Cattedrale con la Cripta e l'Episcopio. Prima di arrivare al centro della città dei cartelli ben visibili portano verso i conventi Santa Maria de La Foresta, dove si trova una comunità di "Mondo X" e San Giacomo di Poggio Bustone.</i><br />
<i><br /></i>
<i>A Poggio Bustone, paese pittoresco si può prendere fresco nei famosi "Giardini di marzo", intitolati a Lucio Battisti.</i><br />
<i>Salite poi al convento di San Giacomo Apostolo. </i><br />
<i>Il telefono per prenotare una visita è: 0746688916. </i><br />
<i>La mail convpbustone@libero.it.</i><br />
<i>Chiedete del Padre guardiano Frà Renzo.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Attenzione: per mangiare consiglio Villa Tizzi in via omonima n.4. Parliamo del ristorante dove spesso si recava il cardinale Ratzinger prima di diventare papa e dove è stato ospitato anche Papa Giovanni Paolo II, nelle sue passeggiate al Terminillo. Prezzo buono e mangiare eccellente. </i><br />
<i>Dite che vi mandano i Francescani di Teramo!</i><br />
<i><br /></i>
<i>Da Nord: Prendere l'autostrada A1 Firenze - Roma, uscire ad Orte, proseguire per Terni, uscire in direzione Terni Ovest, attraversare Terni, continuare sulla SS 79, attraversare Marmore, Rivodutri e proseguire seguendo indicazioni per Poggio Bustone.</i><br />
<i>Da Sud Percorrere l'autostrada del Sole A1 in direzione Roma, seguire la direzione Rieti, Grande Raccordo Anulare, Roma Nord, uscire a Fiano Romano e seguire le indicazioni per la SS 4 Salaria in direzione Rieti, attraversare Borgo Santa Maria, uscire in direzione Rieti Est, prendere la SS 579 in direzione Rieti/Leonessa, attraversare Rieti, prendere la SS 79, attraversare Quattro Strade, Borgo San Pietro, continuare sulla SP2 in direzione Poggio Bustone.</i><br />
<i>Da Rieti Prendere la SS 79, attraversare Quattro Strade, Borgo San Pietro, continuare sulla SP2 in direzione Poggio Bustone.</i>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-15253506160190599942016-06-23T18:28:00.001+02:002016-06-23T18:28:31.957+02:00Salento: De Finibus Terrae!<i>"Lei pensi che in tutta la Puglia sono stati censiti qualcosa come 50 milioni di alberi. Noi siamo la terra dei record, signore mio!".</i><br />
<br />
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Proprio un entusiasta questa guardia forestale. Si chiama Michele. E' dentro una divisa più grande di lui, ha il volto scavato e bruciato dal sole del sud e quando sorride, le gote si alzano fin sotto le palpebre, disegnando un ovale inedito e particolare.<br />
Avevo visto, salendo la torre della vecchia masseria dov'ero ospitato, da poco riportata agli antichi splendori, una sorta di superficie olivata sospesa su terra rossa, quasi un immenso tappeto dalle multi cromie. <br />
Qui, a pochi chilometri da Lecce gli odori e i colori sono splendidi in ogni stagione. Figurarsi in tarda primavera!<br />
Poi, uscendo per fare i classici due passi, incontro questo "guardiano dei campi e difensore del paesaggio". <br />
In Salento, certamente non sanno neanche cosa sia una montagna. A Gallipoli, pensate, ho incontrato una gentile cameriera che, saputo della mia provenienza abruzzese, mi ha chiesto consigli e informazioni. Suo figlio di dieci anni, aveva visto la neve in tv e chiedeva insistentemente di andare a sciare il prossimo inverno sul Gran Sasso. <br />
Ma di natura se ne intendono eccome. <br />
La coccolano e la difendono, anche se abusivismi e delitti contro la macchia mediterranea non mancano purtroppo. <br />
<br />
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Il Salento è davvero il salotto della Puglia. <br />
Mi trovo a pochi chilometri da Lecce, nell'agro dove insisteva un tempo il feudo dell'Abbazia di <i>Santa Maria a Cerrate</i>. Un gioiello scolpito nel XII secolo in pietra leccese, pregevole testimonianza del Romanico pugliese, al centro di una tipica masseria fortificata. Qui un tempo c'era un monastero di fede ortodossa. <br />
Oggi il monumento, che trovate sulla provinciale 100 di Casalabate- Squinzano, è salvaguardato dal F.A.I. Italia. La signorina dal completo rosa confetto fa notare che all'esterno semplice e sobrio, fa da contraltare un interno rimaneggiato ma che si intuisce doveva essere straordinario e interamente affrescato.<br />
<br />
Lecce è davvero la meravigliosa capitale del Barocco.<br />
Ma credetemi, il vero barocco per me sono questi tronchi monumentali, autentiche sculture vegetali vive, che il tempo e l'azione del vento hanno aggrovigliato drammaticamente, inciso profondamente, squarciato come si squarciarono le pietre quando il Salvatore del mondo spirò sulla croce in quel terribile venerdì santo.<br />
Il vento, scrivevo!<br />
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A <b>Otranto</b>, la città degli ottocento martiri della resistenza cristiana contro i turchi, affacciato sui bastioni del castello, intento a fotografare l'alba dell'Adriatico, mi riprometto di immortalare in seguito il tramonto dello Ionio. <br />
Il vento quasi mi trascina a forza lungo il borgo antico da cartolina che, dal 2000, è "Messaggero di Pace" de l'Unesco. <br />
Questo è il luogo in Italia che vede per primo il sole sorgere lungo le vie strette e lastricate. Qui i dardi dell'astro luminoso si poggiano sulla bandiera sventolante delle Cinque Vele, massimo riconoscimento di Legambiente.<br />
Vuoi mettere, anticipare la nascita del giorno e postare una foto su Facebook prima degli altri? Non ha prezzo!<br />
<br />
Ma sul canale d'Otranto la tramontana soffia che pare trasportare ancora echi millenari di battaglie contro popoli invasori.<br />
La voce alle mie spalle mi fa trasalire. <br />
L'uomo magro ha estratto il suo smartphone e scatta la foto della palla infuocata che si erge sopra le imbarcazioni del porto.<br />
Poi racconta che fino a qualche anno fa era a Torino per lavoro e non poteva regalarsi albe del genere. Ora, in pensione, è tornato a vivere nella sua terra e gli occhi brillano per la gioia. <br />
Anche lui però ha un contenzioso col vento! <br />
I pochi capelli si scompigliano disordinatamente e lui esclama ridendo: "Eccu lu Salentu: sole, mare e <br />
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jentu", sole, mare e vento.<br />
<br />
Io aggiungerei... pietra! <br />
Quella pietra con cui questo popolo di artisti ha creato le migliaia di chiese e palazzi di ineguagliabile bellezza. A <b>Lecce</b> c'è una luce che non saprei descrivere in questa primavera che declina velocemente a estate. Una luce che disegna i volumi degli edifici, che birichina si insinua invadente in ogni ghirigoro di sculture appese sopra le facciate delle chiese o nei volti e nelle teste di animali sotto i balconi gentilizi. <br />
Una luce che rende, se possibile, ancora più indimenticabile la pietra creatrice di un barocco da tripudio. <br />
Chiamatela "Firenze del sud", "Atene delle Puglie", "Venezia della bassa Italia". Chiamatela come volete. Lecce è sempre un museo a cielo aperto che ti costringe a camminare a testa in su per non perderti niente dello spettacolo. <br />
Tanto non rischiate di pestare escrementi. La città è pulita e gli animali pare che vadano da soli in toilette. Più seriamente, qui i padroni sono semplicemente educati.<br />
Ma, siamo in Svizzera o nel sud dell'Italia? <br />
<br />
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Piazza Duomo è il cuore pulsante della città. E' piena di turisti nonostante non siamo ancora in alta stagione. Questa è una delle piazze più belle d'Italia. Chiesa con fantastico campanile e palazzi da urlo. Vale da sola il viaggio fin quaggiù. <br />
Bello sedere sulla pietra della colonna romana che mostra in alto la statua di sant'Oronzo. Qui finiva l'importante arteria romana della famosa Via Appia che portava a Brindisi.<br />
<br />
Il tempo vola. <br />
E' ora di avviarsi verso <i>"De Finibus Terrae"</i> di <b>Santa Maria di Leuca.</b><br />
E, siccome, il Salento dell'arte non è solo Lecce, prima una puntata a Galatina. E' un piccolo paese agricolo che contiene un gioiello senza tempo: la chiesa francescana di "Santa Caterina d'Alessandria, autentica catechesi per immagini di Antico e Nuovo Testamento. <br />
Hai voglia a dire che questa è in primo luogo la casa del Signore, dove si celebrano i divini misteri. <br />
Il piccolo frate dalla proverbiale chierica si affanna a dire ai visitatori che non siamo in un un museo da fotografare ma in uno spazio riservato al popolo di Dio. <br />
Mi guarda, vede il mio ciondolo con il Tau di Francesco, capisce che sono un seguace del Poverello e decide che posso scattare foto. Mi racconta che i francescani arrivarono qui nella seconda metà del secolo XIV, denominati come "Osservanti". <br />
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Mi indica uno degli affreschi, un trittico da favola con San Giovanni da Capestrano, San Bonaventura da Bagnoregio, San Giacomo della Marca e ridendo esclama: "il giro del mondo in groppa ai frati"! <br />
Poi mi fa scoprire Genesi, la Creazione vista dall'occhio privilegiato del Cantico delle Creature di Francesco. Ancora i dipinti della Madre di Dio, il presepe secondo il Poverello, il Calvario e le stimmate di Cristo riprodotte sull'Assisiate. E, infine, la grande allegoria, collocata in alto, centrale, in cui si capisce la Vita e la Morte, con le braccia di Gesù protese verso il papa, simbolo terreno.<br />
Il frate mi sorride ed esclama: "ti ricorderai di aver calpestato una terra santa"?<br />
Mentre va via un pensiero corre nella mia testa: questo luogo è come il messer lo frate Sole di Francesco: <i>"radiante cun grande splendore: de te Altissimo porta significazione"</i>. <br />
Davvero questa chiesa è ai piedi del monte Oreb dove Mosè sentì la voce dell'Angelo che lo invitava a togliersi i sandali dai piedi...<i> "perché il luogo sul quale stai è terra santa". </i>(Genesi 3,1-6). <br />
Ora viaggio in un tripudio di calette e fondali blu cobalto, tra torri costiere, dune protette con sentieri nel verde, masserie fortificate, case liberty, ville moresche a ricordo dell'Antico Oriente. <br />
<br />
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Un bagno a Pescoluse, le Maldive del Salento con la sua distesa di sabbia bianca e le dune ricoperte di acacie; la visita ai laghi Alimini, un tempo luoghi malsani, oggi sosta di numerosi uccelli migratori; la preghiera sulla tomba del beato Don Tonino Bello ad Alessano; la scoperta dell'affascinante guglia di Raimondello e la chiesetta di Santo Stefano, nell'antico centro messapico di Soleto, scrigno della Grecia salentina; la visita alla grotta della Zinzulusa, uno dei dieci ambienti carsici sott'acqua più importanti al mondo;.<br />
<br />
Questa è vita, amici miei.<br />
E, infine, ecco, incredibilmente suggestivo, il borgo antico di <b>Gallipoli,</b> la città isola battezzata dai greci "Kalè polis" la bella. Come essere su di un grande balcone che si sporge nello Ionio e regala scorci di rara bellezza.<br />
Do fondo agli ultimi pezzi da cento euro. <br />
Mangio pesce presso il bastione San Giorgio, poi un bagno presso la famosa spiaggia della Purità, infine dormo nel bellissimo palazzo Marchesale Senape De Pace.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXt5INUfdrMzSPMDfjEh9l7syyzcnVrkDOmDeQ1lPGYdL-8aDs_uDZmN0_HTsAKCtRynkvEo_VRPv7iu2hsvq3W3cOSptbgjTtZTgpDUj7CbOilIvswLQaJxveMymbj6_ta1CWmpHQcFFi/s1600/VEDUTA+SERALE+GALLIPOLI+CON+SPIAGGIA+PURIT%25C3%25A0.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXt5INUfdrMzSPMDfjEh9l7syyzcnVrkDOmDeQ1lPGYdL-8aDs_uDZmN0_HTsAKCtRynkvEo_VRPv7iu2hsvq3W3cOSptbgjTtZTgpDUj7CbOilIvswLQaJxveMymbj6_ta1CWmpHQcFFi/s320/VEDUTA+SERALE+GALLIPOLI+CON+SPIAGGIA+PURIT%25C3%25A0.jpg" width="320" /></a></div>
Le cose belle finiscono troppo presto. <br />
<br />
<br />
<br />
<i>Taccuino di viaggio:</i><br />
<i>Per raggiungere il Salento leccese in auto, uscire dal'autostrada A14 a Bari nord e proseguire per Brindisi, fino a immettersi sulla superstrada Brindisi Lecce.</i><br />
<i><br /></i>
<i>L'aeroporto più vicino è quello di Brindisi (Papola Casale) che dista una trentina di </i><br />
<i>chilometri da Lecce.</i><br />
<i>In treno è possibile raggiungere Lecce da Pescara.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Info: Puglia promozione turistica a Bari 0805242361</i><br />
<i>www.agenziapugliapromozione.it</i><br />
<i>IAT a Lecce: 0832314117</i><br />
<i>IAT a Gallipoli: 0833262529</i><br />
<i>IAT Otranto: presso il castello aragonese 0836801436</i><br />
<i><br /></i>
<i>A Gallipoli vivamente consigliato soggiornare nel Bed e Breakfast del Palazzo Senape De Pace, luogo esclusivo a un prezzo piccolo nel centro storico. www.palazzosenapedepace.it telefono: 0833266179 </i><br />
<i><br /></i>
<i>A Galatina la splendida chiesa di Santa Caterina è in piazzetta Orsini tel.0836568411</i><br />
<i>www.salentofrancescano.com. Orari: mattina 08,00 - 12,30 pomeriggio 16,30-18,45</i><br />
<i><br /></i>
<i>Per visitare e mangiare in una delle masserie fortificate orientatevi alla Tenuta Monacelli e Masseria Giampaoli che si raggiunge da Lecce seguendo la segnaletica per Torre Rinalda e abbazia S. Maria a Cerrate, uscita Squinzano Casalabate.</i><br />
<i>Ambiente esclusivo, prezzi medio alti.</i><br />
<br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-22212652441049138402016-05-21T13:25:00.003+02:002016-05-21T13:25:40.573+02:00La Concattedrale dell'antica Corfinium<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiXA1b9bn91mgkJKqkNEFNpWHAVDKtX-mM4evgHyEzRsCInn14LU9hzksD9IzH35caamgEsSgOLpTi1gRCVKUePZPX7OXj_zgiMgZbtbMgGpdk7zYigemIETBsNMuvqaVGThAw85vGZOrl/s1600/CORFINIO+3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiXA1b9bn91mgkJKqkNEFNpWHAVDKtX-mM4evgHyEzRsCInn14LU9hzksD9IzH35caamgEsSgOLpTi1gRCVKUePZPX7OXj_zgiMgZbtbMgGpdk7zYigemIETBsNMuvqaVGThAw85vGZOrl/s320/CORFINIO+3.jpg" width="213" /></a></div>
Vi racconto una bella storia!<br />
È tradizione credere che fin quando sei pasciuti corvi neri vivranno nella famosa Torre di Londra, la monarchia inglese non conoscerà fine. Ci credono così tanto gli inglesi che i responsabili del monumento si adoperano alacremente, da innumerevoli anni, per garantire la presenza dei pennuti. Li curano, li nutrono, li difendono dalle volpi fameliche che di notte si aggirano intorno alla torre. I fortunati animali ricevono ogni giorno, carne selezionata, biscotti inzuppati nel sangue, addirittura patatine al gusto di aceto che pare essere il loro spuntino preferito. Fissano addirittura la punta delle ali per evitare che volino via la notte. Anni fa pare che la volpe riuscì a beffare i guardiani e a divorare uno dei malcapitati corvi. In meno che non si dica l’uccello fu rimpiazzato e i dispositivi di sicurezza potenziati. <br />
<br />
Perché vi ho raccontato questo?<br />
Tutte le volte che mi trovo nella basilica valvense di Corfinio, noto volteggiare un numero imprecisato di corvi neri sopra il campanile di questo monumento che è uno dei più importanti esempi di Romanico abruzzese. Sono una presenza inquietante e strana. <br />
Alcuni di loro si posano sui grandi massi del piazzale che, in realtà, sono monumenti funebri romani del II secolo, costruiti a torre con camera mortuaria. Si trovano proprio vicino la basilica di San Pelino e vengono chiamati "morroni" perché costruiti con la pietra del monte omonimo.<br />
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Mi trovo, l'avete capito, vicino Sulmona, la bella città dei confetti. <br />
I paesi della piana hanno tutti una caratteristica: odorano buono di antico. Mi riferisco a Pacentro, Introdacqua, Pettorano sul Gizio, Corfinio e non solo. <br />
Sono borghi dove il tempo è stato rispettato e i ritmi contadini ancora scandiscono l’alternarsi delle stagioni. <br />
La loro storia secolare trasuda dalle pietre delle chiese e dei palazzi. <br />
Gli abitati vetusti si estendono in mezzo ad ampi e suggestivi scenari montani che fanno da preziosa cornice all'indubbia ricchezza monumentale. <br />
Per secoli questi luoghi hanno vissuto riccamente, grazie ai fiorenti commerci e alle produzioni artigiane di prestigio. <br />
È stata, probabilmente, determinante la posizione geografica all’incrocio fra la via Claudia Valeria e il tratturo Celano- Foggia dei transumanti diretti al Tavoliere delle Puglie. <br />
Qui si dipanava la felice confluenza di sbocchi importanti fra la costa Adriatica da una parte e la Marsica, con il napoletano dall'altra. <br />
Era proprio lungo la piana sulmonese, che passava la nota “Grande Via degli Abruzzi”, arteria di collegamento commerciale tra le importanti città di Firenze e Napoli.<br />
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Lungo paesi antichissimi e sconosciuti, carovane di uomini e animali sviluppavano la civiltà del cammino: Forca Caruso di Pescina, Goriano Siculo, Raiano, Pietransieri e poi nel Molise d'Isernia, San Pietro Avellana, Vastogirardi, Pietrabbondante, San Biase di Campobasso e poi Lucera, fino a Foggia. <br />
<br />
Tra tutti questi centri, Corfinio è uno degli esempi più fulgidi di tanta importanza. <br />
È un borgo appartenuto agli antichi Peligni, compaesani del grande Ovidio che, nato proprio nella vicina Sulmona, assurse agli onori più alti della poesia del suo tempo. <br />
Questo è un paese di pecore, zafferano, vino e forse qualcuno oggi fatica a pensare alla grande importanza che rivestiva al tempo dei Romani. <br />
Eppure parliamo della mitica capitale della “Lega Italica”, nella guerra contro la tirannia di Roma, la “caput mundi”, l’unione dei paesi ribelli che contrastavano l’egemonia crudele del popolo capitolino. <br />
Nel “club degli eversivi” c’erano paesi importanti come Popoli, Tocco da Casauria, e gli altri villaggi sulmontini stesi nella piana custodita dai rilievi del monte Morrone.<br />
<br />
Può aiutare il visitatore attento a capire tale importanza, proprio la possente architettura della basilica valvense dedicata a S. Pelino con l’oratorio di S. Alessandro Papa che si erge partendo dal fianco destro del corpo basilicale e termina con un'inedita torre di difesa. <br />
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La primitiva struttura sorse proprio sulla tomba di Pelino, il vescovo di Brindisi, martire al tempo dell'imperatore Giuliano. Qui a Corfinio esisteva un sepolcreto di grande importanza, dove venivano tumulati i corpi degli eroi italici caduti in battaglia contro Roma. <br />
Fu un certo Cipriote, discepolo di Pelino, a volere fortemente la costruzione dell'impianto, quando la cittadina fu ricostruita in epoca longobarda e alla quale fu dato il nome di Valva. Non finirono lì le peripezie di questo luogo che dovette subire anche le distruzioni dei Saraceni e degli Ungari. <br />
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La cattedrale è quindi composta dall'unione di due corpi distinti: l’oratorio rettangolare allungato con abside al centro, che corrisponde al capo croce di una chiesa incompleta, consacrata nel 1092 e la basilica dedicata a San Pelino e terminata nel terzo decennio del secolo successivo, restaurata nel 1235.<br />
La chiesa maggiore appare imponente con tre navate e alti pilastri quadrangolari. C’è un arco a tutto sesto che immette nel transetto sopraelevato, coperto con volte a botte e a crociera.<br />
Diverse volte i terremoti hanno distrutto parti importanti di questo capolavoro. Ecco il motivo per cui lo spazio interno è dal seicento in stile barocco. <br />
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Nella grande navata ora sto ammirando arredi liturgici, affreschi duecenteschi e uno splendido ambone del XII secolo. Mi ha colpito, nel transetto di sinistra una bella opera in pietra raffigurante la Madonna con Bambino in atto di benedire i visitatori.<br />
E' uno spettacolo il coro ligneo del presbiterio che pare sia stato realizzato da Ferdinando Mosca, artista molto quotato nel settecento. <br />
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La clessidra del tempo sembra essersi fermata da secoli. Percepisco di essere in una delle culle della civiltà cristiana occidentale. <br />
Nell'aria si spandono aromi d’incenso e le note solenni dei canti gregoriani. <br />
Il gorgheggio di una splendida e coinvolgente voce femminile, sembra essere parte dell’aria che si respira. All’improvviso l’inno del Regina Coeli, pietra miliare della devozione mariana, s’interrompe, insieme al suono gioioso della campana per l’Ora Media del mezzodì. <br />
Il silenzio inaspettato viene rotto dal rumore appena percettibile dei passi di una decina di monache che, entrate in chiesa, prendono posto velocemente nei loro stalli per intonare la salmodia. <br />
Nello zaino ho, immancabilmente, il libercolo della liturgia delle Ore e posso partecipare a questo coinvolgente momento di preghiera collettivo. <br />
La grande e breve follia che è la vita, come amava ripetere il premio Nobel Dario Fo, acquista senso. Davvero, penso, la felicità è nella quotidianità delle piccole cose da ricercare nella preghiera, nella pace con noi stessi e gli altri e nell’armonia con la natura. <br />
Adoro i Salmi, sono splendide poesie e chi ne fa esperienza sa che parlano al cuore dell’uomo anche quando si è nella disperazione massima, totale e devastante.<br />
La scuola dei salmi è un dialogo orante, fiducioso e rasserenante tra la miseria dell’uomo e il cuore indulgente di Dio.<br />
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Dopo aver soddisfatto l'anima adesso è ora di soddisfare il corpo. <br />
Nella piazza centrale di Corfinio la Trattoria Il Barbaro è l'ideale: locale informale, cibo genuino, prezzo giusto. Se venite a trovarlo non perdetevi i ravioli alla ricotta e gli arrosticini!<br />
Bella la vita, bello l'Abruzzo! <br />
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Come arrivare: <br />
A24/A25 RM-PE uscita Pratola Peligna-Sulmona/ proseguire in direzione Corfinio da Napoli: A1 NA-RM uscita Caianello/ proseguire lungo la SS 372 direzione Vairano Scalo/ poi SS 85/ SS 158 direzione Colli al Volturno/ seguire indicazioni per Castel di Sangro/ Roccaraso/ Sulmona/ direzione A 25/ Corfinio<br />
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Info: Municipio tel. 0864-728100Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-38084863266327775302016-05-01T17:09:00.000+02:002016-05-01T17:09:40.556+02:00Sul Crinale degli Acquaviva... Un percorso turistico da percorrere in bici ma anche in auto!<i>Dall'Area marina protetta del Cerrano al Parco nazionale Gran Sasso-Monti della Laga,</i><br />
<i>passando per l’Oasi dei calanchi di Atri e la Riserva naturale di Castel Cerreto.</i><br />
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Una distesa di pini d'aleppo, torti e nodosi. Rugosi come la figura canuta di un anziano intento al footing.<br />
Gli uccelli, tra il verde fitto, sparano trilli sensazionali. <br />
È un gran bel vedere, è un gran bel sentire. <br />
Le biciclette sfrecciano sulla pista ciclabile che, dalla vicina frazione di Scerne porta alla torre di Cerrano, piccola appendice di quello che un giorno sarà, si spera, il “Corridoio Verde Adriatico” per due ruote, che arriverà fino a Vasto, nella bellissima area marina di Punta Aderci. <br />
Se non ci fossero più in là i binari della ferrovia, l’albergo stile liberty, le ville e le case intonacate del rosa viola delle buganvillee del quartiere Corfù, potremmo definirla una natura selvaggia. <br />
Se volete un’Irlanda di casa nostra. <br />
Sono a Pineto, sul mare Adriatico del teramano. Guardo le acque color cobalto: sembrano solo un accessorio che dona all'insieme un’attrazione fatale e non mi accorgo che di là si sussegue, inosservato, il mondo.<br />
Sarà per tutto questo che i turisti qui sono “stanziali”, tornano per innumerevoli estati. <br />
Un concorso nazionale promosso dal Fondo Italiano per l’Ambiente dal nome emblematico: “I luoghi del cuore” ha decretato che, fra le zone verdi più votate d’Italia, un posto di rilievo sia occupato da questa meravigliosa pineta.<br />
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Orazio qui ci viene da una vita e mezza. Ancor prima che diventasse una riserva naturale marina presidiata da poliziotti a cavallo e attraversata da un nugolo di due ruote e da podisti sfreccianti. <br />
Si dice felice che tutti finalmente abbiano scoperto questo che per lui è il posto più bello d’Italia. <br />
Non so se è veramente il più bello ma ricco di suggestioni, questo sì. Natura e storia creano un binomio fantastico.<br />
Io e lui abbiamo tanti ricordi magici di frequentazioni, con il Club Alpino Italiano, delle nostre meravigliose montagne.<br />
<i><br /></i>
<i>“L’oasi</i> - racconta- <i>nella sua parte storica fu impiantato nel 1920 dal commendatore Luigi Corrado Filiani su terreni demaniali avuti in concessione nel territorio di Villa Filiani, frazione del comune di Mutignano. Fu allora che Villa Filiani cambiò il suo nome in Pineto, in onore alla celebre poesia di D'Annunzio, La pioggia nella pineta. Che storia, non credi”?</i><br />
Mentre percorriamo a piedi questo sito incantevole Orazio, censisce, scherzosamente, tutte le piante. <br />
<i>“Le ho contate</i> – ride divertito-, <i>sono duemilaquattrocentodieci piante secolari, anche se la famosa nevicata del gennaio di alcuni anni fa ne ha distrutte parecchie”</i>.<br />
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Di colpo torna serio e mi chiede se il parco del Cerrano ha qualcosa da invidiare al parco dei Trabocchi della costa teatina di cui tutti parlano.<br />
Le colline regalano, nel frattempo, scorci incredibili tra campi e mare.<br />
Davanti a noi ora si erge l’imponente torre. <br />
Il sordo brusio del mare, i profumi della resina del bosco, la solitudine, sono sensazioni impagabili. <br />
I pini mostrano, quasi orgogliosi, forme contorte dal vento. <br />
La torre è uno tra i più imponenti fortilizi costieri rimasti in regione. Oggi ospita il Laboratorio di Biologia Marina della Provincia di Teramo. <br />
Il manufatto, risalente al XVI secolo, insiste sul luogo dove, nel medioevo si trovava una delle tante posizioni di avvistamento come le torri di Martinsicuro, Alba Adriatica e Giulianova. <br />
Qui sorgeva il porto Cerrano- Matrinus del periodo romano (I e II secolo d.C.). <br />
Questi giganti sul mare si rivelarono una grande invenzione nel respingere il nemico e avvertire, con spari e altri mezzi rudimentali, le popolazioni dell'interno. <br />
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“Era qui l’antico punto di sosta, dove i pecorai si fermavano per far riposare i greggi lungo il tratturo teramano”. <br />
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L’amico mi parla del sentiero che da Crognaleto, nel cuore dei monti della Laga, i pastori percorrevano nella transumanza, attraversando Montorio al Vomano, Leognano, Basciano, Cermignano, Scorrano, Roseto degli Abruzzi, in quella che è ricordata dagli scrittori rosetani, Arnaldo Giunco e Luigi Braccili, come la “civiltà del dolore e della speranza”. <br />
Che bello ripensare ai pescatori che s’incantavano a vedere il bianco delle pecore e i pastori a veder le barche. Che storia, ripensare agli scambi “culturali”di pesce e formaggio. <br />
Da questi gemellaggi nascevano piatti gustosi come, ad esempio, i maccheroni alla chitarra al sugo di seppie ripiene di pecorino. <br />
Mentre saluto Orazio, sfrego le mani contro la corteccia di un pino altissimo per portare via con me l’odore della resina. Una coppietta ride divertita. Per loro ecologia si sposa solo con effusione.<br />
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Questo è solo l'inizio di un percorso che permette di pedalare o di salire in auto, su di un crinale panoramico e ventilato con vista sul mare.<br />
Il rumore della città con la sua esuberanza diventa subito un ricordo e si finisce in campagna, dove il silenzio pare caderti addosso, con tutto il tempo da dedicare a se stessi. Il traffico è quasi nullo. <br />
È la proposta della settimana per vivere in maniera diversa il nostro territorio. <br />
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I membri del Coordinamento ciclabili teramane hanno battezzato questo percorso il Crinale degli Acquaviva, dal nome della potente famiglia che governò a lungo i borghi di mezzo Abruzzo teramano. <br />
Da Pineto si punta verso Mutignano, un piccolo borgo d'arte a circa sei chilometri. <br />
Il panorama sull'Adriatico e sui casali è fantastico. <br />
Il borgo si caratterizza per i murales sulle facciate delle case aventi per tema scene di vita rurale. <br />
Interessante la lapide con i nomi delle vittime delle bombe inglesi che, dalle colline di Atri sparavano contro i tedeschi posti a valle dell’abitato. <br />
Alcune granate colpirono nove cittadini. Era il 24 marzo 1944. <br />
Si pedala ora in discesa, riprendendo la S.P. 28 che sale nella città ducale. <br />
S’incontra la Via di Fonte Canale con un caratteristico lavatoio e numerosi archi gotici e vasche. <br />
Tutti conoscono Atri e i suoi gioielli, ma pochi sanno che questa città d’arte ha una parte ipogea che nasconde fontane antichissime, grotte scavate ai margini del paese e un ingegnoso sistema idraulico sotterraneo. <br />
Il centro abitato è localizzato su tre piccoli colli denominati Maralto, di Mezzo e Muralto, a un’altezza di 445 metri e poggia quasi esclusivamente su conglomerati di tetto che, causa la loro notevole permeabilità, sono facilmente attraversati dall'acqua. <br />
Tale caratteristica ha indotto le genti che occupavano in epoca preromana il territorio atriano a escogitare stratagemmi che sfruttassero tale prerogativa. Sono stati realizzati nel sottosuolo dei principali colli, cunicoli sotterranei destinati alla captazione e al convogliamento delle acque percolanti sorgive in zone di approvvigionamento che oggi corrispondono alle antiche fontane atriane. <br />
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Tali strutture, probabilmente di derivazione persiana, consistono in ingegnosi sistemi idraulici sotterranei che, sfruttando la natura geologica del terreno e l’inclinazione dei cunicoli, permettono il deflusso delle acque in punti di raccolta, le fontane appunto. <br />
Sistemi simili sono stati rinvenuti in altre aree del bacino mediterraneo, possiamo, infatti, ricordare i “qanat” in Siria e in Giordania, i “karez” in Afganistan e Pakistan, i “foggara” in Nordafrica, i “khittara” in Marocco, le “gàllerias” in Spagna. <br />
Non mancano esempi nella nostra penisola, a Fermo, a Chieti, Palermo e a Matera. <br />
L’enorme e ramificata rete di cunicoli, cisterne, pozzi e fontane, presente sotto il centro storico di Atri, faceva parte di un unico grandioso sistema idrico di epoca preromana. <br />
Uno degli ipogei più belli, presente poco fuori le mura cittadine, è quello delle “Grotte dei Sarracini” e delle “Macinelle”. <br />
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Si entra ora in Atri attraverso l’antica porta San Domenico (secolo XVI). Da notare l’interessante facciata di San Giovanni Battista (secolo XIV). <br />
Una viuzza ad angolo catapulta nella Piazza Duchi d’Acquaviva, con il caratteristico palazzo. <br />
È possibile scoprire il centro Oasi dei calanchi, dove la vista spazia dall'Adriatico alla Majella e al Gran Sasso. <br />
Non tutti sanno che i calanchi possono essere visitati salendo a cavallo e percorrendo una splendida ippovia, tra insoliti scenari.<br />
Contro il cielo, le sagome dei dirupi di creste nude destano meraviglia. <br />
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L’itinerario si snoda tra voli di piccoli rapaci, canne che frusciano al vento e dolci pianori invitanti denudati da secoli di pascolo. Probabilmente una giornata da incorniciare in cui l’uomo si ricongiunge alla natura. <br />
Come uno scenario immutato da secoli, le bolge da inferno dantesco disegnano la genesi dei paesaggi argillosi, avvinghiandosi alla vegetazione a fondo valle e convivendo a fatica con il lavoro e gli interessi dell’uomo. <br />
Ai lati, sovente, si aprono ampi burroni con ripidi versanti spogli che di colpo si colorano grazie a piante di carciofi selvatici, ginestre, biancospini e rose canine. I calanchi, aspri e maestosi, appaiono in tutta la loro potenza, impercorribili e indomabili. <br />
La sensazione di libertà che il cavallo sa dare, ben si concilia con queste colline dolci, rigate da campi di erba medica, che d’improvviso paiono comprimere il senso dello spazio, rivelando paesaggi disegnati dal rasoio brutale dell’uomo. <br />
La Riserva naturale regionale dei calanchi di Atri si è dotata di una straordinaria e naturale arteria di collegamento del territorio, una ciclo ippovia di poco meno di trenta chilometri, che dà la possibilità di vivere in assoluta tranquillità le meraviglie di un territorio dove la potenza trionfante della natura è parte essenziale della grandezza del creato e, dove le impronte digitali di Dio sono disseminate ovunque. <br />
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Per continuare il percorso degli Acquaviva, si pedala verso il borgo incastellato di Cellino Attanasio, tra storia, arte, enogastronomia. Qui l’armonia delle testimonianze artistiche s’immerge nel silenzio della campagna. <br />
Dal belvedere del paese, la vista spazia su un finimondo di colline simili a un mare reso pazzo da improvvisi cambi di vento. <br />
La possente torre con le sue pietre racconta storie antiche. <br />
Il manufatto cilindrico in laterizio, dai merli guelfi non originali, domina il paesaggio. <br />
Alcuni monconi di mura di una seconda torre sono ciò che resta della fantastica cortina muraria innalzata dopo che l’antico feudo degli Acquaviva fu piegato nel quattrocento, cadendo sotto i colpi di un assedio senza precedenti. <br />
Matteo di Capua, al servizio degli Aragonesi, combatté contro il duca di Atri, Giosia Acquaviva che aveva osato sfidare i potenti, rifugiandosi, disperato, nel borgo. <br />
Da poco questo notevole esempio di architettura militare medievale è stato oggetto d’interventi per scongiurare problemi di staticità. <br />
Lungo i meandri dell’abitato diventa impossibile per il visitatore non amare profondamente quella incredibile unione di quotidianità e senso comune del bello. <br />
In fondo al viale d’ingresso, dedicato a Luigi di Savoia, c’è la chiesa madre di Santa Maria la Nova. <br />
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Risalente al trecento, la parrocchiale fu modificata nell'ottocento, a causa del crollo delle volte. <br />
Da scoprire il portale quattrocentesco di Matteo Capro, napoletano innamorato dei nostri luoghi tanto da lasciare altre opere in paesi di montagna. <br />
All'interno del tempio, che in origine era a tre navate e oggi ne conta una in meno, c’è un tesoro diffuso: un cero pasquale datato 1383, con un serpeggiante tralcio di vite tra foglie e pigne, un coro ligneo, un tabernacolo in pietra del tardo quattrocento, un ricco altare barocco. Nel cuore delle case, superata la piazza dedicata al naturalista Rubini, si raggiunge lo slargo di S. Antonio, dove si affaccia la chiesa dedicata al santo di Assisi, Francesco, inglobata singolarmente alla struttura di un altro torrione. <br />
<br />
Chi vuole percorrere solo un tratto di questo meraviglioso itinerario, ogni tanto trova un bivio per il fondovalle del Vomano. <br />
Continuando s'incontra Cermignano, sede di un antico castello. Dal suo belvedere si ammira il bacino del Piomba e una scultura commemorativa ai caduti della Patria, realizzata nel 1922 dal teramano Pasquale Morganti.<br />
Si può scendere a Montegualtieri per una visita alla torre triangolare e al vecchio mulino di Maiorino Francia, lungo il Vomano, risalente al 1868. <br />
Altra meta è Penna Sant'Andrea, il paese del Laccio d’amore. <br />
Volendo proseguire sul crinale, si raggiunge la località Monte Giove dove furono trovati resti archeologici dell’Età del Ferro. <br />
È possibile visitare la Riserva naturale di Castel Cerreto, proseguire per Colledoro e Isola del Gran Sasso o recarsi a Ronzano e la sua abbazia. <br />
Buon viaggio!<br />
<br />
<br />
<br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-18014679620150562532016-04-24T13:31:00.001+02:002016-04-24T13:31:29.590+02:00Nella chiesa a cielo aperto: Santa Maria di Cartignano<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6ylhfubqOGfIavI-7KInro3XtjoadGDG3nbuxsF3sJNNlKfITNbPJaOhe6P-oMY37RX7_MYqshRpBF_Y4y3u67YixhraxM9TI2ai-VnzLNiDDLi-VQeiO5Kv-JjuJZl-n2MUvZdteQAMZ/s1600/BUSSI+SUL+TIRINO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="139" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6ylhfubqOGfIavI-7KInro3XtjoadGDG3nbuxsF3sJNNlKfITNbPJaOhe6P-oMY37RX7_MYqshRpBF_Y4y3u67YixhraxM9TI2ai-VnzLNiDDLi-VQeiO5Kv-JjuJZl-n2MUvZdteQAMZ/s320/BUSSI+SUL+TIRINO.jpg" width="320" /></a></div>
Fa un certo effetto viaggiare sulla statale 153 che da <i>Navelli</i>, il paese dello zafferano, porta fin sotto la valle, attraverso <i>Bussi sul Tirino</i>. <br />
Questa era una delle zone più pulite d'Italia e il fiume, il Tirino appunto, era uno dei corsi d'acqua più limpidi del centro sud. <br />
Era... fin quando ci si è accorti che i soliti delinquenti senza volto avevano, per decenni, fatto bere e irrigare i campi con ogni sorta di prodotto inquinante, residuo della mega discarica dei veleni chimici di Montedison. <br />
Una bomba ecologica, per giunta senza colpevoli. Tutti assolti, qualcuno salvo per prescrizione. La legge e i diritti di tutti, calpestati da gente senza scrupoli. <br />
Niente di nuovo sotto il sole, sentenzierebbe il buon "Qoelet", il famoso autore dell'Ecclesiaste, uno dei sacri libri sapienziali della Bibbia.<br />
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Di colpo si sono dileguati i tanti pescatori che venivano da ogni parte d'Italia, i cavalieri che sognavano di percorrere a cavallo la splendida ansa del fiume, gli amanti del mountain bike selvaggio e il Parco Nazionale Gran Sasso e monti della Laga, che dai tempi della presidenza Mazzitti, non comunica più, ha relegato per un pochino nel dimenticatoio questa zona periferica di confine con la Majella.<br />
<br />
Eppure questa è una parte bellissima d'Abruzzo, ricca di storia e natura. <br />
Il fiume sta rigenerandosi pian piano e sta tornando limpido come un tempo. E il turismo, a fatica, sta riprendendo, magia di un Abruzzo che non muore e si rigenera prodigiosamente.<br />
Molti attraversano questo luogo per giungere a Capestrano o per scoprire l'interessante chiesa di San Pietro ad Oratorium, proprio accanto al fiume, in mezzo al verde, luogo templare e misterioso. <br />
E, mentre i monumenti più affascinanti richiedono conoscenza dei luoghi, informazione e scoperta, capita che sul ciglio della strada t'imbatti nella "chiesa che non c'è"! <br />
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Ed ora il vostro scopritore di gioielli è qui, davanti a l'unico tempio a cielo aperto che si possa trovare dalle nostre parti: <b>Santa Maria di Cartignano</b>.<br />
Certo, occorre metter mano a tutta la fantasia che si possiede per immaginare come finita, una chiesa dalle sole e nude strutture architettoniche, senza tetto e arredo interno. <br />
L'atmosfera, però, è fantastica!<br />
Il rettangolo di sole che si posa tremolante sul muro, agita una sorta di pulviscolo dorato quasi impalpabile e la conseguente zona d’ombra, si addensa intorno, declinando tutte le gradazioni di grigio e bruno.<br />
La chiesa c'è ma non c'è! <br />
Guardo in alto, sulla mia testa non c'è un soffitto ligneo intarsiato, ma il cielo con le sue nuvole che sembrano grossi delfini bianchi. <br />
Mi vengono in mente le belle parole del salmo 19: <br />
<i>“I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento, il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizie”. </i><br />
<br />
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Non c'è altare, non esiste presbiterio, non vedo crocifissi.<br />
Forse è anche questa la Celebrazione Eucaristica che vuole il Signore: lodarlo in semplicità, con gli occhi rivolti in alto.<br />
Sul muro screziato il piccolo scorpione si muove a fatica. E' nerissimo, come pece. La corazza lucente, colpita dal sole, manda minuscoli bagliori sinistri. Le chele roteano minacciose e il pungiglione inarcato sembra sul punto di attaccare. <br />
Mi pare una creatura ripugnante, ma devo ammettere di essere di fronte a una macchina perfetta, una delle tante create con arte da un Dio infallibile.<br />
Perché, mi chiedo, li ha fatti così brutti e sinistri? Cosa costava al Creatore realizzarli un tantino più aggraziati e godibili da vedere? <br />
Viene in soccorso lo Spirito Santo che con me ha molto da lavorare. A volte, penso, occorre attraversare momenti terribili, brutti come gli artigli cattivi di questo orrido animale, cercando di non pungersi, per poter entrare dalla porta stretta nella “valle del bene”. <br />
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C'è una famigliola che ha fermato la macchina sul ciglio della strada, sorpresi dalla <br />
chiesa che non c'è. <br />
Il bimbo, nient’affatto spaventato dal mostriciattolo, con acute grida, viene a stento mantenuto dalla mamma che gli impedisce di toccare il piccolo animale. Il marito è preso dalla frenesia degli scatti fotografici. Una chicca da riportare agli amici e lasciarli sbalorditi. <br />
Anche questo è Abruzzo! <br />
Guardo ancora il bimbo che ride e mi si apre il cuore alla speranza. <br />
Ogni volta che vedo un piccolo incantarsi davanti allo spettacolo della natura mi rendo conto che non è stata scritta l’ultima parola. Fin quando esisterà la meraviglia, la curiosità, l’uomo ce la potrà fare nonostante tutto. <br />
Come entrare in contatto con il bambino che è nascosto in ognuno di noi? Come accedere ai sogni infantili e trasformare la nostra vita in incantesimo? Siamo sempre in guardia, abbiamo paura di essere valutati come dei drammatici superficiali. Il nostro mondo è legato alla catena delle apparenze ed esteriorità. Siamo egoisti, saccenti, rassegnati e scontenti. <br />
Il contrario dei bimbi. <br />
<br />
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Chiudo gli occhi. Mi pare di rivivere l'atmosfera frenetica e concitata di un cantiere medievale, tra scalpellini, operai e decoratori in bilico su ponteggi insicuri. Poi penso di avere davanti dei monaci benedettini, intenti a salmodiare dietro una colonna. <br />
E invece, riapro gli occhi e ho davanti un rudere, così ben incastrato nel paesaggio da farne parte alla grande, molto più delle tante chiese aquilane rese monconi di pietra dal terremoto del 2009.<br />
Qui c'è una storia importante. Santa Maria di Cartignano esisteva come minuscola chiesa già nel 1000. Nei successivi cinquant'anni divenne un monastero, dipendente niente di meno da Montecassino.<br />
Fu anche grancia della chiesa di San Liberatore a Majella e appartenne anche ai Celestini di Sulmona. <br />
La struttura doveva essere proprio questa: tre navate con elegante portale d'ingresso. Difficile trovare altre notizie. <br />
Pare che, dopo il terremoto che sconvolse anche Roma nella prima parte del Duecento, il monastero venne ristrutturato così da essere in piena attività nel Trecento, con tanto di campanile a vela poggiata sulla facciata centrale e un elegante rosone all'ingresso. Diversi storici del luogo hanno scritto della "chiesa che non c'è".<br />
Nessuno ha potuto dare certezze assolute sulla storia di questo bizzarro luogo sacro. Certo è che nel castello cinquecentesco dell'Aquila, si custodisce un grande affresco duecentesco, pre- terremoto, dell'abside di Santa Maria: un Cristo benedicente in trono tra la Vergine e San Giovanni. <br />
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Ora, la magia si è esaurita. <br />
Corro verso San Pietro ad Oratorium, alla scoperta del misterioso quadrato magico murato sulla facciata, con enigmatiche parole scolpite, vero rompicapo degli studiosi. <br />
<br />
<i><b><br /></b></i>
<i><b>Arrivare a Bussi: </b></i><br />
<i><b>Autostrada A 25 uscita dedicata; da Napoli A 1 uscita Caianello, poi indicazioni Roccaraso Sulmona, A25.</b></i><br />
<i><b><br /></b></i>
<i><b>Consiglio una passeggiata nel centro di Bussi, fino a visitare la bella parrocchiale di Santa Maria di Ponte marmoreo e, arrivare al castello del XVI secolo Si scoprirà la torre triangolare, gemella della nostra di Montegualtieri, vicino Castelnuovo Vomano . </b></i><br />
<i><b>Per informazioni: Comune di Bussi: telefono 085980138 </b></i><br />
<i><b>http://www.comune.bussisultirino.pe.it/</b></i><br />
<i><b><br /></b></i>
<i><b>Bello programmare un picnic sul fiume. Andando al Centro visite è possibile percorrere, con accompagnatori, il corso d'acqua in canoa, nelle anse del Tirino. </b></i><br />
<i><b><br /></b></i>
<i><b>Gastronomia di ottimo livello con i piatti tipici a base di sugo di gambero e filetto di trota alla brace.</b></i><br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-63875062011864229532016-04-02T20:43:00.001+02:002016-04-02T22:13:42.890+02:00I cafoni di Ignazio Silone: visita a Pescina<b>In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo!</b><br />
<b>Questo ognuno lo sa.</b><br />
<b>Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra.</b><br />
<b>Poi vengono le guardie del principe.</b><br />
<b>Poi vengono i cani delle guardie del principe.</b><br />
<b>Poi nulla.</b><br />
<b>Poi ancora nulla.</b><br />
<b>Poi ancora nulla.</b><br />
<b>Poi vengono i cafoni.</b><br />
<b>E si può dire che è finito. </b><br />
<i><b>(Fontamara)</b></i><br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhONveB6Ube5cduvO2yyKg-twx2dm1wBgY1-kdYJMKVCwkZwo1kxKK0es0UfUrnnO3cBxK-V0hhzs61CajtlnNe_lW480mIm66EF0E2N9Xrt0KNR8Q8Qg1Z6_rS0El-mK13uPB7jgL23zdm/s1600/MINI+TORRE+DEI+PICCOLOMINI.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhONveB6Ube5cduvO2yyKg-twx2dm1wBgY1-kdYJMKVCwkZwo1kxKK0es0UfUrnnO3cBxK-V0hhzs61CajtlnNe_lW480mIm66EF0E2N9Xrt0KNR8Q8Qg1Z6_rS0El-mK13uPB7jgL23zdm/s320/MINI+TORRE+DEI+PICCOLOMINI.jpg" width="320" /></a></div>
Scruto l’orizzonte mentre il cielo si apre a dismisura e le nuvole assumono forme antiche, spaventose in alcuni casi. Un cumulonembo si muove a tratti, portato dal vento e sembra guardarmi come un animale dalle fauci spalancate.<br />
Goccioline di pioggia scendono di tanto in tanto. <br />
Alcuni corvidi di montagna sono stranamente scesi dalle cime, per poggiarsi sui balconi di un piccolo palazzo antico. Hanno il piumaggio nero e i becchi colorati di arancione e giallo con i quali quasi come escavatori animati tipo Transformer, credo che se affamati, sollevino la terra per beccare larve di ogni specie. <br />
Sul muro screziato del palazzo cadente, il piccolo scorpione si muove a fatica. <br />
È nerissimo, come pece. La corazza lucente, colpita dalla luce, manda minuscoli bagliori sinistri. Le chele roteano minacciose e il pungiglione inarcato sembra sul punto di attaccare. <br />
Mi pare una creatura ripugnante, ma devo ammettere di essere di fronte a una macchina perfetta, una delle tante create con arte da un Dio infallibile.<br />
Perché, mi chiedo, li ha fatti così brutti e sinistri?<br />
Cosa costava al Creatore realizzarli un tantino più aggraziati e godibili da vedere? <br />
<br />
Intanto il mio anziano interlocutore non la smette di parlare. Buca il silenzio, rovina quasi l’atmosfera solenne del centro, dove palazzi nobiliari restaurati si alternano ad altri rimasti cadenti e abbandonati dopo il terremoto.<br />
La voce è stridula, decisamente poco accattivante, però è veramente prodigo di informazioni.<br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5xWcy9nUC76RNvmpI5oaF5MWdxSk6pTJc4-aN2EkAp2i4Ho3tuB67Cna37Eq9IKgBPT4fKj_PD-0jNFHsxNG6Um5ITO9Ol-nPT4AdHFofndXJOwMKle_s_TJ4Xl_pIxbop4UEtdQTo8mS/s1600/MINI+1+CASA+NATIA+SILONE.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5xWcy9nUC76RNvmpI5oaF5MWdxSk6pTJc4-aN2EkAp2i4Ho3tuB67Cna37Eq9IKgBPT4fKj_PD-0jNFHsxNG6Um5ITO9Ol-nPT4AdHFofndXJOwMKle_s_TJ4Xl_pIxbop4UEtdQTo8mS/s320/MINI+1+CASA+NATIA+SILONE.jpg" width="320" /></a></div>
Sono a Pescina sulle orme del grande <b>Ignazio Silone</b>. Ho parcheggiato la macchina non lontano dalla torre dei Piccolomini, famiglia che a lungo fu padrone di queste terre. <br />
Qui si gode un panorama superbo sulle vette del Sirente e del Velino, e sul Fucino, un tempo bonificato. Non lontano si scorgono i resti di antiche mura ciclopiche che denotano la presenza dell’uomo sin dalla preistoria.<br />
Ce n’è anche un’altra di torre panoramica, in frazione Venere a dominare l’abitato. Questi manufatti servivano da avvistamento della valle dove un tempo c’erano le sponde del lago Fucino. <br />
Dopo aver fotografato il Mausoleo di Silone con la sua pittoresca croce in ferro, nella parte morta del paese, tra ruderi ed erbacce, sono arrivato fino in piazza, godendo dell’aria medievale che si respira tra le antiche vie e le numerose chiese che insistono nella zona antica. Nello slargo giganteggia il complesso religioso con la chiesa di Sant'Antonio e l’annesso teatro dedicato a San Francesco. <br />
L’uomo appare felice di poter parlare con qualcuno. Mi imbottisce di notizie sul paese, a volte mette dentro anche qualche nota di gossip su alcuni degli abitanti, salvo poi aggiungere che “io sono un tipo che mi faccio i fatti miei”. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5Gp06yUXnE-nNQ1ZMjst6EaK-aTmBMEpq-Xo7850LffYq7HNj7Y-8ejpllRu1K27DHtEd1jvIg5o49k4bLEEbJI9Q_vdcCq0RQY-yPp2w_9hW5d8SvuunWrC2h7vIM5On-SNKm-GntSK0/s1600/MINI+18TOMBA+SILONE.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5Gp06yUXnE-nNQ1ZMjst6EaK-aTmBMEpq-Xo7850LffYq7HNj7Y-8ejpllRu1K27DHtEd1jvIg5o49k4bLEEbJI9Q_vdcCq0RQY-yPp2w_9hW5d8SvuunWrC2h7vIM5On-SNKm-GntSK0/s320/MINI+18TOMBA+SILONE.jpg" width="212" /></a></div>
Lo lascio dopo aver avuto indicazione per visitare la “Casa Museo di Silone”.<br />
<br />
Pescina oggi è un tranquillo borgo montano dell’aquilano a oltre 700 metri di altezza, all'imbocco della verde vallata del Giovenco, porta d’accesso per due parchi: il Nazionale d’Abruzzo e il Regionale del Velino Sirente. <br />
È un paese pittoresco, in molti punti rimasto come un tempo, sormontato dai resti dell’imponente castello medievale. <br />
Oltre che per aver dato i natali a Silone, questo piccolo centro abruzzese vanta comunque un passato glorioso. Oltre venti secoli fa, uno dei popoli italici più organizzati e anche violenti dell’intero arco appenninico dello Stivale, I famosi Marsi, proprio qui edificarono una gigantesca acropoli e da qui partirono alla conquista del centro Italia.<br />
Fu proprio nel cuore dell’abitato, una targa sul portone del palazzotto gentilizio lo ricorda, che nacque, nei primi anni del ‘600 <b>Giulio Mazzarino</b>, famoso cardinale, rampollo di una facoltosa famiglia siciliana, che ebbe un ruolo preminente nella storia francese, come Primo Ministro nientepopodimeno che del Re Sole, Luigi XIV. <br />
<br />
Adoro Ignazio Silone.<br />
Sono molteplici i motivi di questa mia passione per lo scrittore abruzzese, a cominciare dalla sua vita che somiglia molto a un romanzo di avventura, i suoi libri in cui i paesaggi, i personaggi, le atmosfere della nostra terra sono onnipresenti, l’amore che lui metteva nei rapporti con tutti, qualsiasi ceto sociale si occupasse, rozzo contadino, personaggio di cultura europea, o politico.<br />
Una delle sue opere, “L’Avventura di un povero cristiano”, del 1968 mi ha particolarmente interessato perché racconta, in inedita forma teatrale, la vicenda umana del papa Celestino V, nel secolo frate Angeleri, l’eremita del Morrone che, eletto papa, fece il “gran rifiuto”, causando l’ira di <br />
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Dante Alighieri. Il grande poeta, nella Divina Commedia, lo vitupera per aver lasciato il seggio pontificio all'indegno Bonifacio VIII. <br />
<br />
Sentite l’atto d’amore incondizionato di Silone per questo suo pezzo d’Abruzzo, contenuto nella bella introduzione al suo libro più famoso, Fontamara: <br />
<i>“Tutto quello che mi è avvenuto di scrivere e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia viaggiato e vissuto a lungo all'estero, si riferisce unicamente a quella parte della contrada che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui”. </i><br />
<br />
Il grande scrittore si chiamava, in realtà, Secondino Tranquilli e il nome Silone lo prese per omaggiare un condottiero dei Marsi, tal Quinto Silone e Ignazio per il suo amore verso il religioso spagnolo di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. Nacque nel 1900 da una famiglia povera e probabilmente non sotto una buona stella. A undici anni vide morire il padre, poi il terribile terremoto del 1915, che rase al suolo Avezzano, distrusse la casa di famiglia, uccidendo l’amata madre Marianna. <br />
All'ingresso della casa natale dello scrittore scopro che oltre un museo c’è anche un Centro Studi Silone. La visita all'interno vale da sola i chilometri percorsi per arrivare fin qui. Ovunque ci sono <br />
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foto d’epoca e documenti firmati dallo scrittore. Molte testimonianze storiche, dal terremoto ai trascorsi politici, dall'amicizia con Benedetto Croce, ai contrasti con il Partito Comunista di Togliatti, fino al suo esilio in Svizzera.<br />
<br />
Lo scorso anno è stato inaugurato un bellissimo percorso dedicato all'illustre abitante di Pescina che in circa tre ore di cammino, dal fiume Giovenco, attraverso un mulino abbandonato, porta sino alla sommità del paese, alla tomba di Silone e alle mura della Rocca Vecchia, con splendida vista sulla vallata. <br />
<br />
<b>"La più grande aspirazione dell'Uomo sulla terra deve essere anzitutto di diventare buono, onesto e sincero"! </b><br />
(Dal memoriale del carcere svizzero: Ignazio Silone) <br />
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<b>Arrivare a Pescina: </b><br />
<b>Auto: </b><br />
<b>l’uscita autostradale di Pescina è sull'autostrada A25 Roma Pescara, in posizione baricentrica tra la Capitale e la costa abruzzese, a circa un’ora di auto da entrambi questi centri d’interesse.</b><br />
<b><br /></b>
<b>Treno:</b><br />
<b>Pescina è dotata di una Stazione ferroviaria che ha collegamenti con altre stazioni di centri limitrofe (Cocullo, Sulmona, Avezzano, Celano). </b><br />
<b>La Stazione di Avezzano è raggiungibile in 15 minuti da Pescina ed ha collegamenti diretti con Roma e Pescara ed altre città abruzzesi e laziali.</b><br />
<b><br /></b>
<b>Autobus: le corse regionali ARPA collegano Pescina a tutti i paesi della Marsica, e passando per Avezzano, alle maggiori città d’Abruzzo nonché a Roma. </b><br />
<b><br /></b>
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<b>Attenzione Pescina è porta d’ingresso al Parco Nazionale. Una bella strada panoramica porta fino a Pescasseroli, nel cuore della più vecchia area protetta d’Italia, attraverso Gioia Vecchio e il Passo del Diavolo.</b><br />
<b><br /></b>
<b>Nei dintorni si mangia bene ovunque. Specialità indiscusse sono agnello alla brace, paste fatte a mano. </b><br />
<b><br /></b>
<b>http://www.silone.it/nuovosito/node/4263</b>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-44874749469975059312016-03-22T18:47:00.003+01:002016-03-22T18:47:47.202+01:00Il tesoro nascosto tra i monti: Macchia da Sole e Macchia da Borea<b>(Liberamente tratto dal mio ultimo libro: Kalipè, il mio passo libero)</b><br />
<br />
<i>“Dando che si riceve; Perdonando che si è perdonati; Morendo, che si risuscita a Vita Eterna” </i>(Da Preghiera semplice di San Francesco)<br />
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Da piccolo sognavo di fare l’archeologo. <br />
Mio nonno era proprietario di qualche ettaro di terra, lì dove oggi sorge un elegante centro di accoglienza per anziani a Teramo. Mi divertivo, mentre lui zappava sotto il sole, a immaginarmi novello Indiana Jones che scavava senza posa fino al centro della terra per trovare tracce di secolari civiltà.<br />
Le mie unghia, annerite dalle zolle umide, pensavo potessero bucare la terra senza apparente sforzo, alla ricerca di mille tesori custoditi nel buio delle viscere del mondo.<br />
Mio nonno Salvatore ci metteva del suo raccontandomi che, in un paese fantastico sperduto tra i monti, di nome Macchia da Sole, chiamato così perché l’astro luminoso spesso lo colpisce solo marginalmente, lui da giovane aveva esplorato una grotta, trovando antichi sesterzi romani. Il mio vecchio forse scherzava oppure aveva in effetti scavato chilometri di fango per trovare il nulla, dato che è morto in disarmante povertà. La nonna Maddalena, che non mancava mai di contraddire il coniuge, mi diceva che i tesori si trovano in banca e beato chi ce l’ha. Sicuramente non ne aveva chi continuava a zappar terra e far di bicchieri la sera in osteria. Ma il buon Salvatore ripeteva a me e se stesso che un uomo non si misura dai soldi e i sogni sono la cosa più preziosa della vita.<br />
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Mi parve strano trovarmi a pochi passi da quel paese che da bimbo immaginavo pieno di vita e che era invece quasi deserto nelle sue poche abitazioni.<br />
Parlo di uno di quegli abitati a ridosso di cime sconosciute ai più che raccontano, mirabilmente, un Italia minore tra tetti con soffitti in legno, cibi e piatti di tradizione, minuscole piazze d’incontri e piccole botteghe ormai quasi scomparse di scalpellini, intagliatori e ramai. Questo era il punto di ristoro dove i pastori sostavano nei trasferimenti. Qui un tempo anche le pietre belavano. <br />
Terra di passaggio, l’Italia di mezzo, quella della perduta identità, ma anche quella che può render felici coloro che cercano, nei viaggi, il lato più poetico e romantico. <br />
<br />
A Macchia da Borea, proprio di fronte, lì sul costone dove non batte mai il sole, ebbi la sensazione di entrare nella storia, di respirare l’umidità dei vecchi muri screziati dal tempo, di percepire gli odori delle greggi al pascolo, di cogliere il profumo di pioggia nel bosco. Con la fantasia qui li potresti vedere ancora gli uomini rudi che partono con le bestie, le donne vestite di nero, i vecchi sugli usci delle case a mangiar pane e formaggio con la zappa appoggiata sulla parete a fianco. <br />
A Borea gli abitanti si contavano sulla punta delle dita. Un tempo si era convinti che da questa parte della valle, più fredda e inospitale perché battuta dai venti del nord, vi abitassero i meno fortunati. Secondo una vecchina da me interpellata, per secoli a Macchia da Sole hanno vissuto i cattivi e qui a Borea i più buoni. In realtà per tantissimi anni gli abitanti delle due frazioni si sono guardati in cagnesco. <br />
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Il mio trekking attraverso i monti Gemelli e la Laga nord passava per i ruderi dell’antico castello del re Manfredi. <br />
Alzai tenda proprio in quella che era Piazza d’armi, delimitata da cinque mozziconi di colonne di pietra che, nelle lunghe ombre del tramonto paiono sinistri gendarmi ciondolanti. <br />
Ripensai alla mia giornata esaltante. <br />
Era stato bellissimo guardare, in fondo al cuneo, che si stringe tra i resti della rocca e le gole sottostanti, l “Hadriaticum Mare” già annotato nelle prime carte geografiche, sulla sesta Tabula di Tolomeo e menzionato da Eratostene. Qui passavano le vie del sale, del grano, dell’olio, del vino e Dio solo sa quanti altri commerci preziosi di spezie e seta, ambra e oro. Il nostro mare e le nostre montagne potrebbero raccontare le storie di migliaia di fortunati imperi. Nel Nuovo Testamento ai capitoli 27 e 28 si racconta di una distesa d’acqua molto più estesa dell’attuale Adriatico, che arrivava fino a Creta verso oriente e in Sicilia a occidente, toccando Tunisia e Malta. Lo Ionio era addirittura un golfo e Ancona era uno dei porti principali non meno importante di Alessandria e del Pireo. Anche lì c’era una montagna, il Conero marchigiano, in simbiosi con il mare. <br />
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Nel profondo delle gole del Salinello, tra le boscose viscere di uno degli scenari più insoliti della dorsale appenninica, avevo camminato in mezzo a due vertiginose pareti, alte svariati metri, circondato da una straordinaria natura. Di tanto in tanto, tra gli angusti spazi che sembravano stringere fino a soffocarti, si aprivano spiazzi erbosi tra alberi che lasciavano a terra i loro semi, felci ai bordi del tumultuoso corso d’acqua, biancospini, ginestre e cicoriette di montagna, quelle del sapore vagamente acidulo e triste. <br />
La fantasia mi riportava a figure lontane che rimbalzavano da una parte all'altra del cuneo profondo segnato dal fiume, cavalcando un eco senza fine. <br />
Era come se mi fossi trovato a percorrere un enorme corridoio che si addentrava all'interno di una roccia gigantesca. <br />
Il luogo mi attraeva irrimediabilmente, mi lasciava sensazioni di smarrimento. Erano infinite le storie di maghi, mostri, negromanti e fattucchiere che si raccontavano di questo luogo. Gli eremi che costellano le pareti, le antiche e paurose leggende dettate da anacoreti e santi non lasciano mai indifferenti.<br />
Qui, secondo una delle tante storie nate da tradizioni orali, era passato anche San Francesco, il mio Poverello d’Assisi. Dopo essere stato a far da paciere a Isola del Gran Sasso, per due nobili famiglie in guerra a causa di un matrimonio fallito tra due rampolli del casato, il serafico Padre stava attraversando gli Appennini, e pare che ebbe un incontro disastroso con Satana. Il principe del male lo attendeva nel fitto delle gole, lì dove c’era l’eremo di Santa Maria Scalena, desideroso di farlo precipitare tra gli anfratti di roccia per ucciderlo. Gli aveva portato via troppe anime con quella sua assurda santità! Neanche a dirlo, Francesco riuscì ad avere la meglio sul diavolo, grazie all'aiuto celeste. Della storia rimarrebbe una roccia, con sopra impressa la zampa adunca del satanasso mentre cercava di non precipitare negli inferi, attraverso lo stretto della gola del Salinello. <br />
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Leggende a parte, questo luogo è un contesto di culto della terra e dell’acqua, un percorso sacro che lascia strabiliati. Chi vi si addentra è come se scendesse nel cuore di Madre Terra, sconfiggendo la paura della morte. È il sentirsi piccoli di fronte all'immensità. <br />
Ero entrato nella grotta di S. Angelo, dedicata al culto del santo amato dai Longobardi, San Michele, dove avevo trovato strani segni per terra e qualche ossa di animale sistemate in strane posizioni. Un naturalista, innamorato di questi luoghi sosteneva, tempo fa, che qui si perpetravano riti satanici da molti anni. <br />
L’uomo avrebbe visto ripetutamente, strani movimenti di gente dalla testa rapata. In paese a Ripe di Civitella del Tronto, sia il parroco che i politici avevano sempre minimizzato questa che ormai rappresentava una realtà indubitabile. <br />
<br />
Perso nei miei pensieri, iniziai a salire in doppia corda nell'antro di Santa Maria a Scalena, forse il buco più denso di misticismo. Fremevo pensando che questa cavità naturale aveva offerto nuda ospitalità a molti asceti. La grotta era a picco sulle impressionanti gole del Salinello. <br />
Potete immaginare come sia rimasto nel vedere che qualche idiota era arrivato in questa posizione disagevole, solo per imbrattare i muri con bombolette spray, di svastiche, croci uncinate e bestemmie. Come si fa? Si dovrebbe provare un profondo rispetto per questo luogo. <br />
Vidi la minuscola cisterna per la raccolta dell’acqua, il piccolo altare non era stato profanato per fortuna. Riuscivo quasi a scorgere dalla finestrella naturale nella roccia, il mucchio di rovi che copriva, sulla parete opposta, l’eremo di San Marco. Più avanti, pensai, sarebbe da visitare anche San Francesco alle Scalelle.<br />
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Mi ricordai di una dolce eremita, la fanciulla Santa Colomba, contessa di Pagliara nata nel 1100 e vissuta solo un pugno di anni. Era sorella di Berardo, santo e patrono della mia Teramo. Avevo visitato anche quel suo eremo, abbarbicato sullo sperone di una roccia, verso la vetta del monte Infornace nel Gran Sasso, sopra Isola, con una vista impressionante sulla vallata del Vomano. Anche lì avevo meditato come due ricchi avevano abbandonato, con coraggio, gli agi per abbracciare la dimensione della preghiera e far tacere il rumore del mondo. Berardo, poi, aveva anche trascorso una parte dei suoi giorni nel meraviglioso complesso di Santa Maria in Venere, affacciato sul golfo di Fossacesia, nel chietino, zona costa dei Trabocchi. Non mancava anche allora la leggenda. Tra i fatti miracolosi della santa c’era la famosa impronta della mano impressa su di una roccia lungo il sentiero impervio e quella del suo pettine incisa su di una roccia. <br />
Non ho mai creduto a queste storie amene e neanche pensavo lontanamente che qui nel profondo del Salinello, fosse passato San Francesco per combattere contro il diavolo che da queste parti, secondo la tradizione popolare, vagava spesso alla ricerca di anime. Né tanto meno pensavo fosse vero che si possano trovare carrozze d’oro o tesori abbandonati da chissà quali sovrani e sorvegliati da giganti tenebrosi, ma l’aria che si respirava sembrava intensa di anime. <br />
Intorno a me c’erano pareti di roccia inaccessibile, dove nidificavano le aquile. Mi sentivo parte della natura. Capivo come potesse sentirsi così il mio serafico Padre Francesco.<br />
Questa sensazione era chiara per tutto il sinuoso percorso che dalla fantastica cascata de “lu Caccame” tra curve e rettilinei in un intreccio di felci, minuscoli bonsai naturali, muschi e rovi, mi portò fino alle pietre senza tempo di Castel Manfrino. <br />
Per anni tanti illusi hanno scavato nel miraggio di trovare preziosi ma nessuno ha scovato niente, a parte qualche coccio antico e ossa umane. Qui sono solo i sogni a brillare come oro.<br />
Di resti umani ce n’erano e non tutti, credo, fossero molto antichi. <br />
Secondo alcuni vecchi da me ascoltati, un giorno un tizio si era imbattuto in un cranio con un po’ di pelle ancora attaccata come in macelleria ma in paese non hanno minimamente dato credito a questa storia. L’uomo, secondo alcuni suoi conoscenti non distinguerebbe una testa di uomo da una di volpe! Qualcuno ha favoleggiato, comunque, di omicidi o cos'altro. L’uomo spaventato avrebbe preso la scatola cranica, buttandola nel precipizio delle gole. <br />
La verità, amici miei, è che se non si trova il tesoro, si cerca di trovare un po’ del marcio che è dentro di noi per buttarlo via. <br />
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Eppure la vita è un vero privilegio. Chi può abbattere le altezze delle montagne? Chi può pretendere di fermare il cammino delle stelle. Lasciare che le cose vivano, ecco la fonte della Perfetta Letizia, del mio Francesco! Rispettare le cose piccole, tanto le grandi sanno farsi rispettare da sole!<br />
<br />
<i>“Com'era bello, splendido, glorioso nella sua innocenza, nella semplicità del parlare, nella purezza di cuore, nell'amore di Dio, nella carità verso i fratelli, nella prontezza dell’obbedienza, nella dolcezza dei modi, nell'aspetto angelico”</i>. (Celano Vita Prima di San Francesco, 83) <br />
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<b>Per arrivare nel Distretto "Due Regni" del Parco Nazionale Monti della Laga e Gran Sasso:</b><br />
<b>Autostrada A14 Bo Ta, uscita Val Vibrata, seguire indicazioni per Campli, Campovalano, Macchia da Sole e Leofara.</b><br />
<b><br /></b>
<b>Per chi viene da Roma: A 24 fino a Teramo, poi S.S.81 per Ascoli Piceno. Campovalano e svolta per Macchia da Sole e Leofara.</b><br />
<b><br /></b>
<b>Oltre a visitare gli affascinanti resti del Castello di Manfredi, nei dintorni di Leofara, oltre ai boschi di castagno, vi sono alcuni paesi abbandonati raggiungibili a piedi: è il caso dell'affascinante Laturo, Settecerri (ristrutturato in parte ma non abitato d'inverno), Valle Pezzata, in parte ristrutturato. Vi sono poi i borghi di Vallenquina, Macchia da Sole e Macchia da Borea raggiungibili in automobile. </b><br />
<b>Si mangiano tagliatelle ai porcini nel piccolo albergo di Macchia da Sole.</b>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-64657432529812816392016-02-28T14:13:00.001+01:002016-02-28T14:13:19.994+01:00L’altra Sindone, l’immagine “acheropita” di Manoppello!<i><b>Grazie per la collaborazione fotografica di Pacot Video di Vincenzo Cicconi</b></i><br />
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I capelli della vecchia sono lunghissimi. <br />
Non si capisce quanto, perché li raccoglie stretti in una crocchia. <br />
Rimango affascinato nel pensare a quanto lavoro ci sia dietro una semplice pettinata. Attorno al viso rugoso, quella lunga chioma candida da fata turchina centenaria, è qualcosa che scioglie il cuore.<br />
Anche quando ci si avvicina irrimediabilmente alla fine, non si rinuncia facilmente al proprio modo di essere.<br />
Dalla panchina l'anziana donna getta briciole di pane e un nugolo di piccioni plana vicino le gambe rinsecchite. Forse lo fa per esorcizzare la solitudine.<br />
Ho sempre faticato a pensare ai vecchi come ai bambini di un tempo. Per me, la mia nonnina Maddalena era nata così come la vedevo da piccolo: con il viso incartapecorito e la schiena curva. I bambini sono sempre bambini, i vecchi sempre vecchi.<br />
Eppure, guardando gli avambracci cadenti di questa vecchina seduta sulla panchina di fronte la scalinata del Volto Santo, capisco che il tempo muta tutto. <br />
Solo Dio non muta mai!<br />
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Mi trovo a <b>Manoppello</b>, uno dei tanti bei borghi abruzzesi, ubicato tra la costa pescarese e il massiccio della Majella. Sarebbe un paese sconosciuto se qui non si ospitasse una reliquia incredibile, un velo che mostra l’immagine sofferente del Cristo. <br />
Da previdente quale sono, ho deciso di venire di martedì. <br />
La domenica qui si entra a fatica, per via dei tanti pellegrini che giungono da ogni dove.<br />
<br />
Il mistero del Volto Santo è impenetrabile da secoli! <br />
Una immagine acheropita, non fatta, cioè da mano umana!<br />
Per qualcuno si tratta, addirittura, del fazzoletto della famosa Veronica, la donna colpita dall'immenso dolore di Gesù, che sul Calvario volle asciugare il viso del Messia sofferente.<br />
La bella scalinata, colpita dai raggi del sole, riflette luce sull'inedita facciata della basilica. Sosto davanti la semplice costruzione a disegni geometrici, con alternanza di bianco e di rosso. All'interno, sull'altare maggiore, è custodita la singolare icona di Cristo.<br />
L’emozione, per un credente come me, è tanta. <br />
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Entrando nel santuario, prima di osservare con trepidazione il prezioso telo e lo sguardo profondo del Cristo, i miei occhi incrociano un frate cappuccino intento a pregare in ginocchio nell'ultimo banco di destra della navata principale. Ha le mani intrecciate alla corona del rosario e gli occhi fissi alla teca sopra.<br />
Immobile, quasi in estasi che puoi confonderlo con la statua di San Rocco non molto distante, sulla sua sinistra. <br />
L’umile figlio di San Francesco, forse capendo la mia emozione, volge lo sguardo verso di me, con un espressione che pare leggiadra nonostante la corporatura abbondante. Poi con un parlare schietto che denota semplicità e modestia, mi dice una frase che mi lascia interdetto: “Non avere paura, accostati con fiducia, Cristo ti aspetta!”. <br />
<br />
Mi colpisce la struttura marmorea posta sopra l’altare maggiore. <br />
La cornice del reliquario, donato dagli abitanti nella metà del novecento, non contiene nulla! Ho un attimo di smarrimento. <br />
Che il Velo sia stato portato altrove? <br />
Poi ragiono meglio e capisco che non può essere accaduto questo. Mi avvicino e finalmente riesco a vedere la “Sacra Sindone” abruzzese. Avevo letto di un documento in cui si parla di impercettibili spazi vuoti tra filo e filo, millesimi di millimetri che rendono il pezzo di stoffa semitrasparente e quasi invisibile.<br />
Un tuffo al cuore! Una felicità che sembra correre dentro me come la pallina di un flipper. <br />
Il Velo, custodito qui dal Seicento, è così impalpabile che pare trasparente, colpito dalla luce del sole che entra dal portone laterale aperto e dai finestroni colorati. Ecco perché, a distanza, la teca pareva vuota. <br />
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Sono davanti a una delle reliquie più coinvolgenti della storia del Cristianesimo. Addirittura oggetto di particolari studi che, al computer, hanno evidenziato la perfetta sovrapponibilità con la più famosa Sindone di Torino. <br />
<br />
Migliaia di storici si sono occupati di questo tesoro di devozione. <br />
Secondo alcuni di essi sarebbe la sacra immagine che nella notte dei tempi, il 570 circa, fu traslata dal luogo dove giaceva nascosta a Costantinopoli, nella odierna Turchia. <br />
L’imperatore di allora, Giustino II, intendeva farne oggetto delle preghiere dei soldati che erano impegnati nel conflitto con il forte popolo persiano e avevano bisogno di affidarsi a Dio. <br />
Agli inizi del Settecento, per far si che il prezioso fazzoletto non cadesse nella mani distruttrici degli iconoclasti che aborrivano il culto delle immagini sacre, fu trasportato in gran segreto nelle stanze sicure del Vaticano. Pare che da lì, in determinati momenti dell’anno e in occasione dei Giubilei, la reliquia fosse oggetto di ostensione ai fedeli. <br />
Fu durante il Sacco di Roma, quando la città venne messa a ferro e fuoco, che la Sindone di Veronica scomparve tragicamente. Quando ormai la si dava persa, distrutta o bruciata, ricomparve misteriosamente in Abruzzo. <br />
Mistero nel mistero. <br />
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C’è chi attribuisce il ritrovamento al comandante della guarnigione spagnola, il famoso Ferdinando De Alarcon, il quale per i servigi offerti al Re ebbe un marchesato nelle umili terre di Manoppello. <br />
Altri raccontano una storia che parte dal lontano 1506 quando un enigmatico pellegrino dai modi garbati e la barba grigia, davanti alla chiesa di S. Nicola in Manoppello, consegnò un involto a Giacomantonio Leonelli, abitante del luogo. <br />
Questi, apertolo, vi scoprì la figura del Signore; di quel pellegrino naturalmente si erano già perse le tracce, scomparso agli occhi di tutti. <br />
Infine si parla di un ricco del luogo, Tale Donato De Fabritiis che acquistò questa splendida reliquia da un soldato in miseria bisognoso di soldi. <br />
Il Volto fu donato nel seicento ai cappuccini che stavano costruendo il loro santuario a Manoppello. <br />
<br />
Avvicinatomi al prezioso velo da cui traspare prodigiosamente, sia sul dritto che sul rovescio il Volto Santo, mi colpisce profondamente il viso ovale, leggermente rotondo e asimmetrico del Nazareno. Incrocio più volte lo sguardo con gli occhi del Redentore.<br />
I suoi capelli lunghi, la bocca leggermente aperta come sul punto di ammaestrarti con le parole che usò nel tempio, lo sguardo penetrante e gli occhi in alto verso la casa di Dio, sono i tratti fondamentali di tutta l’iconografia che ha rappresentato Gesù nei secoli. <br />
Spostandomi di lato, la trasparenza così marcata mi permette, addirittura, di vedere oltre il tessuto, anche il portale, in fondo alla navata.<br />
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Questo enigma dura da oltre quattro secoli. Fa impazzire studiosi, tecnici, esperti di iconografia e religiosi il fatto che si denoti, dopo infiniti studi, l'assenza di materiali pittorici negli interstizi dei fili.<br />
Io posso semplicemente testimoniare che tessuto e colore non sono stati danneggiati dal tempo che scorre e che il Volto del Cristo pare modificarsi a seconda della luce che lo colpisce. Rimanendo per ore a guardarlo, si possono scoprire i segni dei colpi subiti nella Passione. Roba forte, insomma, per gente di fede forte!<br />
<br />
La monaca trappista Suor Blandina Schlomer, in un documentario riassunse i suoi studi meticolosi sul prezioso panno con la frase: “è di certo immagine vivente”. <br />
Ricerche scientifiche hanno più volte confermato la sorprendente mancanza di pittura e pigmenti di colore sul velo, da cui traspare da entrambe le parti il Volto con gli stessi tratti somatici della Sacra Sindone, perfetta fusione tra i due volti. <br />
D'altronde l'icona si sovrappone quasi perfettamente con altre famose immagini del Cristo, un mosaico nella basilica romana di Santa Prudenziana, secolo IV, una icona russa del XII secolo, custodita nella città di Mosca, il Cristo delle catacombe dei santi Pietro e Marcellino sempre a Roma.<br />
Sono venuto fin qui per sapere di più anche di questa religiosa tedesca che sperava di trovare anche una benché minima differenza col volto della Sindone così da poter metter in dubbio le sue certezze. <br />
Ma la suora terminava nel documentario con queste parole: “sovrapponendo le due immagini se ne trova una sola, quella del Cristo!”. <br />
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Quanti misteri avvolgono questo luogo. <br />
Vi consiglio di visitare il bellissimo museo, a cui si accede dietro l'altare a fianco della sacrestia per saperne di più. <br />
Dopo la visita del papa emerito Benedetto XVI, la mostra è stata arricchita ulteriormente di pannelli e foto. <br />
<br />
Non mi interessa la diatriba sull'autenticità di questa santa reliquia. <br />
Quello che importa è che, anche solo per un attimo mi sono sentito anch'io pellegrino del nostro tempo, penetrato dallo sguardo profondo e magnetico di un Cristo che ho percepito immensamente vicino. <br />
E’ una esperienza forte di fede che consiglio a tutti voi.<br />
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<b><u>Taccuino di viaggio</u></b><br />
<i>Raggiungete Manoppello dall'autostrada A25 Torano- Pescara, uscita Alanno Scafa.</i><br />
<i>Il santuario è visitabile dalle 6 del mattino alle 12,30 e dalle 15 del pomeriggio alle 18,30, ora legale 19,30. Disponibili sacerdoti per confessioni anche per gruppi di preghiera. Per informazioni 085 859118 - mail info@voltosanto.it. Nel sito www.voltosanto.it si può prenotare per gruppi, messe e preghiere, compilando una scheda elettronica. </i><br />
<i><br /></i>
<i>Non perdete la mostra con i suoi 27 pannelli che spiegano tutto. Da ammirare anche degli ex voti di pregevole fattura.</i><br />
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<i><br /></i>
<i>Nei dintorni di Manoppello sono diversi gli agriturismo e ristoranti dove si mangia bene e si paga il giusto. Cucina di collina con gli ottimi vini delle campagne locali, dove esistono molti piccoli produttori.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Infinite cose da vedere nei dintorni. Siamo a circa 30 chilometri da Pescara. A Manoppello scalo da visitare assolutamente Santa Maria di Arabona, di cui vi parlerò presto.</i><br />
<i>Vicino si visita anche il santuario di San Liberatore a Serramonacesca, fatto costruire da Carlo Magno e di cui abbiamo parlato in un altro articolo (ritrovatelo nel Fatto). Verso Caramanico Terme, da visitare il bel borgo di San Valentino a Citeriore e le famose grotte degli eremi celestiniani. </i><br />
<i><br /></i>
<i>Non è troppo distante anche la bella abbazia di San Clemente a Casauria, gioiello di arte sacra abruzzese.</i><br />
<i><br /></i>
<i><br /></i>
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<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-29517756317809470892016-02-25T19:13:00.000+01:002016-02-25T19:13:19.100+01:00Il Convento che San Giovanni volle fortemente<i>”Tu eri dentro di me e io fuori di me ti cercavo…”</i> (Sant’ Agostino)<br />
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<b>Tratto dal libro "Kalipè, il mio passo libero" </b><br />
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Il sole stava diventando nuovamente un ricordo rosso oltre il bordo della montagna, sfumando nel blu cobalto di una sera da copione cinematografico.<br />
Era un’intensità cromatica che bucava il cuore. <br />
La piana del fiume Tirino sembrava uscita fuori da una storia della Terra di Mezzo. <br />
Passava con disinvoltura dalla commedia al dramma con continui cambi di fondale. L’aria era fresca, refoli di vento invitavano a tirar su il bavero della giacca di pile. <br />
La pioggia continua dei giorni scorsi aveva reso tutto terso e in lontananza un bel campionario di tuoni, portava con se un nucleo di nubi gravide ancora di acqua. Le piccole pozzanghere, rimaste a terra, parevano monete lucide appoggiate al suolo. <br />
Lo zaino risultava terribilmente pesante e quasi mi faceva sprofondare le pedule nel terreno reso morbido dalle precipitazioni. <br />
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Mi venne da pensare, mentre arrancavo sotto il peso, che ogni uomo si trascina dietro le spalle, inconsapevolmente, un sacco bucato. <br />
Il fardello diventa più pesante a mano a mano che il contenuto si disperde lungo il cammino. Poi, un giorno ci si accorge che il sacco è rimasto vuoto e la vita è miseramente passata senza che tu te ne sia accorto. <br />
Finalmente aggirata la collina, in lontananza apparve il convento francescano di San Giovanni a Capestrano. Dalla <b>piana di Navelli </b>la camminata era stata davvero lunga. Pensavo di cavarmela con meno fatica. <br />
Ero a una quarantina di chilometri da Aquila, in un posto reso celebre dalla necropoli dove si rinvenne il “guerriero di Capestrano”, armato, rigidamente eretto e sostenuto da due pilastri con un grande copricapo a forma di scudo sulla testa. <br />
Da visitare c’è l’affascinante <b>Castello medioevale dei Piccolomini</b>, nella parte alta del borgo antico, con tanto di torri quadrate e fossati anti nemici per fare un prodigioso tuffo nel passato. Perché, tutto a Capestrano parla di storia. <br />
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Il borgo sorge a guardia della valle con le case accastellate per difendersi dalle incursioni nemiche. <br />
A pochi chilometri dall’abitato, sul bordo del pescoso Tirino, c’è anche un meraviglioso monastero, <b>San Pietro ad Oratorium</b>, perso in un ameno boschetto sul greto del fiume. Fu fondato dai Benedettini nel 752, realizzato in stile romanico con interno a tre navate, impreziosito da affreschi di stile bizantino. <br />
<br />
Per fortuna anche quella notte, come Dio voleva, l’avrei trascorsa al coperto. Sognavo di poter trascorrere nuovamente delle ore indimenticabili in compagnia del Signore, così come mi era accaduto al convento de La Verna.<br />
<br />
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In breve arrivai davanti al portone del convento. Vidi una scritta su tavola di legno:<br />
<i>“Coloro che sono chiamati alla mensa del Signore, devono brillare di purezza con l’esemplare condotta di una vita moralmente lodevole, e rimuovere ogni sozzura o immondezza di vizi. </i><br />
<i>Vivano per sé e per gli altri in modo dignitoso, come sale della terra. Splendano per un grande spirito di sapienza e con questo illuminino il mondo. Coloro che fanno parte del clero e danno cattivo esempio per i loro pessimi costumi, per i vizi e i peccati, sono degni disprezzo e di essere considerati come fango spregevole. Non sono più utili né a sé, né agli altri."</i><br />
<br />
Scriveva queste righe sante nel trattato “Lo specchio dei chierici” il sacerdote Giovanni, discepolo di San Bernardino da Siena e soprattutto di San Francesco d’Assisi, prima di diventare il grande santo di Capestrano.<br />
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Definire la vita di <i>San Giovanni da Capestrano</i> avventurosa è usare un eufemismo. <br />
Il sacerdote prima d’intraprendere un' instancabile attività apostolica in tutta l’Europa, per rinnovare i costumi dei cristiani e combattere l’eresia, fu insignito dal Re Ladislao di Napoli della carica di primo ministro di Stato. In qualità di luogotenente del governatore di Perugia si interpose per sedare la guerra tra i Perugini e i Malatesta; fu da questi ultimi fatto prigioniero e condotto nella torre del castello di Brufa. <br />
Mentre era incatenato prese la decisione di indossare il saio.<br />
Da sacerdote e predicatore, non si concedeva un momento di tregua portando il vangelo in tutta l'Europa. Nel 1417 andò alla scuola di San Bernardino da Siena. Nel 1427 il papa Martino V gli affidò il mandato di porre fine alla setta eretica dei fraticelli e più tardi Eugenio IV lo mandò inquisitore contro gli ebrei e i saraceni dimoranti in Italia. Perfino Federico III di Germania chiese l'intervento del Santo per pacificare le sue terre.<br />
Era il 1456 quando Callisto III gli affidò la crociata contro i Turchi nello stretto del Bosforo. Giovanni partecipò alla difesa della fortezza di Belgrado comandando l'ala sinistra dello schieramento. Il 23 ottobre dello stesso anno si ammalo di peste e morì in Ungheria. <br />
<br />
Il convento di San Giovanni, nel bellissimo paese aquilano di <b>Capestrano</b>, è un posto splendido dove poter vivere momenti di riflessione e preghiera comunitaria, dato l’enorme spazio a disposizione. E’ sorprendente osservare la folla dei devoti recarsi in visita ai santuari, divenuti centri di spiritualità e segno del bisogno umano di recuperare il contatto personale con l’Essere Supremo.<br />
Sono molti i luoghi d’Abruzzo dove ogni piccola voce, dal canto di un usignolo al fruscio del vento, leggera sale al cielo come offerta al Creatore del palpito del cuore di ogni creatura. <br />
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Questo è uno di quei posti. <br />
Sorto nel XV° secolo, conserva alcuni dei suoi scritti datati 1400. Fu uno dei quattordici conventi che, prima di morire, San Giovanni fece erigere. Come sito, per la costruzione, nel 1447 fu scelta la località dov'era il vecchio castello costruito dal re Desiderio. <br />
La donazione del terreno fu opera della contessa Corbella, pia donna, moglie dell’allora Signore di Celano e Gagliano Aterno, il Conte Leonello De Acclozamora. <br />
<br />
La storia della nascita del convento è velata di mistero. <br />
Quella sera me la raccontò un novizio davanti a un bel piatto di pasta al pomodoro. Sembra che Giovanni ebbe una visione: uno stormo di colombi lo assalì durante uno dei suoi viaggi evangelizzatori. Cercava di allontanare gli uccelli che, incuranti del mulinare delle braccia, gli impedivano il cammino. <br />
Di colpo, una voce gli ordinò di distruggere la “colombaia” e costruirci un luogo santo. <br />
“La colombaia” altro non era che il ritrovo di questi volatili che si erano accasati sul posto dove Desiderio, re dei Longobardi, aveva costruito il suo fortino. <br />
Così avvenne e il convento venne edificato.<br />
Nel corso dei secoli questa struttura ha subito varie trasformazioni, oggi si presenta in stile barocco. <br />
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Gli occhi rimasero sorpresi nel chiostro che conservava in gran parte l’originale fattura. Rimasi rapito a pensare quanta santità si fosse avvicendata in quel posto. Il manufatto seicentesco si presentò con un meraviglioso porticato e le sue otto belle lunette affrescate raffiguranti episodi della vita di San Giovanni, e al centro una cisterna imponente del 1774. <br />
Nella chiesa, ad unica navata, vidi un bellissimo altare dedicato al Santo con la statua realizzata dai ceramisti di Bussi nel 1700. <br />
Il tempio, dedicato a <b>San Francesco d’Assisi</b>, aveva subito l’ultima trasformazione nel 1924, quando Padre Colombo Cordeschi volle restaurare anche l’imponente scalinata dell’interno del convento risalente al 1750. <br />
La “Regia Biblioteca”, scrigno degli antichi codici e custode della Bibbia su cui usava pregare e studiare il Santo, non viene aperta mai a nessuno, purtroppo. <br />
Quella sera io divenni uno dei pochi che ha avuto la fortuna di poter ammirare i codici miniati e le lettere del santo gelosamente custodite. <br />
Nel 1984 Giovanni Paolo II nominò San Giovanni, Patrono dei cappellani militari di tutto il mondo e da secoli, il settecentesco busto argenteo del santo viene portato in processione per le vie del paese il 23 ottobre, giorno che ricorda la sua morte.<br />
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Amo soggiornare nei monasteri. <br />
Sono la custodia del tempo fuori dal tempo!<br />
La vita monastica, scriveva Grun, monaco autore di testi sacri, è la scheggia del tempo che si è fermato. Chi vive nei monasteri vive nell’eternità, a contatto privilegiato con Dio, immerso nel silenzio che apre la porta alla ricerca del Divino. Chi sosta temporaneamente, riesce a vivere attimi di pace e a viaggiare interiormente nella quiete.<br />
Quando varchi il portone d’ingresso lasci fuori le ansie. Mi è accaduto anche visitando numerosi monasteri, dal benedettino Sacro Speco di Subiaco, alla poderosa Casamari nel profondo Lazio, dalla certosina Trisulti, sotto i monti Ernici, ai conventi francescani della Valle Reatina. Spesso le foreste completano il cuore spirituale del luogo sacro. Nei monasteri si riesce a equilibrare gli opposti: il rapporto con Dio e quello con gli uomini, l’eremitaggio e la vita comune, la parola e il silenzio, la fede e la laicità, le donne e gli uomini. <br />
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Non bisogna mai alzarsi dal letto al mattino senza ringraziare per il nuovo giorno. Qualcuno ce l’ha donato, questo è certo! <br />
Mi hanno insegnato che occorre avere sempre gli occhi ben spalancati sul mondo come carta assorbente e che nella vita c’è bisogno di ridere con grasse risate, piene, pulite e senza pentimenti. <br />
Ringraziare, parola d’ordine, chi ci dà la vita! E si ringrazia anche stando contenti.<br />
Né dovremmo cercare, sollevandoci dal riposo, di fingere ciò che non siamo. <br />
Per far questo dobbiamo essere in pace con noi stessi e con gli altri. Per esserlo dobbiamo realizzare che la felicità degli esseri che ci circondano è diversa per ognuno di essi. <br />
<br />
Questo è il credo del mio caro amico Mauro. <br />
Occhiali poggiati sul naso, eternamente col sigaro spento in bocca, è un ateo convinto eppure è molto più cristiano di tanti altri. Lui è alla sequela di Gesù senza saperlo! <br />
Non l’ho visto mai una volta triste. Eternamente sorridente, amabile come pochi. Parla il necessario, ma quando lo fa, riesce a dire più di quanto facciano altri in un’intera settimana. Tipo incredibilmente calmo, serafico, roba da invidia per ipertesi come chi vi scrive. La sua figura riempie tutto lo spazio e non soltanto per le sue dimensioni generose, ma per la tranquillità che diffonde. <br />
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Dopo la morte per lui non c’è nient’altro che la morte, però è in pace con se stesso molto più di tanti cristiani che, per mezzo della bocca predicano la gratificazione del Signore nell'aldilà ma nell'aldiquà tremano a lasciare questo mondo. <br />
Un uomo in pace con l’Universo, il buon Mauro. Fotografo finissimo, ama scattare istantanee ai paesaggi. Questo ce l’abbiamo in comune come uguale è, in vacanza, abbandonare presto la polvere dei musei e delle bancarelle di souvenir per imboccare sentieri nei boschi. Non è un gran camminatore ma per scovare posti idilliaci, si sacrifica volentieri. <br />
<br />
Lo stavo pensando intensamente ora che dalla collina sopra il convento di Capestrano mi godevo il cielo rosa di quella bella alba dorata. <br />
La sua maestria nelle foto avrebbe sicuramente immortalato degnamente quel momento magico!<br />
Mi venne da pregare:<br />
“O Santo Francesco tu che tanto hai amato la creazione e il suo Creatore, aiutami a proteggere la natura, ad amarla e a sentirla casa comune con tutti i fratelli soprattutto con coloro che soffrono”.<br />
<i><br /></i>
<i>“Ho fatto la mia parte, possa Cristo insegnarvi a fare la vostra”.</i><br />
(San Francesco ai confratelli prima di essere condotto in cielo da sorella Morte)<br />
<br />
<br />
<br />
<b>ARRIVARE:</b><br />
<b><br /></b>
<b>Da Nord e da Sud</b><br />
<b>Prendere l'autostrada A14 (da nord: in direzione di Ancona; da sud: in direzione Pescara), seguire la direzione Roma, continuare sull'autostrada A 25, uscire a Bussi/Popoli, seguire le indicazioni per L'Aquila, continuare sulla SS 5, prendere la SS 153 fino a Capestrano.</b><br />
<b>Da L'Aquila</b><br />
<b>Percorrere la SS 17 direzione Pescara, proseguire sulla SS 153 in direzione Capestrano.</b><br />
<b><br /></b>
<b>DA VEDERE: </b><br />
<b>Siamo ai confini del parco Nazionale del Gran Sasso, comunità montana Campo Imperatore- Piana Navelli! </b><br />
<b><br /></b>
<b>Oltre all'affascinante Castello dei Piccolomini d'Aragona e al Convento, consiglio la chiesa romanica di San Pietro ad Oratorium, otto chilometri dal paese, in prossimità del fiume, con zona picnic. In centro da vedere la chiesa di Santa Maria della Pace e i palazzi Cataldi, Capponi, Trecca.</b><br />
<b>Luogo ricco di aree archeologiche, ricordate che il famoso "Guerriero" rinvenuto nella necropoli e raffigurante una potente classe di pastori armati nell'età del Ferro,, non è presente a Capestrano che in una pessima copia. L'originale si trova al museo archeologico di Chieti. </b><br />
<b><br /></b>
<b>Per mangiare poi, ovunque si trovano chitarrine deliziose al sugo di gamberi del fiume Tirino e dolci con ottime mandorle locali. </b><br />
<b><br /></b>
<b>Vicino si trovano diverse interessanti località: </b><br />
<b>Navelli a circa 10 chilometri con i prati dello zafferano, Castel del Monte, luogo di villeggiatura a 12 chilometri, Calascio con la rocca quattrocentesca. .</b><br />
<b><br /></b>
<b>.</b>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-77188187467462237252016-02-09T22:05:00.003+01:002016-02-09T22:05:36.158+01:00Il borgo dell'Angelo che guarda Pescara!!Viaggio in un territorio che un tempo era teramano!<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLG7Je9A9pn_SlI6ujG-8T5B8oBc-QIb2ZeLbFlw6Hcap6DNyieKZqEobOhm0BlNBsJry6-FJEWYGVkzCw6N2zPRwd8JWVEf3TgAgyEaXRS55dhNtS173hl_My37rIewx2FZDFvyWynAf3/s1600/MINI+alba+citt%25C3%25A0+sant%2527angelo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLG7Je9A9pn_SlI6ujG-8T5B8oBc-QIb2ZeLbFlw6Hcap6DNyieKZqEobOhm0BlNBsJry6-FJEWYGVkzCw6N2zPRwd8JWVEf3TgAgyEaXRS55dhNtS173hl_My37rIewx2FZDFvyWynAf3/s320/MINI+alba+citt%25C3%25A0+sant%2527angelo.jpg" width="320" /></a></div>
Il crocifisso pare guardarmi. <br />
C’è San Francesco che lo abbraccia con passione mentre il Cristo reclina la testa, vinto dai patimenti. L’assisiate, nei primi mesi del 1224, inviò una frase al giovane Antonio, futuro santo di Padova: <br />
“mi piace che tu insegni la sacra teologia ai frati purchè questa occupazione non estingua lo spirito dell’orazione e della devozione”.<br />
Francesco voleva che i suoi frati imparassero più dal libro della croce che dal libro della Parola. <br />
Mi piace immaginare il buon Don Camillo del Guareschi, oggi vecchio, emaciato, dalla tonica ormai lisa, uscir fuori dal bianco e nero dello schermo di Sky Classic per entrare nella realtà di questo momento. <br />
Pensate che bello, poter sentire, insieme a lui, il crocifisso parlare di umiltà, disinteresse, beatitudine. <br />
Ho sempre creduto che possa essere un privilegio fermarsi un attimo del giorno, in mezzo al lavoro, ai problemi familiari, alle preoccupazioni, per poter guardare un crocifisso.<br />
Ci ho coniato anche uno slogan: “Guardatelo e lasciate che vi guardi”. <br />
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Un discorso difficile da affrontare con chi non crede.<br />
La chiesa è dedicata al grande santo di Assisi ed è l’unica aperta qui a Città Sant'Angelo, uno dei borghi più belli d'Italia. Qui insisteva nel lontano 1571, la sede della Confraternita del S. S. Rosario e il Monte dei morti.<br />
Le altre sono tutte sbarrate per restauri che da anni faticano a partire. <br />
<br />
Ed ecco che si materializza nella navata, la figura del parroco. <br />
Incredibile! Si chiama proprio Don Camillo. <br />
Gentile, affabile, si presta volentieri ad accompagnarmi e farmi entrare in due delle chiese chiuse: S. Agostino e San Bernardo.<br />
Mentre risaliamo il corso principale mi spiega la difficoltà di reperire tanti soldi e soprattutto, dopo i restauri, trovare contributi per pagare qualcuno che sorvegli i tesori contenuti al loro interno. <br />
Solito problema che impedisce ai turisti di godere sempre delle opere d'arte di cui sono piene le chiese d'Italia. <br />
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Chiedo a Don Camillo se c'è un "Peppone" in paese. Ride divertito, poi esclama serio: "Compito del parroco di borgo è cercare buoni rapporti con tutti". <br />
Le due chiese meritavano certo più tempo, con cavalletto e studio di luci, ma tant'è! <br />
Ringrazio il sacerdote per la sua disponibilità e lo saluto.<br />
<br />
Questo luogo collinare a 325 metri di altezza, riserva molte sorprese.<br />
L’antico centro storico di Città Sant'Angelo, ha un fascino tutto particolare, nonostante la mole della bellissima Collegiata di San Michele Arcangelo sia imbracata da tubi e lamiere. <br />
La ristrutturazione, mi dice uno degli operai della ditta che lavora al monumento, mentre mastica un morso di panino con porchetta, durerà mesi, se non anni. <br />
Quando morde avidamente, i suoi occhi diventano strabici. Le sue mani sono grosse come badili.<br />
Sono veramente deluso. <br />
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Secondo don Camillo se torno a Pasqua la trovo aperta.<br />
<br />
Speravo di poter entrare in questo gioiello per fotografare il fantastico coro ligneo intagliato del XVII secolo e l’imponente statua di San Michele Arcangelo del XIV secolo. <br />
La grande chiesa all'interno ha due navate di epoca barocca. Nella destra risiede un sarcofago del ‘400, opera in pietra di uno dei vescovi più importanti che il borgo ha avuto, un religioso dal nome amichevole: Amico Bonamicizia.<br />
Non riesco neanche a fotografare l’ampio porticato esterno diviso in due atri. Cerco di corrompere le maestranze per poter accedere qualche secondo, il tempo dello scatto. Neanche per sogno. <br />
Sono ligi, tanto che tutti indossano casco di protezione imbracature e scarponi da lavoro. Qui “Striscia la Notizia” topperebbe alla grande! <br />
Riesco solo a fotografare un pezzo del portale con sopra la statuina in terracotta del santo guerriero, opera ristrutturata una seconda volta dopo quella del 1936. <br />
<br />
Lungo il corso si dipanano piccoli e graziosi negozietti, mentre ai lati si aprono strette viuzze con eleganti sporti centenari. Sono le famose “rue” delle vetuste mura della cinta medievale. <br />
Qui e là si scorgono le diverse porte d’ingresso che un tempo servivano per accedere al vecchio centro, dove insisteva una sorta di castello. <br />
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Preziosi palazzi baronali fanno da cornice al gradevole insieme, quello della famiglia Ursini, dei Castagna, Coppa Zuccari, Sozj, Colamico. Parlo di un vasto patrimonio di gran valore storico, architettonico e culturale, gioielli da conservare e conoscere. <br />
<br />
Peccato, questo lo devo dire a chiare parole, che alcuni di questi gioielli sono un tantino in abbandono, soprattutto nella parte superiore del borgo. <br />
Il vecchio Angelo, (il nome dice glielo hanno dato per il tanto amore verso il paese), a cui interrompo la passeggiata mattutina, mi racconta che questo accade per una manovra politica. Si sarebbero privilegiati insediamenti e lottizzazioni nel sotto valle e diversi abitanti, anziché ristrutturare avrebbero preferito acquistare nuovi anonimi appartamenti. Alcuni sono certo dei brutti caseggiati ma molto vicini ai grandi centri commerciali di Montesilvano e a pochi minuti dall'uscita autostradale Pescara Nord. <br />
Pare che anni fa si stesse per avviare una sorta di lotto unico di riqualificazione, i cittadini sono <br />
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ancora in attesa. Il fascino però non si è perso, anzi e questo, nonostante l’occhio critico. <br />
<br />
Città Sant'Angelo merita una visita accurata.<br />
Come rimanere insensibili alla preziosità del monastero collegato alla chiesa di San Francesco. Il Comune ebbe vista lunga, tanto che dall'inizio del ‘900, ci si insediò con i suoi uffici. <br />
L'ingresso dalla piazza IV novembre, introduce in un chiostro delizioso, ben tenuto, testimonianza tra le tante della storia millenaria scolpita nel cuore del paese. Il piccolo slargo ospita un elegante Teatro Comunale. <br />
Sul muro esterno una iscrizione su pietra ricorda la Medaglia d’Argento al Merito Civile, che il presidente Napolitano conferì alla cittadinanza per l’eroismo dimostrato durante il conflitto mondiale. <br />
In quegli anni difficili della Seconda Guerra Mondiale, fu creato un campo di concentramento e la popolazione si distinse per l'accoglienza sensibile verso i confinati e gli sfollati.<br />
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La romantica passeggiata si dipana dal mare alla montagna.<br />
Si comincia dalla parte bassa del corso, dove si apre un balcone sul mare pescarese, per arrivare nella parte alta, zona Rione Casale, dove si mostrano in tutta la loro bellezza le montagne del Gran Sasso e quelle della vicina Majella. <br />
Entro nella biblioteca comunale per reperire spunti di visita e l’occhialuto custode dall'aria molto culturale, mi dona dépliant che raccontano la storia e le origini dell’antico centro “angolano” in antico “Angulum”. <br />
Era così denominato da Plinio Il Vecchio nella sua descrizione delle terre vestine che si trova nel libro “Naturalis Historia”. Proprio qui, nella “Civitate Sancti Angeli”, insisteva un abitato vestino-romano di grosse proporzioni che secoli dopo, divenne un poderoso Castrum fortificato dei Longobardi. <br />
Scopro che questo pezzo d’Abruzzo organizza tante manifestazioni culturali ed eno gastronomiche e che d’estate molti turisti lasciano le spiagge per qualche ora di frescura e di cultura.<br />
Tra l’altro mi dicono che da queste parti si mangi alla grande! <br />
Ci credo, gran parte del territorio comunale è ricoperto da rigogliose culture di uliveti e vigneti e numerose aziende agricole fanno a gara per sfornare prodotti tipici genuini e gustosi. È una cucina che risente dei sapori teramani, dato che il territorio intorno gravitava sulla nostra provincia, ma anche delle contaminazioni dell’entroterra pescarese. <br />
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Il Signor Di Domenico, teramano di nascita e mio amico di gioventù, trasferitosi per amore nel borgo, mi magnifica gli "arrosticini", la pasta alla mugnaia e lo squisito “cif e ciaf”, prelibato spezzatino di maiale. <br />
È ora di ripartire. <br />
Il tempo di un caffè con un mostacciolo nel bar centrale e via verso nuovi lidi. <br />
<br />
<br />
<b>Come raggiungere Città Sant'Angelo:</b><br />
<br />
<i>Da Nord e da Sud</i><br />
<i>Dall'autostrada Adriatica A14 (da nord: in direzione di Ancona; da sud: in direzione Pescara), uscire a Pescara Nord/Città Sant'Angelo, continuare sulla SS 16 in direzione Montesilvano/Penne, proseguire seguendo indicazioni per Città Sant'Angelo.</i><br />
<i>Da Pescara</i><br />
<i>Percorrere la SS 16 seguendo indicazioni per Città Sant'Angelo.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Info al Comune: Telefono: (085) 96961</i><br />
<br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-12122672245394998112016-01-10T18:31:00.002+01:002016-01-10T18:31:57.980+01:00“Laudato sì”! La maestria della natura<b>KALIPE': Il mio passo libero con San Francesco. </b><br />
<b>(Libro pubblicato in novembre 2015- Capitolo secondo)</b><br />
<i>Dio è bello e la bellezza è l’esca del divino, la trappola con cui più volentieri Dio cattura le anime. </i>(Simone Weil)<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp5rA5NxXhQtufn_OZhuUYQQ5DQBE2k0m6s2JqH7HTl52Dpf5j_uX1weJHYr9CkhSlkehyphenhyphenyqgqeioSYgOCU-lBJncjcCi3bZDaSHCcxt90FsWdIg4C3uIlU7ZxznnqrLHFNjKR7-Le2dpI/s1600/SALITA+A+CIMA+LEPRI+LA+MIA+PRIMA.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgp5rA5NxXhQtufn_OZhuUYQQ5DQBE2k0m6s2JqH7HTl52Dpf5j_uX1weJHYr9CkhSlkehyphenhyphenyqgqeioSYgOCU-lBJncjcCi3bZDaSHCcxt90FsWdIg4C3uIlU7ZxznnqrLHFNjKR7-Le2dpI/s320/SALITA+A+CIMA+LEPRI+LA+MIA+PRIMA.jpg" width="320" /></a></div>
Ho sempre amato camminare in montagna e ho scalato tutte le cime del nostro parco in convulsi anni di escursionismo con il C.A.I.<br />
Ricordo la prima volta che salii su una vetta come fosse accaduto ieri. <br />
Non si trattava della classica ascesa al Corno Grande, ma di una salita su Cima Lepri, montagna bellissima ma minore nell'immaginario di chi va per monti, in mezzo alla Laga delle foreste. <br />
Si toccavano il famoso "Tracciolino di Annibale" e il suo presunto Guado, in sella tra Pizzo di Sevo e, appunto, Cima Lepri. <br />
Leggende e tradizioni orali raccontavano d’interminabili viaggi del condottiero con i suoi soldati. Il grande stratega aveva scelto la via più breve ma erta e difficile per arrivare all'Adriatico e scendere a Canne di Puglia. Qui, si sarebbe poi svolta la storica battaglia con Roma caput mundi. La mia fervida immaginazione vedeva guerrieri indomabili che, secoli prima, avevano costretto gli arroganti Romani all'umiliazione delle forche caudine. <br />
Rimembranze di una scuola che qualcosa mi ha lasciato dentro. <br />
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Certo, bisogna riconoscere che Annibale era un grande! <br />
Lo chiamavano “Folgore” questo genio militare, figlio di Amilcare, protagonista della Prima Guerra Punica, nato nel 247 a.C., abituato alle discipline degli accampamenti, famoso per crudeltà, inflessibilità, astuzia. Dicono avesse un viso bellissimo seppur “orbo veggente”, con un solo occhio, avvicinato come tattico a nomi come Alessandro Magno o Napoleone. Per i berberi dei monti dell’Atlante è ancora oggi una demoniaca divinità tutelare, “Sidi N’Bal”. <br />
Da piccolo parteggiavo per i Romani che, per me, erano i buoni. Oggi mi rendo conto che avevo travisato la storia. Annibale combatteva per la libertà. Aveva inventato un’alternativa al mondo pastorale delle montagne: una viabilità dei tratturi, lontana dalle pericolose arterie consolari dove avrebbero potuto incontrare tanta gente poco raccomandabile. In montagna al contrario, le truppe avrebbero dovuto vedersela solo con “qualche intemperia”!<br />
Forse era per questo che Annibale, a quanto ricordi, non fu mai sconfitto in campo aperto. Dovette soccombere al potere dei Romani, vinto ma non “perdente”. Anni e anni di presenza negli Appennini lo avevano reso così forte da incarnare la leggenda. Lo diceva sempre l’amico Massimiliano, autentico lupo di montagna e compagno di tante peripezie montane: i monti della Laga sono la roccaforte del mondo, una perfetta acropoli, una fortezza naturale. <br />
Passavano qui i Templari, i mercanti sulla via del sale, i chierici, gli avventurieri, i soldati, i principi. Da queste parti la foresta protegge!<br />
<br />
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Ricordo che quel giorno affrontammo una lunga ma bellissima cavalcata in cresta fino alla <i>Sella della Solagna</i>, tra panorami aerei e piccole cascate a valle di Selva Grande. Mentre a fatica si saliva alcuni raccontavano di misteriose grotte, come quella detta di Ratta Murella, non lontano, verso la cresta del <i>Voceto</i>, dove pare si riunissero i briganti e dove, secondo alcuni, era sepolta niente di meno che una principessa, compagna di vita proprio del condottiero Annibale. <br />
In cima c'era una croce gigantesca in ferro che al sole di mezzogiorno pareva incandescente. Era illuminata da sud a festa. <br />
Ricordo che per me fu come vedere l'aureola sulla testa di San Francesco. <br />
Ipnotizzato, sentendomi quasi un Walter Bonatti quando giunse sul Cervino a 4478 metri di altezza il 22 febbraio del 1965, stesi le braccia alla base di questa croce, strinsi il corpo metallico sul petto e piansi di gioia. Ero solo a 2445 metri di altezza ma a me pareva di toccare il cielo.<br />
<br />
Iniziai a voce alta a recitare il <i>"Laudato sì o mì Signore"</i> di San Francesco che conoscevo a memoria. Poi, ricordai che ero in gruppo, non da solo e che quegli amici di escursione certo non conoscevano la preghiera- poesia del Poverello di Assisi. In realtà non sapevo se il gruppo annoverasse anche dei non credenti che potevano infastidirsi di quel mio moto devozionale. <br />
Mi girai, continuando a recitare i magnifici versi e li trovai tutti in ginocchio a mani unite. Fu un momento benedetto da Dio che non dimenticherò più. <br />
<br />
Non avevo certo fatto una scalata solitaria per quattro giorni a trenta gradi sotto zero e nel cuore di una parete esposta e pericolosa, ma per me significava molto. <br />
Da piccolo avevo sempre avuto paura delle altezze, una fobia senza fine che m’impediva anche di salire a casa del mio più grande amico, oggi avvocato, Biagio, che abitava al quinto piano di un palazzone a Teramo. <br />
Quella lunga ascesa segnò il confine tra il mio essere bambino e il diventare davvero adulto, conscio delle mie possibilità. <br />
Rimasi così affascinato che, nei successivi anni, come un invasato, scalai tutte le montagne possibili da casa mia. Ogni volta che ne conquistavo una, sia se agevolmente, sia se con fatica come gigante che mette a dura prova la tenacia di un piccolo uomo, era sempre come essere salito sullo "scoglio più nobile d'Europa". <br />
Questo accadeva sia se si trattasse del <i>Corno Piccolo</i>, sia il meno conosciuto monte Piselli dal nome così poco nobile. <br />
E ovunque, sulla vetta, recitavo a voce alta la bella preghiera del mio santo Francesco!<br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPgte0NvXfTt4iO0tmnthxarzVrYoUsqHl67v7Ex1Y3wnvR5ojqb6EzmKIocaK_PBPIQVG8YLhTBj1xOCW1v0PX9QxJgCjBy6B-YEwjroInHkf9RHZZJ3KuupKNbOB3cgKJ8Oy8of8Qelk/s1600/bosco.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjPgte0NvXfTt4iO0tmnthxarzVrYoUsqHl67v7Ex1Y3wnvR5ojqb6EzmKIocaK_PBPIQVG8YLhTBj1xOCW1v0PX9QxJgCjBy6B-YEwjroInHkf9RHZZJ3KuupKNbOB3cgKJ8Oy8of8Qelk/s320/bosco.jpg" width="212" /></a></div>
Cima Lepri mi è rimasta nel cuore come montagna speciale, come la mia "prima volta" con la fidanzatina. <br />
Ancora oggi, quella vetta avulsa dall'escursionismo di massa mi aspetta per regalarmi spazi incontaminati ed emozioni uniche. Lei, immane accozzaglia di pietre ed erba, non ha cognizione del tempo che passa. Io, per quella montagna, sono ancora un ragazzone forte e capace di dominarla. <br />
La giovinezza se ne va come il vento davanti alle nostre porte, come onde del mare che s’innalzano credendo di essere montagne per poi diventare schiuma.<br />
Qualcuno potrebbe dire che densità ha il fumo? I nostri sogni pesano meno del fumo. <br />
Il tempo passa, San Francesco con il suo meraviglioso ”Cantico delle Creature” rimane per sempre! Solo il passare del tempo dà consistenza all’anima.<br />
<br />
<i>“O San Francesco, ascoltatore di Dio, insegnaci a sostare in ascolto, in mezzo ai rumori della vita, della Parola di libertà, di perdono e speranza che nasce dal Vangelo di Gesù”. </i>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-47050260430462673542016-01-07T22:37:00.001+01:002016-01-07T22:37:28.430+01:00Il Duomo di Teramo e la sua difficile storia.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisCi4Ul3sQtouVS3_FuurUng-H5qsrZlEA0CALpVW0UJ0xlOXG-ZqLEHL413in9aQvBJASEkkr8rg6hdBdZsCB9uZA4IZjJvQRcy_Y4Dwbocb3RGTfVMAQeyxwXZqJeh7yOJuaHxQaxXRV/s1600/CATTEDRALE+DA+BALCONE+COMUNE+TERAMO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="264" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEisCi4Ul3sQtouVS3_FuurUng-H5qsrZlEA0CALpVW0UJ0xlOXG-ZqLEHL413in9aQvBJASEkkr8rg6hdBdZsCB9uZA4IZjJvQRcy_Y4Dwbocb3RGTfVMAQeyxwXZqJeh7yOJuaHxQaxXRV/s320/CATTEDRALE+DA+BALCONE+COMUNE+TERAMO.jpg" width="320" /></a></div>
Credo che uno dei monumenti più affascinanti dell'Abruzzo sia senza dubbio il Duomo di Teramo. <br />
La Cattedrale aprutina è il cuore cittadino, il punto di convergenza delle principali vie del centro storico, delimitando i quattro antichissimi quartieri, San Giorgio, Santo Spirito, Santa Maria a Bitetto e San Leonardo.<br />
Davanti a questo grande monumento, impreziosiscono l'ambientazione, il Palazzo Comunale e la piazza Orsini. <br />
La cattedrale ha singolari vicende storiche e stranezze di ordine stilistico. <br />
Rappresenta uno dei monumenti di architettura medievale più insigni del centro Italia. In questa superba chiesa si leggono oltre mille anni di storia teramana. <br />
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Tutta la vita religiosa, dopo quella dell'antica "Petrut" dei Pretuzi, poi "Interamnia", per molti secoli ha avuto come centro questo imponente edificio, cui faceva capo il Vescovo e i Canonici del Capitolo Aprutino.<br />
Il Duomo, con la sua maestosa grandiosità, con le sue linee ardite, ha anche lo svettante campanile di 50 metri con la sua parte terminale sormontata da un prisma ottagonale, realizzato da Antonio da Lodi, lo stesso che bissò il momento artistico, nella imperdibile Cattedrale di Atri. <br />
Questo monumento presenta la fede, la storia, l'arte e il dinamismo di una città orgogliosa delle sue origini. <br />
E' lo specchio di ciò che fu ed è ancora oggi, la vita teramana sia ecclesiale che civile. In questo grande monumento si fondono mirabilmente la Teramo medievale, quella rinascimentale, la moderna e la contemporanea.<br />
<br />
L'edificio fu costruito dal vescovo Guido II, all'indomani della triste vicenda storica in cui Teramo fu rasa al suolo dal demoniaco conte di Bassavilla, Loretello. <br />
Eravamo nel 1153. Si trattò di una missione punitiva di Guglielmo II, il re che voleva allargare i confini del suo regno e trovava negli abitanti di "Interamnia", resistenza e disobbedienza. <br />
Dopo questo avvenimento disastroso, iniziò una difficile e lenta rinascita della città, grazie alle virtù politiche e diplomatiche di Guido II che riuscì a farsi benvolere dal re. La cattedrale, stando agli scritti degli storici Muzi e Palma, fu ultimata nel 1174, con le stesse misure planimetriche della vecchia chiesa che insisteva nell'area adiacente a Sant'Anna de' Pompetti. <br />
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Furono utilizzati molti materiali di risulta e recupero, pezzi di travertino provenienti dal vicino Anfiteatro Romano. <br />
Grazie a questa opera di recupero, non andarono drammaticamente persi pezzi di colonne, piccoli bassorilievi e pietre secolari. <br />
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La pianta basilicale odierna è del 1330 circa. <br />
Era il tempo del vescovo Niccolò Degli Arcioni che si era reso conto di come, essendo cresciuta la popolazione, la cattedrale fosse ormai inadeguata ai bisogni dei fedeli. Teramo, infatti, si andava espandendo oltre le antiche mura romane, in nuovi quartieri riuniti sotto il nome di "Terra Nova". La città stava cambiando di struttura. <br />
Molte abitazioni lambivano i due fiumi, Tordino e Vezzola e diverse decine di case nacquero in luoghi che oggi possiamo identificare nella centrale piazza dei Martiri, dietro il Duomo, nel corso San Giorgio, arteria basilare della Teramo odierna e fino all'attuale piazza Garibaldi. <br />
Non conosciamo il nome del responsabile della costruzione e dell'allargamento della chiesa, ma sappiamo che la basilica ebbe un allungamento considerevole in quello che oggi è il grande presbiterio.<br />
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Fu nello stesso periodo che venne completata la facciata e i teramani vollero adornarla con diversi leoni in pietra, a raffigurare la dignità e la forza d'animo degli aprutini. <br />
In realtà le fiere di pietra, recuperate da edifici demoliti, esorcizzavano come simboli apotropaici nuove incursioni nemiche e distruzioni che potevano provenire dall'attuale corso vecchio che arriva alla Porta Reale, ingresso importante della città. <br />
<br />
La facciata fu impreziosita da un ricchissimo portale, con arco a tutto sesto e un timpano triangolare di stile gotico- romano, opera di Deodato de Urbe realizzata nel 1333. <br />
Il profilo orizzontale, segno inconfondibile dell'opera con i suoi particolari merli ghibellini in testa, venne completato all'inizio del Quattrocento, quando furono gettate le basi per la costruzione del bellissimo campanile odierno di Antonio da Lodi. Il manufatto campanario venne completato nel 1484. <br />
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Due secoli dopo, il vescovo Piccolomini fece trasferire nella cappella a lato del presbiterio il corpo dell'amato Berardo, co- protettore con Maria Vergine Assunta, della città. Era una Teramo completamente diversa da quella di oggi. <br />
Addossate al Duomo vi erano diverse case bottega, c'era anche un arco a unire la cattedrale alla fastosa residenza vescovile, costruito nel Settecento e passante per la parte inferiore della torre campanaria. <br />
Fu in questo periodo che, all'interno del monumento sacro, si lavorò in maniera pesante di stucchi che, pur impreziosendo l'insieme, danneggiarono le decorazioni pittoriche dell'ala costruita nel periodo di Niccolò Degli Arcioni.<br />
<br />
Nel secolo XX la presunta riqualificazione del Duomo determinò la demolizione di casupole e botteghe, la distruzione degli stucchi barocchi e la demolizione dell'arco detto di Monsignore, interventi che gridano vendetta al cospetto della storia e dell'arte.<br />
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All'interno andarono perduti gran parte degli affreschi di varie epoche nella navata arcioniana, alcuni dei quali dovevano essere stati realizzati dal grande maestro esecutore del "Giudizio Universale" che impreziosisce la Madonna in Piano di Loreto Aprutino, nel pescarese. <br />
Abbiamo così perduto a Teramo dei cicli pittorici, forse della vita e delle gesta di San Berardo che, probabilmente, non avevano nulla da invidiare a quelli della cattedrale di Atri, opera del grande De Litio. Si trovano frammenti di pitture che dovrebbero riguardare un Sant'Antonio Abate con accanto la Madonna con Bimbo e Angeli a contorno di Cristo benedicente.<br />
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L'interno del Duomo, nonostante tutto, custodisce opere eccelse: <br />
il Paliotto argenteo di Nicola da Guardiagrele, custodito sotto l'altare maggiore ed eseguito tra il 1433 e 1448 su commissione di Giosia d'Acquaviva; il Polittico di Iacobello del Fiore, nell'altare della cappella di San Berardo, capolavoro del pittore veneziano della prima metà del secolo XV; un fantastico crocifisso ligneo trecentesco di autore ignoto, la Madonna in Trono con Bambino del secolo XI; il busto argenteo del patrono San Berardo, rifacimento del secolo XV con il braccio sempre in argento, rifacimento del secolo XVII. <br />
Inoltre c'è un bellissimo pulpito e un candelabro per il cero pasquale in pietra, bellissime pitture su tele dell'esule Sebastiano Majewschi (1622) e del pittore teramano Giuseppe Bonolis dell'ottocento, <br />
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che arricchiscono anche la monumentale sacrestia.<br />
Un piccolo grande gioiello è la Cappella in stile barocco dedicata alla venerazione del patrono San Berardo, espressione visibile della devozione di Teramo per questo grande Vescovo. Si trova sul lato sinistro lì dove un tempo c'era un cimitero, usanza tipica del Medioevo dove si collocavano piccole cappelle tumulative accanto alla Chiesa Madre.<br />
Dal 1776 sotto l'altare si custodiscono i venerabili resti del santo. <br />
La storia racconta che quando il grande incendio del 1156 devastò la città e l'antica cattedrale di Santa Maria Aprutiensis, oggi conosciuta come Sant'Anna, le ossa del santo uscirono indenni dalla tragedia.<br />
Parliamo di una cappella ampia e imponente, quasi una chiesa a parte, tanto da essere chiamata affettuosamente "Cappellone". <br />
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<b>Ma... chi è Nicola da Guardiagrele?</b><br />
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Nicola da Guardiagrele è l’orafo, scultore più grande che l’Abruzzo, abbia mai ricordato. Vissuto tra il 1380 e il 1459, ha lasciato all’umanità opere di incredibile bellezza, realizzate soprattutto, in metalli preziosi come argento dorato e con l’utilizzo di bellissimi smalti policromi. <br />
Una produzione sterminata quella dell’orafo : croci professionali, ostensori come quello meraviglioso custodito a Francavilla al Mare del 1413 o quello di Atessa di cinque anni dopo, manufatti in argento sbalzato e dorato, piccole statue argentee, tabernacoli e busti reliquari. <br />
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L’opera forse più singolare è custodita nella nostra città di Teramo: <br />
il celebre paliotto d’altare, che il grande artista realizzò tra il 1433 e il 1448. Trentacinque meravigliose formelle d’argento disposte sopra quattro file di nove ciascuna, accompagnate da ventidue losanghe in smalto traslucido e ventisei triangoli posti lungo la cornice. <br />
Un imponente ciclo cristologico, posto sul fronte dell’altare maggiore dell’interno del Duomo di Teramo, che va dal magnifico momento dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria Santissima, alla Pentecoste dove il Signore regala lo Spirito Paraclito. <br />
Raffigurazioni d’incredibile verismo del Cristo Pantocratore, della Vergine sul Trono dopo l’Assunzione al Cielo, dei Santi più grandi con gli Apostoli fino ad arrivare alla formella che sembra non avere scopo nell’insieme, che raffigura il momento delizioso ancorché straziante delle stimmate di San Francesco. <br />
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Questa meraviglia fu realizzata per volontà di Giosia d'Acquaviva (feudatario della regina di Napoli Giovanna I) allo scopo di rimpiazzare un altro paliotto d'argento che era di gran valore ed era esposto nei giorni festivi, rubato nel 1416 nel corso dei disordini che seguirono l'ascesa al trono della regina Giovanna II d'Angiò alla morte del fratello Ladislao I d'Angiò. <br />
Uno stupendo capolavoro di oreficeria sacra, da gustare intensamente davanti alla sua lastra di vetro. <br />
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Una produzione, quella di Nicola di Andrea Di Pasquale, questo era il suo nome per esteso, creata con uno stile inconfondibile e incredibilmente moderno, nonostante, la sua complessa epoca di passaggio tra il Medioevo e il Rinascimento. <br />
Non dimentichiamo che è una sua opera, l’eccelsa croce professionale esposta nel museo della Basilica romana di San Giovanni in Laterano. D'altronde l’Abruzzo ha saputo regalare al mondo una tradizione orafa che ha arricchito, per secoli, chiese e cattedrali tra le più importanti e non solo in Italia, dal maestro del quattrocento, cui s’ispirava Nicola, il fiorentino Lorenzo Ghiberti, fino ad arrivare ai grandi orafi del settecento. <br />
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La città dell’artista, Guardiagrele posta in posizione incantevole, a picco, nel cuore del dorso sud della Majella, è comunque patria di un’arte che mostra la vitalità abruzzese nella ceramica, nel legno, nella pietra, nei tessuti, nel bronzo. <br />
Borgo di appena duemila anime, contraddittorio nell'abbandono odierno che sembra andare a braccetto con il lavoro di fino, di cesello e che ancora esprime maestri fabbri, ramai, ricamatrici del famoso merletto della “sedia” con frange fatte di nodi singolari, fino ai gioiellieri, creatori della splendida “Presentosa”, legato alla tradizione pastorale. <br />
E’ un monile d’oro a forma di stella da sei a venti punte, donato dal pastore transumante alla sua donna, prima della partenza con le greggi, verso il Tavoliere delle Puglie. <br />
Nella parte anteriore del gioiello, due piccoli cuori affiancati, indicavano che la fanciulla era una promessa sposa. <br />
Anche nella poesia, il borgo guardiese non ha eguali: ha visto i natali del più grande poeta dialettale della nostra regione, Modesto Della Porta, modesto non solo nel nome, ma anche nelle umili origini e nel mestiere di sarto. <br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-59180164112963243752015-12-31T18:13:00.000+01:002015-01-07T18:13:47.914+01:00Il blog che ti fa scoprire l'Abruzzo Teramano!<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
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<br />
Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:<br />
"<a href="http://paesaggioteramano.blogspot.it/2010/05/silenzi-di-pietra-ghost-town-chiese-e.html" target="_blank">Silenzi di Pietra</a>" e "<a href="http://paesaggioteramano.blogspot.it/2011/05/il-mio-ararat-un-fantastico-trekking.html" target="_blank">Il mio Ararat</a>" e "<a href="http://paesaggioteramano.blogspot.it/2011/12/abruzzo-nel-cuore-il-nuovo-libro-di.html" target="_blank">Abruzzo nel cuore</a>".<br />
<br />
Tutti gli articoli sono condivisi su <a href="http://www.facebook.com/sergio.scacchia" target="_blank">Facebook nella bacheca di Sergio Scacchia</a> e nella pagina "<a href="http://www.facebook.com/pages/Il-mio-Ararat/205678956122142" target="_blank">Il Mio Ararat</a>" e su <a href="https://plus.google.com/u/0/112105652060261596058/posts" target="_blank">Google Plus</a>.<br />
<br />
Gli articoli sono inoltre pubblicati da Vincenzo Cicconi della <a href="http://www.pacotvideo.it/" target="_blank">PacotVideo</a> , tra l'altro gestore di questo blog, su: <br />
(<a href="http://lacittaditeramo.blogspot.com/" target="_blank">blog della Città di Teramo</a> - <a href="http://pensieriteramani.blogspot.com/" target="_blank">blog di Pensieri Teramani</a>)<br />
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Infinite suggestioni da cercare e vivere.<br />
<br />
L’Abruzzo teramano è nato quasi da un ordine cartesiano, che ti culla spingendo un’altalena di emozioni, sentimenti, che ti afferra per mano accompagnandoti lì dove puoi perderti nella bellezza.<br />
<br />
Perché nel teramano è la bellezza, il filo che lega strettamente storia e tradizione.</div>
Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-35971590864305922952015-12-30T18:41:00.003+01:002015-12-30T18:41:51.526+01:00Benedette campane di Assisi<b><u>KALIPE': Il mio passo libero con San Francesco. </u></b><br />
(Libro pubblicato in novembre 2015- Capitolo Primo)<br />
<br />
<i>“Benedetta sii tu dal Signore, città santa a Dio fedele, poiché per te molte anime si salveranno e in te molti servi dell’Altissimo abiteranno e da te molti saranno eletti al regno eterno”.</i><br />
<b>(San Francesco) </b><br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGTVdKlOg-xl-9HlaX2lCWdgQZAcFCxbXoC-XW3mE0ri4s_K9eEKB4fZctlvwuPtYZQXgsIJZhRSpKooRjcLSOFztVT0G3FoOTxgCiU92CB6IcdEfWrjr64fvCMxFE3ol2yAabSkPEnwe3/s1600/DSC_0058MINI+5.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGTVdKlOg-xl-9HlaX2lCWdgQZAcFCxbXoC-XW3mE0ri4s_K9eEKB4fZctlvwuPtYZQXgsIJZhRSpKooRjcLSOFztVT0G3FoOTxgCiU92CB6IcdEfWrjr64fvCMxFE3ol2yAabSkPEnwe3/s320/DSC_0058MINI+5.jpg" width="320" /></a></div>
Il loro suono volava sulla pianura, sui colli, sulle case, con ali di uccello. Volava nel cielo dei cento campanili, mentre la città santa era come un mantello di pietra scura disteso sulle pendici del monte Subasio, tra muraglie medievali e giardini. <br />
Lo scampanio festoso saliva da Santa Maria degli Angeli e la Porziuncola. <br />
S’incontrava con la melodia tremula dei piccoli bronzi di San Damiano e, passando per il tempio di Santa Chiara, tra le Clarisse della “pianticella di Francesco”, si univa allo scroscio dei suoni rombanti e maestosi della Basilica Superiore. <br />
<br />
Ad Assisi, anche in questo ennesimo viaggio alla ricerca del serafico padre, non c’era quel tramestio affliggente che colpisce ogni senso del pellegrino in altre città.<br />
Venivo da un periodo annoiato, vittima di una vita borghese e fiacca. Desideravo essere con il mio santo, sognavo di imitarlo anche se era quasi impossibile.<br />
Volevo ardentemente riannodare il discorso con la natura, con l’uomo e con Dio.<br />
Sapevo bene che non c’era nessun altro luogo in grado di parlare allo spirito umano come Assisi, benedetta dal profetico saluto francescano:<br />
”Benedetta tu, città del Signore”. <br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhz7GH6cvvaC0UMpkOZMLN7qeANxIMg4JDsNMPya4q9eop4TWy1_9WCJS56d96hkpWZJoUNGL-Xmjg2kMXvcQxScHdw4OIhDCj6bBuIH3AcIXww9Sl37U34v-4nkNzcIwY9m1J9ijh4v_V/s1600/assisi+2MINI+2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhz7GH6cvvaC0UMpkOZMLN7qeANxIMg4JDsNMPya4q9eop4TWy1_9WCJS56d96hkpWZJoUNGL-Xmjg2kMXvcQxScHdw4OIhDCj6bBuIH3AcIXww9Sl37U34v-4nkNzcIwY9m1J9ijh4v_V/s320/assisi+2MINI+2.jpg" width="320" /></a></div>
Nessun altro luogo avrebbe potuto dare i natali a Francesco, uno dei santi più grandi del mondo cristiano, l’innamorato di Gesù e del suo Vangelo. <br />
Una creatura speciale che trasformò la sua vita in una magnifica avventura, dando tutto l’aiuto possibile a migliaia di altre vite. Era sensazionale respirare la stessa aria che inalava il serafico Padre, sin dal 1182, quando vi nacque da un ricco mercante di stoffe, Pietro da Bernardone e da Giovanna, detta Madama Pica. Due genitori completamente diversi, lui uomo altero, iroso, preso solo dai suoi affari, lei, timorata di Dio, tutta intenta ad inculcare nobili sentimenti al giovanetto figlio. <br />
<br />
Assisi: non a caso, Dante Alighieri, salutò questa città eterna, come l’”Oriente”, da cui sorgeva il Sole dello Spirito a riscaldare la terra sempre sconvolta da guerre, odio, orrori. <br />
(Però chi d’esso loco fa parole, non dica Ascesi che direbbe corto, ma dica Oriente se proprio dir vuole). <br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4lnZgHLI0h8-B_ioBEayXxlSUbwhoj5HYQamlqcHGYLc4AH2xS94HXHvExFaZGDugaATLT5V9hsgFwYSWZkXIGcsyQDUK4jvykvl_zf93jdOOYICrq_YsWfNFjpRzEQaWzc4DDZyqNzcT/s1600/asisi+6MINI.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh4lnZgHLI0h8-B_ioBEayXxlSUbwhoj5HYQamlqcHGYLc4AH2xS94HXHvExFaZGDugaATLT5V9hsgFwYSWZkXIGcsyQDUK4jvykvl_zf93jdOOYICrq_YsWfNFjpRzEQaWzc4DDZyqNzcT/s320/asisi+6MINI.jpg" width="212" /></a></div>
Le viuzze, strette e tortuose, erano sì popolate ma non affollate. I piccoli negozi di souvenir erano frequentati ma non assaltati.<br />
Dagli spiazzi godevo del paesaggio sotto la città, circondata da verdi campagne a diffondere ovunque pace. <br />
Tutto intorno al borgo, si potevano scorgere distintamente gli elementi essenziali che avevano seguito, come mirabile bussola del cammino, San Francesco, “giullare di Dio”: acqua, grotte e boschi.<br />
Mi sentivo già meglio! Il disagio che alla lunga poteva distruggere la gioia, togliere la pace e rendere nervosi se non cattivi, stava scomparendo in men che non si dica.<br />
Quando visiti i luoghi suggestivi tanto cari al santo, quando ti inginocchi per lodare e benedire il Signore per questa oasi di serenità, ti accorgi che Francesco e Chiara sono sempre lì accanto a te.<br />
<br />
Erano stati due giorni da incorniciare. Anche in senso gastronomico, con l’ottima cucina umbra, semplice ma robusta e saporita, profumata e di gusto.<br />
Sui colli di Assisi, immerso nel bosco, avevo visitato le “Carceri”, il convento- eremo minuscolo e spoglio, costruito in pietra nuda d’Umbria. Quella vista spettacolare sulla valle dai colori pastello, la brezza profumata di resina, il colore del cielo di un azzurro diverso dagli altri, avevano riempito il mio cuore. Il silenzio mi faceva rincorrere la forza invisibile della Creazione. Il mio spirito spaziava beato in questa Tebaide dei primi eremiti francescani. <br />
La miniatura di chiesa che mi aveva accolto in mezzo al bosco, era di struggente bellezza. Il nudo sasso dove dormiva il santo mi lasciava sbalordito.<br />
Avevo sognato di diventare santo. Affaticato dal peso delle mie eterne contraddizioni intravedevo la possibilità di fare luce nella mia anima, spesso persa tra egoismi e sensi. Mi sedetti sotto il vetusto leccio dove gli uccelli circondavano il Poverello in cerca di benedizioni. Il silenzio della terra parlava al mio cuore. Non sarei voluto mai andar via. <br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEdc-toYNBLytbfAUamaQgsRdH3v-vYRWdkcIMnHpkfTTb-FJf8fK42tQGWNqnyMUORMJ8fMid07QrejG11fs_Rc4dBwhoQ78vfMMK9F-agaN2d16KrXy3c7mwfGp1SPaTJ8hleMMySR33/s1600/rocca+maggiore.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiEdc-toYNBLytbfAUamaQgsRdH3v-vYRWdkcIMnHpkfTTb-FJf8fK42tQGWNqnyMUORMJ8fMid07QrejG11fs_Rc4dBwhoQ78vfMMK9F-agaN2d16KrXy3c7mwfGp1SPaTJ8hleMMySR33/s320/rocca+maggiore.jpg" width="320" /></a></div>
Un itinerario bellissimo sulle colline umbre mi aveva portato, anni prima, fino a Gubbio, in una esaltante camminata di due giorni. Era stato un pellegrinaggio a ripercorrere il cammino che Francesco fece nel 1206, abbandonando la vita laicale, <br />
per scoprire la forza della fede. Avevo conosciuto luoghi incantevoli: Pieve San Nicola, abitato spartiacque fra Assisi e Valfabbrica, con una vista spettacolo sui due borghi medievali; l’Abbazia dove Francesco sostò nella piccola chiesa di Santa Maria con affreschi di scuola giottesca; la cappella di Pieve Coccolano, l’austera chiesa di Caprignone, la grande abbazia di Vallingegno, scoprendo infine Gubbio e il luogo magico dove fu ammansito il brigante “lupo”.<br />
<br />
Ora, ridiscendendo dal colle, tra una distesa di ulivi e cipressi, sotto un cielo colmo di luce, avevo sostato nell'umile cenobio di San Damiano. <br />
Era lì davanti a me nella sua regale povertà. Nude pareti, nude travi, la reggia di “Madonna Povertà”. <br />
Tutto era fuso in unità perfetta: bosco, architettura, povertà, umiltà semplicità, bellezza. Un capolavoro di pace, preghiera, silenzio, rispetto della natura, umanità!<br />
Nel minuscolo oratorio duecentesco, che Francesco aveva destinato alla dolce Chiara e le sorelle povere, avevo pensato con gioia ai passi che proprio qui erano stati mossi dalla piccola Agnese e dalle altre donne votate interamente a Dio. Un collegio di vergini, di “Povere Dame” del grande Signore.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIMdoy69xgv4f1YUHZYM-pR00avgv-_FFSgPvpb0RJyKxh7H2w9xvOyRdnfIJ0-DpUiY_-PjOqmxHJDKz4bAoJII4vdkmT9oXcxXH-7ZzQKV6eJTfUUdDL1K-6HMCVBopm1sdAQ0-pOxKc/s1600/assisi+4MINI+4.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIMdoy69xgv4f1YUHZYM-pR00avgv-_FFSgPvpb0RJyKxh7H2w9xvOyRdnfIJ0-DpUiY_-PjOqmxHJDKz4bAoJII4vdkmT9oXcxXH-7ZzQKV6eJTfUUdDL1K-6HMCVBopm1sdAQ0-pOxKc/s320/assisi+4MINI+4.jpg" width="320" /></a></div>
Tutto rispecchiava la semplicità francescana: il chiostro pieno di fiori intorno al pozzo centrale, la minuscola chiesa dalle mura annerite dal tempo, le cellette disarmanti per la loro nudità. Qui era stato custodito il grande crocifisso bizantino davanti al quale, il santo d’Assisi ascoltò la voce di Dio. <br />
Ripensai alla prima grande malattia di Francesco e alle sue preghiere che qui aveva recitato, mi tornò in mente quella mattina del 4 ottobre 1226, quando passò per l’ultima volta, prima di lasciare il mondo, tra monache desolate e frati in pianto. <br />
In quel momento mi era mirabilmente chiaro cosa significasse l’ essere cristiani: umiltà e nascondimento, quella rara virtù per cui uno va in su quando va in giù. Diceva Francesco: “Signore chi siete voi e chi sono io”? <br />
<br />
Poi ero giunto al piccolo santuario di Rivo Torto, nel cuore della piana assisiana, accanto a un ruscello frusciante, il primitivo cenacolo del francescanesimo, il tugurio, la catapecchia ora custodita dentro una chiesa grande. <br />
Che brividi pensare alla vita spoglia di Francesco e di Bernardo da Quintavalle e Pietro Cattaneo, i primi a seguire la nuova vita del Poverello, che qui si erano nutriti di patate e erbe selvatiche. Che bello meditare tutti i primitivi compagni, da Frate Leone, ad Angelo, a Masseo, Rufino, Egidio. <br />
<br />
Dopo l’irrinunciabile visita alla Porziuncola, uno dei luoghi più sacri della terra, preziosa gemma francescana custodita dalla maestosa cupola del Vignola, il mio “tour dello spirito” finì davanti la tomba di Francesco. <br />
<br />
Davanti al nudo sepolcro scavato nel vivo della roccia, quel sarcofago di pietra senza decorazioni, nella semplicità tanto amata dal santo, mi sentii quasi sospeso, per un prodigio, tra cielo e terra. <br />
Le ceneri degli umili e primi fraticelli, intorno alla tomba del maestro, sembravano risplendere nel tenue chiarore della cripta.<br />
Pensavo a quale rivoluzione pacifica e silenziosa abbia realizzato il serafico Padre in così brevi anni di vita, poco meno di quaranta.<br />
E quanta umiltà fosse stata innalzata sopra i superbi!<br />
Francesco era sin da bambino, come racconta il primo biografo, Tommaso da Celano:<br />
“dolce d’animo, amabile nel tratto, ilare nel volto, affabile nel parlare, indulgente verso gli altri, severo con se stesso, grazioso in tutto”.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkY2YZpgsD24woughMP9QN-AbQP2cc2oprF8h3z5Xxp1MhTXJlQvkjKPSMF8FySpKmJ18dpUu5MbHhJbFxnqW4Lsu6x1NHMumghTs-eBO5WFCizp8O_8ofJdBho0jc4KQzFq9FOB6dBtbk/s1600/assisi1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjkY2YZpgsD24woughMP9QN-AbQP2cc2oprF8h3z5Xxp1MhTXJlQvkjKPSMF8FySpKmJ18dpUu5MbHhJbFxnqW4Lsu6x1NHMumghTs-eBO5WFCizp8O_8ofJdBho0jc4KQzFq9FOB6dBtbk/s320/assisi1.jpg" width="320" /></a></div>
Che ribaltamento di valori e di idee aveva portato quest’umile uomo, apparentemente insignificante, nel suo mondo! E come appariva inspiegabile per chi non abbia il dono di credere nello Spirito Santo, come abbia potuto trascinare fino a noi, per secoli, il suo messaggio dettato dall'amore senza fine per il Vangelo. <br />
Un agiografo definì il Poverello, “un ragazzo morto in età da uomo, ma col cuore pulsante di bambino”. <br />
Un viaggio dell’anima questo sostare davanti alle pietre sepolcrali nella cripta della basilica in Assisi. <br />
Quelle pietre testimoniavano quale scoglio in tempesta sia stata la vita del santo, perché abbia scelto deliberatamente di dormire in giacigli di roccia.<br />
Avevo capito perché Francesco fosse “semplicemente” una copia perfetta di Gesù Cristo. <br />
Era colui che, per conto di Dio, aveva voluto trasmetterci definitivamente, un messaggio semplice ma terribilmente difficile da porre in atto: è Perfetta Letizia solo amare Dio e il prossimo come se stessi, senza se e senza ma.<br />
Amare gli uomini e tutto il creato di un amore talmente perfetto da travalicare secoli di storia, da rimanere in circolazione per sempre.<br />
Francesco, l’uomo dell’amore, di quell'amore che schiaccia con la sua generosità, il suo illimitato altruismo, la sua generosità verso chi soffre, la sua immane capacità di perdono.<br />
Francesco era entrato davvero nella mia vita. Ero, semplicemente, fregato! Non potevo più esimermi dal sacrificio per gli altri, dall'adorazione per tutto il creato di Dio.<br />
<br />
Fu allora che nacque questo libro!<br />
<br />
<i>“Dominus benedicat et custodiat te;</i><br />
<i>Ostendat faciem suam tibi et misereatur tui;</i><br />
<i>convertat vultum suum ad te et det tibi pacem et benedictionem.</i><br />
<i>Dominus benedicat, frater Leo, te”.</i><br />
<b>(Il capolavoro dell’amicizia, la Benedizione solenne a Frate Leone da Francesco).</b>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-47800551796954364942015-12-26T20:33:00.003+01:002015-12-26T20:33:55.492+01:00Alziamo il capo verso il nostro Signore!<i>“Signore, verso l’ora del tramonto sento sempre più viva la tua vicinanza a rassicurare il mio cuore che trema al pensiero dell’ultimo addio alla vita” (Preghiera di Teresa Minguzzi)</i><br />
<br />
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Quando, domenica 13 dicembre 2015, le mani di Padre Candido premevano sui legni della Porta Santa della Madonna delle Grazie di Teramo e i battenti si sono schiusi, la sagoma in controluce del "Guardiano del santuario" a braccia spalancate, bucava la penombra nella quale era immersa la chiesa. <br />
E'stato un momento irripetibile ed emozionante. <br />
Il frate proclamava la preghiera del Giubileo "per la tua grande misericordia entrerò nella tua casa, Signore" e il coro, accompagnato dalla chitarra cantava tra la gioia di tutti: "Svegliati o Sion scuoti la polvere, alzati, leva al cielo i tuoi occhi". <br />
In quell'attimo meraviglioso ho riflettuto a quanti di noi non alzano mai lo sguardo verso il cielo.<br />
<br />
Io lo faccio sin da piccolo. <br />
Alle elementari ero rimasto affascinato dal Pascoli. <br />
Nelle sue poesie veniva descritto frequentemente il cielo, che assumeva sempre significati connotativi profondi. Il poeta guardava spesso alle notti stellate. <br />
Come dimenticare "X Agosto", la poesia che scrisse per ricordare il papà Ruggiero, ucciso da un colpo di fucile di uno sconosciuto, proprio nella notte agostana in cui cadevano luminosi frammenti di meteore? <br />
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Anch'io alzai gli occhi, una notte chiara dell'11 agosto, durante le "lacrime di San Lorenzo". <br />
Il cielo era limpido senza nubi e foschia.<br />
Mi parve che la costellazione di Orione dovesse precipitarmi sulla testa. E poco importò che il fenomeno fosse in ritardo di ventiquattro ore e che non avevo certezza di cosa avessi sopra il capo!<br />
Sin da bambino sognavo di fare l’astronauta. <br />
Fui certo di doverlo fare quando nel 1968, a dieci anni, rimasi a bocca aperta mentre la tv mostrava le trionfali immagini del primo uomo scendere sulla luna e passeggiare come si fa di sera sul corso di Teramo. <br />
Una rivoluzione epocale. <br />
Iniziai a cercare di individuare la Stella Polare che non doveva essere molto distante dal Piccolo e dal Grande Carro. Continuai, chiedendomi quale nome avesse la stella timone che indirizzava i medesimi Carri verso una meta indefinita della galassia. <br />
La mia insegnante di allora ci mise del suo e preparò per tutti noi ragazzi, dei vetri affumicati per goderci l’eclissi totale di sole che a me parve un bizzarro quanto affascinante spettacolo. <br />
Da allora cominciai ad alzare gli occhi al cielo e non smisi più. Ogni sera, per anni, ho sollevato la testa, sognando di riuscire a scorgere il corpo celeste più lontano dalla terra e visibile a occhio nudo, la mitica Nebulosa di Andromeda. <br />
La sua pallida luce fluorescente, la sua forma di lenticchia allungata ha milioni di anni ma io l’ho potuta vedere solo in uno splendido documentario.<br />
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Alzare gli occhi al cielo: è una pratica inusuale oggi. <br />
Pochi vanno in giro a naso in su. Molti si tengono stretto questo pezzo di terra su cui poggiano i piedi, convinti, forse, che non dovranno così mai lasciarlo. <br />
E si perdono il meglio!<br />
A volte dal balcone di casa non è sufficiente lo spicchio di cielo sopra la testa per scorgere la vita silenziosa che anima il “coperchio del mondo”. E allora me ne vado in collina e scopro visioni mozzafiato, inaspettate. <br />
Che libidine pensare a cosa c’è sopra di noi, stupendo immaginare che a decine di miliardi di anni luce esistono galassie sperdute nell’immenso. <br />
Come non credere alla presenza di un “Divino Architetto” che cammina lungo questi interminabili sentieri celesti e cerca di incontrarci sulla questa terra che l’uomo calca da due miliardi di anni?<br />
<br />
Una sera di molti anni fa, in direzione sud ovest, oltre il Gran Sasso, il cielo si illuminò di bagliori a intermittenza. Io ero lì a guardare questo spettacolo della natura.<br />
Pareva di rivivere le scene apocalittiche dei film fantascientifici di Lucas. I toni erano sul giallo e l’arancione. Pensai a fuochi d’artificio sparati da posti distanti, feste di paese, show in onore di una patrona. <br />
Davanti agli occhi avevo degli astri e non conoscevo il loro nome, dei bagliori e non sapevo cosa fossero. Pensai di individuare le Pleiadi, Cassiopea con la sua forma geometrica di parallelepipedo. <br />
Era come tornare indietro di milioni di anni con una prodigiosa macchina del tempo capace di trasportare fino a diecimila secoli prima.<br />
In seguito, documentandomi, scoprii che anche noi abbiamo, in versione ridotta, delle mini aurore boreali che rendono, seppur per pochi secondi, il cielo nero della notte, colorato dai mille toni pastello che solo il buon Dio sa usare. <br />
<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvsQwKiw9TsPzz4MvwJrrmyDpFxC4mEBVYMreNA2496l057ZGBd3QrHmAlySGbAYuMmnXu9qnEHTHn8k2_K3h5CTbIAEl2pVhiMEp0wTLbjxj30l73yTZDRX_K89GqaELoTps7FS5VEDJa/s1600/FINE+DI+GIORNO+%25288%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjvsQwKiw9TsPzz4MvwJrrmyDpFxC4mEBVYMreNA2496l057ZGBd3QrHmAlySGbAYuMmnXu9qnEHTHn8k2_K3h5CTbIAEl2pVhiMEp0wTLbjxj30l73yTZDRX_K89GqaELoTps7FS5VEDJa/s320/FINE+DI+GIORNO+%25288%2529.jpg" width="320" /></a></div>
Anche questa è contemplazione dell’Altissimo, credo. <br />
Magari è di tipo speculativo, visto che risponde al desiderio di conoscere, ma nasce e trova origine nella brama dell’amore di Dio che incendia l’animo, che ti fa uscir di casa a ore insolite, per ammirare il creato. <br />
Ho sempre invidiato i monaci di clausura per loro contemplazione perfetta, dono prezioso dell’Altissimo. Coloro che sono in grado di praticarla hanno un amore viscerale per il Signore e hanno sempre gli occhi rivolti al cielo. <br />
Sono con Lui ogni attimo, vivono ai margini dell’infinita profondità divina e guardano Dio come lo sposo rapito dalla bellezza della sua sposa. <br />
Essi sono, come disse un giorno un esegeta carmelitano, Padre Tomàs, “delle bocce pronte a rotolare dalla parte verso cui il Signore vorrà spingerle”. <br />
Fateci caso, per il mondo sono svagati, strani, persi nei loro pensieri. Essi, al contrario, sono beati!<br />
<br />Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-46868718018647909432015-11-03T21:17:00.001+01:002015-12-05T18:38:42.988+01:00Torricella Sicura: ieri e oggi<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2HkY6P5IIjf4lbcLSEBqQdyU8MxUCM7TsfXT714C3qkOE47TB0YzGjmwx6T8-vah7R9FXjiwko6LhE0IC6gRFBEaGJwPhyiCsrueRDtwbxC6vtF6Patw7PW_L3LGPmT_7certbfE9ksy5/s1600/Autunno+a+Villa+Tofo+%2528Torricella+Sicura%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="191" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2HkY6P5IIjf4lbcLSEBqQdyU8MxUCM7TsfXT714C3qkOE47TB0YzGjmwx6T8-vah7R9FXjiwko6LhE0IC6gRFBEaGJwPhyiCsrueRDtwbxC6vtF6Patw7PW_L3LGPmT_7certbfE9ksy5/s320/Autunno+a+Villa+Tofo+%2528Torricella+Sicura%2529.jpg" width="320" /></a></div>Colline rotonde e levigate, vallate ricamate da campi coltivati e minuscoli poderi, il verde delle montagne gemelle e, nel lato opposto, in lontananza l’aspra dolomia del rude Gran Sasso. <br />
<br />
Insomma il meglio dell’entroterra teramano, dove il paesaggio assume i tratti e i colori di un mondo ideale senza asperità né contrasti, modellato nell'equilibrio e nell'armonia. <br />
<br />
Le unghiate del cemento a sfigurare l’opera di Dio, in lontananza perdono l’orrido impatto visivo e Teramo si mostra adagiata, lungo il cuneo della vallata, come un bella donna distesa ad attenderti ansiosa. <br />
La strada per arrivare a Torricella Sicura è panoramica, dona pace agli occhi. <br />
<br />
I chilometri di camminata ecologica nel verde di alberi secolari, ogni giorno vede centinaia di persone a caracollare tra la città aprutina e il piccolo borgo dei Gemelli. <br />
E' la valvola di sfogo di tanti teramani che fanno di questo rito giornaliero, la loro eco terapia contro sedentarietà, depressione e mali del secolo.<br />
Niente di meglio, credete, di questa pratica per ritemprare il corpo e lo spirito e incontrare sul proprio cammino varia umanità, lontani dall'inquinamento delle polveri sottili del centro cittadino. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgX31wImgNnpTpsEbDjAT0bbDDzycZgQvHmItrxinh5feCSLxDNB6_C7gWWthWidp3O4-2imUWrs3xzQOV8AStY8Tsiad7Ljbt1Jld-YMfb8CG1a4MI1sRo1mUWD8gavuGRc4xIEBQOLQE5/s1600/Torricella+e+il+Gran+Saao.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgX31wImgNnpTpsEbDjAT0bbDDzycZgQvHmItrxinh5feCSLxDNB6_C7gWWthWidp3O4-2imUWrs3xzQOV8AStY8Tsiad7Ljbt1Jld-YMfb8CG1a4MI1sRo1mUWD8gavuGRc4xIEBQOLQE5/s320/Torricella+e+il+Gran+Saao.jpg" width="320" /></a></div>Una promenade di terrazze panoramiche, paradiso per chi ama fare jogging, andare in bicicletta, passeggiare o magari dedicarsi alla lettura, contemplati dall'immenso e avvolti dal silenzio.<br />
<br />
Chilometri che non rappresentano un impegno stancante ma il piacere immenso di arrivare alla meta prescelta. <br />
<br />
Sulla mia strada un pomeriggio incontro l'amico Pietro Serrani, collaboratore di molte testate giornalistiche e anima di tante esperienze culturali e nasce questa collaborazione con "Teramani", per scoprire di più di questo piccolo borgo antico. <br />
<br />
Il vulcanico Pietro ha ideato una bella pagina Facebook e mi racconta che:<br />
<br />
<i>"L’idea di <a href="https://www.facebook.com/Torricella-Sicura-ieri-e-oggi-504639932932267" target="_blank">Torricella Sicura: ieri e oggi</a>, mi è venuta in mente - </i>mi dice <i>- dopo aver visto, casualmente, quelle relative a Montorio al Vomano e Teramo (Archivio fotografico montoriese e Teramo fotografie). </i><br />
<i>Queste due communities sono gestite da due amici di vecchia data: Sandro Di Donatantonio, un grafico montoriese amante di cartoline e bravissimo fotografo, e Fausto Eugeni, ex bibliotecario della prestigiosa Biblioteca “Dèlfico” di Teramo, nonché storico della città pretuziana. </i><br />
<i>Dopo, ho notato che c’era anche Campli fotografie e a curarla era Fabrizio Pedicone, cultore di patrie memorie camplesi, che non conoscevo affatto. </i><br />
<i>Col tempo, poi, ho conosciuto fisicamente anche Fabrizio, il quale mi ha fornito diverso materiale fotografico relativo a Torricella Sicura.</i><br />
<i><br />
</i> <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg79rm83p7aZ0qWq22Djgb3ZTEyC-zG1cLYel1Xywm3OVixNTDc_RUMmo_7HQGx50vfiCs3eEMALPbLUFY737yoFqffvr8OvPwaHBGv-iwndaIJZPoxW9WP4k6LAt-OZngkPexZiWzeC04F/s1600/Torricella+di+notte.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg79rm83p7aZ0qWq22Djgb3ZTEyC-zG1cLYel1Xywm3OVixNTDc_RUMmo_7HQGx50vfiCs3eEMALPbLUFY737yoFqffvr8OvPwaHBGv-iwndaIJZPoxW9WP4k6LAt-OZngkPexZiWzeC04F/s320/Torricella+di+notte.jpg" width="320" /></a></div><i>La mia bella “avventura” è iniziata il 17 marzo 2013. </i><br />
<i>All'inizio mi aiutavano le mie due figlie, Silvia e Greta, perché non ci capivo nulla.</i><br />
<i>Anche adesso ho qualche problema - continua ridendo - loro intervengono subito e mi tengono aggiornato di tutte le novità inerenti questo social, come l’utilizzo dell'hashtag e delle altre cose. </i><br />
<i><br />
</i> <i>Mi sono dato delle regole sin dall'inizio: all'interno ho creato degli album tematici ed ogni foto, o immagine, confluisce nel proprio spazio evitando di postarli alla rinfusa. </i><br />
<i>In questo modo è anche più facile cercare una foto caricata, magari, tanto tempo fa. </i><br />
<i><br />
</i> <i>Ad esempio, c’è una sezione dedicata alle cartoline di Torricella Sicura e lì c’è tutto quello che sono riuscito a reperire, ci sono quelle a colori e quelle in bianco e nero, alcune portano la firma anche di Paolo Graziani, grande fotografo teramano e papà dell’indimenticabile rocker nostrano Ivan Graziani (1945 – 1997). </i><br />
<i>Poi, una sezione è dedicata a tutte le chiese del territorio torricellese, un altra alle classi delle scuole e degli asili, un altra alle tradizioni torricellesi (il presepe di più grande d’Abruzzo, l’Infiorata torricellese del Corpus Domini, le tante processioni religiose), poi si parla di personaggi, di gente comune e via di seguito. </i><br />
<i><br />
</i> <i>Questa mia pagina non ha nessuna pretesa, l’intento è finalizzato solo a far conoscere e a far apprezzare i nostri luoghi anche fuori dai confini locali, condividere le foto, scambiarsele e commentarle positivamente, tanto, dopotutto, tutto il mondo è paese". </i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRZqPzeHIvmcWjY_573uZ8K9iFvZnPUjXyOp-eM1FQvobLi3SWEYtQCPR_SkSilVI25uHBtLp0HBVIwJ-sch7Om-5lhlCn-3urcAYkryvbAHK_JgMP7a1UkHessrWDd0Cm-C1MuLrGDE37/s1600/Autunno+a+Monte+Fanum+%2528Torricella+Sicura%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="217" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRZqPzeHIvmcWjY_573uZ8K9iFvZnPUjXyOp-eM1FQvobLi3SWEYtQCPR_SkSilVI25uHBtLp0HBVIwJ-sch7Om-5lhlCn-3urcAYkryvbAHK_JgMP7a1UkHessrWDd0Cm-C1MuLrGDE37/s320/Autunno+a+Monte+Fanum+%2528Torricella+Sicura%2529.jpg" width="320" /></a></div>Bella iniziativa davvero.<br />
<br />
Torricella Sicura, l’antichissima Turricellam, è un tantino trascurata a causa della sua vicinanza con Teramo, da cui dista soli sette chilometri.<br />
Eppure è un abitato ricco di testimonianze di civiltà italiche, romane e altomedioevali. <br />
<br />
Il suo territorio si trova alla falde dei Monti della Laga, a cavallo delle valli del fiume Tordino e del torrente Vezzola; ed è sulla direttiva Teramo – Rocca S. Maria – Bosco Martese. <br />
In passato, il paese era formato da quattro piccoli borghi (Torricella Oscura, Torricella Scarpone, Torricella Romana e Colle del Pero o della Pera) divisi tra di loro, non essendo stata ancora costruita la zona centrale che ha dato uniformità all’attuale intero abitato. <br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAyvjSsr4hsVmMfR3A1suwtZdSjrZzf2h5KMnWcOijNETshWyCtNMdHxmqAyM-UYa6raA8JTIT2NIKpCgkHFwIFxoHsNLjqB3n8jmO0NpNu30p2OAhYWfgk80QciHdUqEeaU4HpYWCd5xi/s1600/Infiorata+2015.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAyvjSsr4hsVmMfR3A1suwtZdSjrZzf2h5KMnWcOijNETshWyCtNMdHxmqAyM-UYa6raA8JTIT2NIKpCgkHFwIFxoHsNLjqB3n8jmO0NpNu30p2OAhYWfgk80QciHdUqEeaU4HpYWCd5xi/s320/Infiorata+2015.jpg" width="208" /></a>Il nome “Torricella” deriverebbe dall’esistenza, in passato, di un antichissimo castello (“lu castille”, in dialetto torricellese), dal quale partiva un passaggio sotterraneo che conduceva in aperta campagna.<br />
“Sicura”, invece, è riferito alla presunta presenza, un tempo, dei Siculi; altre fonti asseriscono che si riferirebbe ad un luogo fortificato, quindi sicuro.<br />
<br />
Così, l’epiteto “Sicura”, venne aggiunto al nome di “Torricella”, qualche anno dopo l’Unità d’Italia, per ovviare alle tante omonimie presenti sul territorio del neonato Regno d’Italia. <br />
<br />
E’ stata la patria del carbonaro Adamo Galli, del garibaldino Pacifico Cappelli e, più recentemente, dei fratelli Giorgio e Saverio Romani, volontari nel Primo conflitto mondiale, del dottor Mario Capuani, eroe della Resistenza teramana, e del senatore Pietro De Dominicis, giovanissimo sindaco ventiseienne, che tanto fece e diede al territorio e alla sua gente.<br />
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La Chiesa parrocchiale in piazza, ultimata nel 1806, è dedicata a San Paolo Apostolo.<br />
Altra bella chiesa, che si trova in mezzo al paese nel verde degli abeti, è quella della Madonna delle Vergini (largo antistante via IV Novembre) con due graziosi altarini laterali ricavati dalla roccia di tufo; fu eretta nel 1635, attualmente l’intero complesso è in fase di ristrutturazione. <br />
<br />
La Villa Capuani-Celommi è il fiore all’occhiello dell’Amministrazione comunale di Torricella Sicura.<br />
Dopo il restauro è diventata sede della Fondazione Pasquale Celommi Onlus ed ospita manifestazioni, mostre, convegni culturali, artistici e gastronomici.<br />
Ultimamente è diventata anche un’eccellente location per set fotografici e book matrimoniali.<br />
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Un’altra peculiarità torricellese è il Presepe e Museo Etnografico “Le Genti della Laga” (via Rita Censoni) che, da oltre dieci anni, viene allestito dai coniugi Gino Di Benedetto e Fabrizia Di Girolamo in una struttura permanente, messa a disposizione dal Comune.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO0LjiBkT3tZfHVE7bxI0JGGpqqM1SkY4ydaE9WFvWfoQhyJDSuUSA5-XMrra493036kUBuVUWJ7jXIfuS5ktBEI1Z87qFG3taLC_rqep_-k80DtYGZzK5lmTJ01gmqDZDqCbvNCzGVBX5/s1600/Panorama+di+Torricella+Sicura.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhO0LjiBkT3tZfHVE7bxI0JGGpqqM1SkY4ydaE9WFvWfoQhyJDSuUSA5-XMrra493036kUBuVUWJ7jXIfuS5ktBEI1Z87qFG3taLC_rqep_-k80DtYGZzK5lmTJ01gmqDZDqCbvNCzGVBX5/s320/Panorama+di+Torricella+Sicura.jpg" width="320" /></a>E’ il presepe più grande d’Abruzzo, si sviluppa su una superficie di 700 mq con 3 aree ben distinte: una sezione museale relativa alla passata civiltà contadina ed urbana del nostro territorio; l’altra, composta da miniature, in scala 1:4/5, che si animano e rappresentano scene di vita della citata civiltà dell’epoca; la terza, infine, è quella che riguarda la Natività, ovvero il presepe vero e proprio.<br />
<br />
Da dieci anni, a Torricella Sicura, la festività del Corpus Domini è vissuta con maggiore solennità, grazia all’Infiorata, realizzata dall’Associazione “Truciolinarte”, che colora il centro cittadino con tappeti di trucioli colorati raffiguranti temi religiosi.<br />
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Nel campo culinario, fra le tante altre specialità, si annovera il “Minestrone alla Torricellese” menzionato, a suo tempo, dallo scomparso Rino Faranda nel volume di “Gastronomia teramana” (Tercas – Edigrafital SpA, Sant’Atto TE, 1991).<br />
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<div style="text-align: center;">=========================</div><br />
Pietro Serrani pietro.serrani@tin.it<br />
foto Franco Giuliani e Pietro Serrani<br />
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</div>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-76994051494209347492015-08-29T21:19:00.002+02:002015-12-05T18:39:39.011+01:00Nell'antico borgo delle aquile: Castrovalva!<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><i>"Ad Anversa restano i ruderi di un palazzo edificato da un De Sangro. Scritto al Sindaco per sapere se tra le pietre vi sia lo stemma gentilizio della famiglia. (Esiste un'iscrizione già nota). Un signor Di Gusto mi risponde che non si trova alcuna traccia di stemma. Ora, tu che sai tutto, potresti indicarmi lo stemma ..."</i><br />
<b>Gabriele d'Annunzio</b><br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWcWsrFznRPOPxRfih9kPIXHTLTSdSCERlG0tZERrNKZQIi-IXRvbkTfn-lHCd5pdeBYnz7cWez0S9Pc_NZu181t2UM9tyWU29bUe7gx2Ya5FbCYmoRWFt01Nw_vZGETFEpqVhU9tRXk1V/s1600/A+NIDO+D%2527AQUILA+SULLE+GOLE.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiWcWsrFznRPOPxRfih9kPIXHTLTSdSCERlG0tZERrNKZQIi-IXRvbkTfn-lHCd5pdeBYnz7cWez0S9Pc_NZu181t2UM9tyWU29bUe7gx2Ya5FbCYmoRWFt01Nw_vZGETFEpqVhU9tRXk1V/s320/A+NIDO+D%2527AQUILA+SULLE+GOLE.jpg" width="320" /></a></div>C’è chi insiste a cercare forme di vita nelle altre galassie, dimenticando che qui, in terra, a volte l’uomo scompare da piccoli paesi di montagna che, in men che non si dica, diventano irrimediabilmente delle incantate ghost town per gran parte dell’anno. <br />
<br />
In questi antichi abitati, alcuni dei quali si ripopolano nelle due settimane a cavallo del ferragosto, si aggirano fantasmi: donne alla fontana con grembiuli e fazzoletti in testa, bambini sulla porta di una scuola che non esiste, uomini piegati sotto il peso delle balle di fieno, vecchi all'osteria per la “passatella”, ragazze al balcone in fiore.<br />
C’è qualcosa di commovente e anche di macabro nell'abbandono di un borgo o di una valle.<br />
<br />
Eppure qualcosa in controtendenza pare muoversi. <br />
Castrovalva, antichissimo abitato a nido d’aquila sulle gole del Sagittario, una manciata di curve da Anversa degli Abruzzi, sta tornando a vivere. <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieEZgpIv9mcGxNnoeZx4BVySiFrARJySdb_AQEFkGVkMqd0eTE0XUbND9-tpbOznpBYNoerSXjKQ4sEhwn9FReQewuGHU0kE88NOycTw3wRrDRDZoGv6qkW0r0nHROxSNPwgpK7y2IBop7/s1600/PANORAMA+DAL+PAESE.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieEZgpIv9mcGxNnoeZx4BVySiFrARJySdb_AQEFkGVkMqd0eTE0XUbND9-tpbOznpBYNoerSXjKQ4sEhwn9FReQewuGHU0kE88NOycTw3wRrDRDZoGv6qkW0r0nHROxSNPwgpK7y2IBop7/s320/PANORAMA+DAL+PAESE.jpg" width="320" /></a></div>Un artigiano, un mago della pietra, sta ricostruendo un po’ alla volta tutte le antiche case, su commissione dei figli di chi, un tempo, abitava questo luogo selvaggio ma incredibilmente bello.<br />
<br />
Vero che d’inverno Castrovalva torna a essere un set buono per un film di Tim Burton o un racconto di Stephen King, ma oggi, possiamo dire che l’utopia della montagna può essere vinta.<br />
<br />
Gli abitanti custodiscono memoria anche per chi, pur ristrutturando o magari lasciando in abbandono la vecchia casa, non ha tempo per arrivare fin quassù.<br />
Una buona notizia dato che interi borghi medievali, dimenticati dalle famiglie di un tempo, oggi finiscono on line per offerte di acquisto su eBay, schegge di Far West, autentiche Spoon River cadute in disgrazia. Questo è un graffio indelebile e profondo al patrimonio artistico e antropologico italiano. <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRqFCX8Kt6W0EgQPuo8jqbkO4TkEMPd0bP2uXQZyhjD-J0EJk1z0QMrbN-zhgyGWzwNyjEuaDlPEs_kW0SOZ_y9FSnHb3UW-DYBU9FT5w_KtGGQ8QRLrEFQSvfjcH-lFv0yWhGwQhSYKmO/s1600/LA+STRADA+CHE+SI+INERPICA+SULLE+GOLE+PER+CASTROVALVA.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRqFCX8Kt6W0EgQPuo8jqbkO4TkEMPd0bP2uXQZyhjD-J0EJk1z0QMrbN-zhgyGWzwNyjEuaDlPEs_kW0SOZ_y9FSnHb3UW-DYBU9FT5w_KtGGQ8QRLrEFQSvfjcH-lFv0yWhGwQhSYKmO/s320/LA+STRADA+CHE+SI+INERPICA+SULLE+GOLE+PER+CASTROVALVA.jpg" width="320" /></a></div>Ho deciso di andare a vedere.<br />
La strada sale tortuosa, stretta, tornante dopo tornante.<br />
Ad ogni curva, il panorama diventa paurosamente bello.<br />
Mi sto arrampicando lungo il fianco di una montagna che precipita vertiginosamente sul fiume Sagittario e sulle sue gole.<br />
Qualcosa da mozzare il fiato. <br />
<br />
È una situazione ancestrale che per ironia della sorte, può essere il motivo per cui Castrovalva rimane ai margini dai più battuti percorsi turistici.<br />
A una decina di chilometri si entra nella Valle dei Laghi e si arriva alla super visitata Scanno.<br />
Qui tutto stordisce per la bellezza! <br />
Affacciandoti dai bastioni della montagna pare di toccare Anversa degli Abruzzi. <br />
<br />
Per chi ha il coraggio di inerpicarsi con la sua auto, fin sopra al cocuzzolo dove è poggiata Castrovalva e, ancor più, per chi ci arriva dal ripido sentiero che sale dal fondo delle gole con la forza delle gambe, questo luogo dell’anima regala, silenzio, fascino, isolamento, immerso nella storia e nella natura.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJMJmGKdfqrDIfaNbIucQq67nRB1vYOOdmAeDnR4R6W991iV3FfIl-muD7BDugEm9txUT2NZbT1jmCM_1REwJjS1yi1AQs8BCRYRbARH6QwpslG8HvGHRYm4eK-zVxuXYjA8jCSNjNPj1F/s1600/escher+castrovalva.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJMJmGKdfqrDIfaNbIucQq67nRB1vYOOdmAeDnR4R6W991iV3FfIl-muD7BDugEm9txUT2NZbT1jmCM_1REwJjS1yi1AQs8BCRYRbARH6QwpslG8HvGHRYm4eK-zVxuXYjA8jCSNjNPj1F/s320/escher+castrovalva.jpg" width="249" /></a></div>È arrivando in cima che capisci il perché dell’amore che il grande artista olandese Escher nutriva per questo borgo.<br />
Era stato colpito dalle vedute aeree che si godono in paese e, durante questo lungo viaggio nel Sagittario, più di ottanta anni fa, immortalò gli scorci più significativi con la sua arte sopraffina.<br />
<br />
Accadde prima che l’artista raggiungesse Villalago e i suoi specchi d’acqua, il magnifico “paese del sud” di Pettorano sul Gizio, nel sulmonese, per poi dover abbandonare l’Italia, colpito dall’anatema del Fascismo.<br />
La litografia di Castrovalva è una delle più belle e famose di Escher, testimonianza di quanto il luogo avesse colpito la sua fantasia.<br />
<br />
Come dargli torto? <br />
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Il borgo, lungo e stretto, tagliato dai venti impetuosi che lo sferzano in inverno senza pietà, posizionato com’è sul crinale, non lascia nessuno indifferente.<br />
L’affaccio sul belvedere per vivere l’emozionale senso di vertigine, completa l’incanto del posto.<br />
Il paese è tipico della montagna abruzzese, con le sue case a incastro poggiate sulla dura pietra, a formare piccoli labirinti abitativi. <br />
<br />
Nel parlare brevemente di storia, lo storico del luogo, Antonio Genovese ricorda che il “Castrum Valvae” non era di origine romana ma bizantina.<br />
L’odierna Castrovalva, che comunque era abitata sin dalla preistoria, risale al XIV secolo ed è di quel periodo anche la chiesa della Madonna delle Grazie, protettrice del paese.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGMz95Ahv1zAl0o26cSTfhTMdl9yune-I1Fxbw6goylPUpymSRlYRBxiF2VxoBBoTVvUq-MdgQVUkpAdB3Ngnhyphenhyphen0zZziuxlUX9msEOxGnFxbIu583DKj6AKgo-zpmw6JItLqikn2O7WdI3/s1600/RIONE+DEL+MORRONE+A+CASTROVALVA.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGMz95Ahv1zAl0o26cSTfhTMdl9yune-I1Fxbw6goylPUpymSRlYRBxiF2VxoBBoTVvUq-MdgQVUkpAdB3Ngnhyphenhyphen0zZziuxlUX9msEOxGnFxbIu583DKj6AKgo-zpmw6JItLqikn2O7WdI3/s320/RIONE+DEL+MORRONE+A+CASTROVALVA.jpg" width="212" /></a></div>In realtà pare che il borgo fosse nato a opera di un accampamento militare di stanza su questo monte che era detto Dell’Angelo.<br />
Qui, spesso, le truppe rimanevano per mesi a guardia della valle, luogo strategico d’ ingresso nell’Abruzzo meridionale per chi voleva conquistare il centro Italia. <br />
Sant'Angelo divenne monte San Michele.<br />
<br />
Da qui, per secoli, i soldati che di notte avvistavano i nemici alle porte del Sagittario, usavano segnali luminosi con fuochi, per mettersi in contatto con il comando posto a Rocca Casale, non lontano da Sulmona.<br />
Di lì le notizie giungevano alla capitale di allora, il distretto romano di Corfinio, nel cuore della vallata peligna.<br />
<br />
Mi affaccio dalla parte di Anversa per guardare l’orrido.<br />
Si notano anche remote grotte carsiche su pareti ripidissime dove nidificano le aquile.<br />
Forse anche qui, persi nella vegetazione, ci sono degli eremi che raccontano di personaggi straordinari che con scelta ascetica hanno sperimentato un rapporto eroico con la natura selvaggia e primordiale. <br />
La voce dell’uomo, quasi baritonale alle mie spalle, mi fa trasalire.<br />
Un viso asciutto e gradevole se non fosse che la sua pelle ha uno strano colore dattero maturo. <br />
Vuole solo, gentilmente, darmi informazioni.<br />
<br />
Questo luogo è detto del “Morrone”, mi dice.<br />
Spiega che i morroni erano degli avanzi di costruzioni molto antiche.<br />
Proprio qui c’è la parte più vetusta del paese.<br />
E mi fa vedere il luogo dove, anni fa, furono rinvenute monete d’argento databili, forse, all'anno Mille.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0_g23hA2pUw2JgIKY5fP1nAwbHu7RftriXrHpUQaSIa9nfxcoOiD9F7Lf5M4FCMbls8JtkYHSTC6Mb_-ihAQBNzeyzI2xGXjrJ4uuOCHl5ELD5ryXCZrinEoS6APF2vVvM5fzlcikPri_/s1600/UNO+DEI+TANTI+AFFACCI+SULLE+GOLE.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0_g23hA2pUw2JgIKY5fP1nAwbHu7RftriXrHpUQaSIa9nfxcoOiD9F7Lf5M4FCMbls8JtkYHSTC6Mb_-ihAQBNzeyzI2xGXjrJ4uuOCHl5ELD5ryXCZrinEoS6APF2vVvM5fzlcikPri_/s320/UNO+DEI+TANTI+AFFACCI+SULLE+GOLE.jpg" width="320" /></a></div>L’uomo, senza presentarsi, mi invita a seguirlo. Indica, dalla minuscola piazza centrale, la parte alta dell’abitato.<br />
Lì c’era la chiesa dedicata a San Michele.<br />
<br />
Fino agli anni Trenta, è stata grande la devozione per questo santo che veniva festeggiato con una sagra e processione.<br />
Oggi del tempio rimangono solo delle pietre antiche. <br />
<br />
Le parole del gentile cicerone mi fanno immaginare un paese che non c’è più.<br />
Il tempo scandito dalle campane della chiesa madre, una melodia di poche note prima di battere le ore, il suono che echeggia fin sotto la valle.<br />
I tocchi a dare malinconia per il tempo andato che nessuno può far tornare.<br />
<br />
Era come se il tempo avesse un respiro comune e tenesse insieme tutte le anime! <br />
I vecchi del paese da quelle campane erano governati.<br />
Ne aspettavano i rintocchi per rimandare le poche bestie nei ricoveri, per smettere il lavoro e riposare.<br />
Oggi nelle città le campane suonano nell'indifferenza, sommerse dai rumori del traffico o dallo sferragliare dei tram.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNlsOcWF7hB9F9b0a6quyTf3BbIMVr91vt4TbtTX4rpjno9Tp3y3mNFiocTkvV5KlTv7vKnkxUNRXE1FXVY2NVmXy6nJREdIQDe9BXqwHeNsS3jtdWmmkHEjXv13-0jkUnrfG18DUlcXRo/s1600/SUL+TETTO+DEL+MONDO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNlsOcWF7hB9F9b0a6quyTf3BbIMVr91vt4TbtTX4rpjno9Tp3y3mNFiocTkvV5KlTv7vKnkxUNRXE1FXVY2NVmXy6nJREdIQDe9BXqwHeNsS3jtdWmmkHEjXv13-0jkUnrfG18DUlcXRo/s320/SUL+TETTO+DEL+MONDO.jpg" width="320" /></a></div>Guardandosi bene intorno, si intuisce l’incastellamento del paese, la sua importanza come accesso principale del meridione della valle peligna, le sue fortificazioni e dove si trovava la rocca, zona che oggi è chiamata del “Castellaccio”. <br />
<br />
Si capisce perfettamente perché Longobardi, poi Aragonesi e Angioini, benvoluti dalla potente dinastia dei Caldora, abbiano voluto abitare questo luogo così impervio. <br />
<br />
È stato un bel viaggio in uno scampolo di mondo estraneo al paesaggio urbano, diverso anche dalle campagne coltivate, un mondo dove la mano umana ha i suoi confini oltre i quali la natura non permette ingerenze. <br />
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<div style="text-align: center;">=========================</div><br />
Come arrivare: A25, uscita COCULLO, proseguire per 11 km in direzione Anversa degli Abruzzi/Castrovalva. <br />
Per info rivolgersi al comune di Anversa degli Abruzzi al telefono 086449115 o alla Riserva Naturale delle Gole del Sagittario 086449587 <br />
<br />
</div>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-24273256378914172662015-08-23T07:11:00.002+02:002015-12-05T18:40:19.267+01:00Nelle gole del Sagittario: Anversa degli Abruzzi!<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on"><b>Il Parco Letterario di Anversa degli Abruzzi!</b><br />
<br />
<i>“Se vieni con me per un sentiere che hai passato cento volte, il sentiere ti sembrerà novo”</i> (Gabriele D’Annunzio) <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6ekOcHmEGwxCqLV6hOpMIzPnFZMtBH5R7-US2EnB8STpnlPhXMJtSLetYteTKJhDTvqjErsyvOpsHe9lg2twpbZiFOKp_Kk71Ehw_3ikGYIz9f5SD1eaP5_3WhBu90BZu7a9lw3tdTQMG/s1600/STRADA+PER+SCANNO+SOPRA+GOLE+DEL+SAGITTARIO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6ekOcHmEGwxCqLV6hOpMIzPnFZMtBH5R7-US2EnB8STpnlPhXMJtSLetYteTKJhDTvqjErsyvOpsHe9lg2twpbZiFOKp_Kk71Ehw_3ikGYIz9f5SD1eaP5_3WhBu90BZu7a9lw3tdTQMG/s320/STRADA+PER+SCANNO+SOPRA+GOLE+DEL+SAGITTARIO.jpg" width="320" /></a></div>Arrivo ad Anversa degli Abruzzi che il cielo ha appena finito di buttare giù acqua e sta schiarendo. <br />
Qui si gode uno degli scorci sicuramente più belli dell’intero Abruzzo.<br />
Le affascinanti Gole del Sagittario accolgono grandi bastionate verticali che, in una bellezza senza fine, precipitano i loro profili merlati e aguzzi fino al fiume.<br />
<br />
Le acque scorrono impetuose, facendosi strada tra le rocce. <br />
<br />
Il comune secolare di Anversa pare proteggersi da questa natura prepotente con le sue mura fortificate a strapiombo su di un dirupo.<br />
L’abitato, nella parte più profonda della provincia aquilana, è a 600 metri di altezza.<br />
Questa è una delle tante Riserve naturali che si succedono senza fine per tutto il territorio abruzzese, oasi gestita dal WWF nei suoi 450 ettari.<br />
Insieme alle Gole di San Venanzio nel Parco regionale del Velino Sirente, rappresenta quanto di più wilderness si ricerchi in regione. <br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3-yrEPEG-VchshCzRKckgZTKmaXBO_SsMIgrp-bDOVz9zQK9EVX2HxyVrtgmqpu8XOK4CuveZGKULoirAUKwGGpZTwNKe06XFZAMRtq9c2IbSNrHCzubjf1r1L3zek_H8lfFEHhyphenhyphenig8jn/s1600/PARTICOLARE+DEL+CENTRO+STORICO.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj3-yrEPEG-VchshCzRKckgZTKmaXBO_SsMIgrp-bDOVz9zQK9EVX2HxyVrtgmqpu8XOK4CuveZGKULoirAUKwGGpZTwNKe06XFZAMRtq9c2IbSNrHCzubjf1r1L3zek_H8lfFEHhyphenhyphenig8jn/s320/PARTICOLARE+DEL+CENTRO+STORICO.jpg" width="170" /></a>Nel Sagittario, però, dimorano orsi marsicani, lupi, cervi e caprioli, in cielo volteggiano piccoli rapaci, valore aggiunto per un territorio protetto. <br />
È la ricca avanguardia della fauna che ospita il vicino Parco Nazionale d’Abruzzo, vero eden per chi ama avvistare animali selvaggi. <br />
<br />
Siamo in un angolo d’Abruzzo amato da grandi personaggi. <br />
<br />
Come dimenticare le continue incursioni di <b>Gabriele D’Annunzio</b>, che arrivava fin qui a dorso d’asino per trovare ispirazione.<br />
Il vate, passeggiando tra le strette rue del paese, realizzò una delle sue tragedie più famose, <i>“La fiaccola sotto il moggio”</i> nel lontano 1905. Veniva da un grande successo di un’opera dell’anno prima, sempre ambientata in Abruzzo.<br />
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Volle bissare con una storia che riportava esperienze nella valle del Sagittario che aveva avuto quando era diciottenne nel 1881 e, un successivo viaggio in carrozza nel 1896, in compagnia di una delle sue tante amanti, tale Maria Gravina. <br />
L’Abruzzo che viene narrato dal grande poeta, è barbarico, misterioso, abbarbicato su “di un Sagittario che si rompe a schiuma”, mentre magicamente arroccate, le case di Castrovalva ardono sul “sasso rosso”. <br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif9MJdzC34ofyncY9ZM6m9FUIXmUVv3mhyJeEcXxWqbw_p7Xa4T8Zedy_5auPd4ih_FNCKPc-WMhzDbZJmedyivYiaVQV5rYk2IFA_k4vWAqSUsF2_tipss4R0V_iBeBHEmm20roLXMBjl/s1600/CHIESA+SAN+MARCELLO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEif9MJdzC34ofyncY9ZM6m9FUIXmUVv3mhyJeEcXxWqbw_p7Xa4T8Zedy_5auPd4ih_FNCKPc-WMhzDbZJmedyivYiaVQV5rYk2IFA_k4vWAqSUsF2_tipss4R0V_iBeBHEmm20roLXMBjl/s320/CHIESA+SAN+MARCELLO.jpg" width="204" /></a>A lui, il borgo secolare ha dedicato un “Parco Letterario”, uno dei pochi esempi esistenti al mondo, un percorso dell’anima nel quale si legano le emozioni di viaggiatori illustri che qui hanno tratto ispirazione per grandi opere artistiche e letterarie, in un ambiente che oggi appare protetto. <br />
<br />
Sono passati, stupendosi forte di tanta bellezza, anche artisti del calibro di <b>George Gordon Byron,</b> <b>Francesco Paolo Michetti</b>, <b>Edward Lear.</b><br />
<br />
Anversa, d'altronde, è davvero uno dei borghi più belli d’Italia.<br />
I suoi resti di mura fortificate costruite sui dirupi, riportano a un passato glorioso e importante. <br />
<br />
M’inerpico sulla salita che porta nel cuore del centro storico, che si dipana in vicoletti soprastanti la piazza centrale, luogo di incontro soprattutto serale. <br />
Questi paesi sono sempre piazzati su cocuzzoli e visitarli significa sgambare alla grande!<br />
È una serie di sottopassaggi, volte ad arco e piccoli edifici storici. M’insegue un delizioso profumo di biscotti e pane fragrante, appena sfornato dal tradizionale forno posto alla curva della strada principale. Da lì ci si affaccia, mirabilmente, sulla parte iniziale delle gole. <br />
<br />
Qualcuno al bar in piazza, mi ha detto di cercare la signora Minietta al secolo Emilia, una quasi centenne che ha ancora la testa a posto e ricorda tutto quello che è accaduto in paese.<br />
Da Anversa lei non si è mai mossa.<br />
Me la indicano mentre sta godendo di un raggio di sole che sbuca dal dedalo dei tetti. <br />
La vecchina ha visto la storia scorrere, ricorda perfettamente le due guerre.<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhtyIQWwGAHdVNzJn-BQD6tK_aWAPEZYw0ZLN5_cY3zOmaffPTO4cc1Qcwzo8L66Q9v9oJsHP-LrzggDxqTg4T0_7DK35Wdd3uQp0JcJiC0hSy2LYfPqxzE-WrSmVOjNatEArMQjmENlpJ/s1600/PARTICOLARE+PORTALE+DELLE+GRAZIE.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhhtyIQWwGAHdVNzJn-BQD6tK_aWAPEZYw0ZLN5_cY3zOmaffPTO4cc1Qcwzo8L66Q9v9oJsHP-LrzggDxqTg4T0_7DK35Wdd3uQp0JcJiC0hSy2LYfPqxzE-WrSmVOjNatEArMQjmENlpJ/s320/PARTICOLARE+PORTALE+DELLE+GRAZIE.jpg" width="320" /></a>Non so se ha ancora ben chiaro chi fosse quel poeta altezzoso ed elegante che girava in estate per il borgo.<br />
Gli dico D’Annunzio e non sussulta.<br />
<br />
La vedo invece attenta quando rispondo alla sua domanda su chi mi avesse parlato di lei e da quale parte dello Stivale io sia arrivato.<br />
<br />
Racconta di quando la sua famiglia era povera e il papà cercava sempre l’amico con due caprette per chiedere latte da dare alla bambina.<br />
Con un impeto antico ricorda perfettamente i nomi dei ricchi del paese, quelle famiglie che ogni giorno avevano sulla tavola ogni ben di Dio.<br />
Lei, però, li ha visti andare tutti sotto terra.<br />
Ricorda anche il voto dato per fare dell’Italia una Repubblica e mi pare, dal ghigno, che se ne sia pentita.<br />
<br />
Una folata di vento scompiglia i suoi capelli d’argento mossi birichini da una pettinatura impertinente della nipote, giunta in vacanza da Roma dove di mestiere fa la parrucchiera. <br />
È il caso di andar via, la vecchina mi pare stanca, quasi assente, forse chiusa nei suoi ricordi a risparmiare energie così vitali a quella veneranda età.<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCLRhzbU43P3K-oY7svzdomwRpR103xMVHr5Gx9o86I_eXbVFL3ZbkKLtSTfG3YbDtTky8rcTqysqaEiANQSMxLiZL8CqGsw3jQrtJA2ZNCt5KUAwt_dCm1BF-3h36op9HsekeKgbyihJB/s1600/PORTALE+DI+SAN+MARCELLO.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCLRhzbU43P3K-oY7svzdomwRpR103xMVHr5Gx9o86I_eXbVFL3ZbkKLtSTfG3YbDtTky8rcTqysqaEiANQSMxLiZL8CqGsw3jQrtJA2ZNCt5KUAwt_dCm1BF-3h36op9HsekeKgbyihJB/s320/PORTALE+DI+SAN+MARCELLO.jpg" width="320" /></a>Peccato, avrei voluto sapere di più di una galleria dei volti del ‘900. <br />
<br />
Arrivo alla cinquecentesca chiesa di Santa Maria delle Grazie.<br />
Scatto foto del bel portale rinascimentale in pietra calcarea, anno 1540, con un inedito rosone contornato da serpenti attorcigliati.<br />
<br />
Le serpi non potevano mancare.<br />
A pochi chilometri c’è Cocullo, il famoso borgo dei rettili dove il primo maggio si rievoca i miracoli e le gesta del santo dei “serpari” Domenico.<br />
L’asceta se ne stava nella valle dei laghi, in un eremo a una manciata di curve dalla famosa località turistica di Scanno, cibandosi di bacche e chissà quali altre “delizie”.<br />
<br />
Ogni tanto, tra una preghiera e l’altra, riusciva, secondo un’abbondante tradizione orale, a far compiere miracoli all'Onnipotente. <br />
L’interno della chiesa delle Grazie contiene un bell'altare con decorazioni scolpite a grottesche e un tabernacolo ligneo di buona fattura. <br />
C’è da stringere i denti e salire ancora per visitare le rovine del Castello Normanno del XII secolo, distrutto completamente dal terremoto del 1706. <br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYXnD9UtWj1tIC1hh-3nryneBXURu-MSnHTO0P5hkZ-ViuFnLQdtcNgzzMdbloRoaHiL6FiK_lw2yAFPyom0Qu8-jePrRc0JkzPMbcH0t2RTFd7WwMLrtFHJ9_sjBYZTf4Scq11nEnGMF6/s1600/GOLE+DEL+SAGITTARIO+SFOCIANO+NELLA+VALLE+DEI+LAGHI.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYXnD9UtWj1tIC1hh-3nryneBXURu-MSnHTO0P5hkZ-ViuFnLQdtcNgzzMdbloRoaHiL6FiK_lw2yAFPyom0Qu8-jePrRc0JkzPMbcH0t2RTFd7WwMLrtFHJ9_sjBYZTf4Scq11nEnGMF6/s320/GOLE+DEL+SAGITTARIO+SFOCIANO+NELLA+VALLE+DEI+LAGHI.jpg" width="320" /></a></div>Qui, ogni volta che si abbatte un sisma dalla vicina piana del Fucino, si perde un pezzo di storia. <br />
<br />
La rocca fu edificata allo scopo di controllare uno dei più importanti accessi meridionali alla Valle Peligna.<br />
Fu dimora dei Conti di Sangro, che ampliarono questa importante fortificazione strategica. <br />
<br />
La rocca è importante anche perché, molte scene della “Fiaccola sotto il moggio”, si svolgono proprio qui.<br />
Oggi il fortilizio è diruto.<br />
<br />
Ridiscendendo, merita attenzione anche l’antichissima chiesa di San Marcello dell’XI secolo col suo portale tardo gotico, dai motivi antropomorfi. <br />
Se avessi la gamba di un tempo potrei affrontare il suggestivo Sentiero Geologico delle gole che, dalle sorgenti di Cavuto s’inerpica tutto in salita, verso l’incredibile nido d’aquila del minuscolo paesino di Castrovalva. <br />
Forse sarà meglio arrivarci in auto! <br />
<br />
<div style="text-align: center;">=========================</div><br />
COME ARRIVARE AD ANVERSA<br />
In auto<br />
Autostrada A 25 Roma-Pescara, uscita casello di Cocullo, Strada Provinciale n.479 da Sulmona. <br />
Info: Comune e Riserva 086449115 Dormire e mangiare anche nelle vicine Villalago, Cocullo, Scanno.<br />
<br />
</div>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-49749125634946206142015-08-14T16:41:00.005+02:002015-12-05T18:34:28.848+01:00A Scanno, nel paese più fotogenico d'Abruzzo!<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi924aerUGE0h5aA0k5jXZ0JLSW_omKwRYn8qKDrXl6szP2XbC3FDBo0R-lMcKzr-HtCy29I5700VX-44rX1_V7Pg2qPg90-VS6Ox7UHcQtZAj-6C0No_q3makKzc8WGdhOuZ1dE945zfqt/s1600/VALLATA+DI+PASSO+GODI.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi924aerUGE0h5aA0k5jXZ0JLSW_omKwRYn8qKDrXl6szP2XbC3FDBo0R-lMcKzr-HtCy29I5700VX-44rX1_V7Pg2qPg90-VS6Ox7UHcQtZAj-6C0No_q3makKzc8WGdhOuZ1dE945zfqt/s320/VALLATA+DI+PASSO+GODI.jpg" width="320" /></a></div>
La gramigna vetta è chiusa in una morsa di nembi grigi.<br />
Il pastore che si avvicina con le sue pecore ha la faccia bruna e il pizzetto da satanasso.<br />
<br />
La vecchia casa dall'orto disfatto si oppone a fatica al vento.<br />
Il pelo bianco dell’arcigno guardiano abruzzese si drizza a ogni folata.<br />
<br />
Lo sguardo del grosso cane atterrisce. <br />
Le gambe del vecchio transumante sono venate di blu e i piedi, rattrappiti, sembrano radici contorte sotto i pantaloni corti che paiono sottratti al figlio giovane. <br />
Me lo avevano detto ma stentavo a crederci. <br />
A Scanno c’è ancora qualche pastore italiano che si ostina a esser tale e a non servirsi di macedoni.<br />
Da Gregorio, nell'azienda agricola Valle Scannese che mi ospita, le pecore sono così tante che gli stranieri, invece, sono indispensabili. <br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRKfU0wwjmThMAigFcDTejiqMOfkE4e3pO2BivL8NCIpUpMyTEfTIy5dvHyqsiHmsozNgxdv4EMRUQDobkQ2QedMpIWEFyqwp7DH-_mXeLVsr9k_nzXS9rRw-6gJAHNmFXIQIIFYwGDq-h/s1600/CARATERISTICO+BORGHETTO+SCANNO.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgRKfU0wwjmThMAigFcDTejiqMOfkE4e3pO2BivL8NCIpUpMyTEfTIy5dvHyqsiHmsozNgxdv4EMRUQDobkQ2QedMpIWEFyqwp7DH-_mXeLVsr9k_nzXS9rRw-6gJAHNmFXIQIIFYwGDq-h/s320/CARATERISTICO+BORGHETTO+SCANNO.jpg" width="320" /></a>Il vecchio non vuole tanto parlare, è come appesantito dai giorni vissuti.<br />
Indica le bestie come a dire che tutti questi anni sono uguali l’uno all'altro. <br />
<br />
Eppure, quanti ricordi potrebbe regalarci.<br />
L’uomo comunque pare di buona indole.<br />
<br />
<br />
Il carattere non ce lo scegliamo, credo, ci viene donato e non certo costruito.<br />
<br />
Lo consegna il buon Dio, insieme a polmoni, fegato, pancreas. <br />
Mi avvio verso l’agriturismo posto a pochi chilometri da Scanno sulla tortuosa e panoramica strada del Passo Godi che porta a Villetta Barrea, mentre le prime grosse gocce di questa perturbazione agostana scendono giù dal cielo nero. <br />
Qui il tempo pare essersi fermato. <br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbVM9Ug5f7AHzmeIRbsQggBI_aGL6lwtTI5UypBQNIi36DalzMA0jTLtDi3aIdPZUe9RwrGuhQ3ezBaFXwrfpc8B4U-Bk8N-nFIc7xyrsum_QMbtfXYLygILkA_gp-lKfrj1KFSjs02KBJ/s1600/GIOIELLI+SCANNESI+IN+FILIGRANA.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbVM9Ug5f7AHzmeIRbsQggBI_aGL6lwtTI5UypBQNIi36DalzMA0jTLtDi3aIdPZUe9RwrGuhQ3ezBaFXwrfpc8B4U-Bk8N-nFIc7xyrsum_QMbtfXYLygILkA_gp-lKfrj1KFSjs02KBJ/s320/GIOIELLI+SCANNESI+IN+FILIGRANA.jpg" width="199" /></a>Siamo nel cuore dell’antichissimo tratturo che le greggi attraversavano fino a Candela di Foggia.<br />
Non mi resta che mangiare.<br />
D'altronde, ditemi, ci può essere scorribanda che prescinda dalla buona cucina o piatto tipico che non contribuisca alla cultura e alla conoscenza dei luoghi che si visitano?<br />
Scanno, borgo caratteristico ai margini del Parco Nazionale d’Abruzzo, il più vetusto d’Italia, non è famoso solo per il suo bellissimo lago, unico naturale in regione. <br />
I suoi gioielli “presentosi” creati in filigrana dalla fervida fantasia e maestria degli artisti di bottega, le tradizioni difese a oltranza, l’aria buona, i pizzi lavorati al tombolo, i centrini, gli scialli e le tovaglie artigianali, oltre alla buona cucina, fanno di Scanno una meta ambita in tutto il mondo. <br />
<br />
Ho voluto ripercorrere la strada fatta dal geniale disegnatore Maurits Cornelius Escher, solitario precorritore di montagne d’Abruzzo.<br />
L’olandese era giunto ad Anversa degli Abruzzi, luogo che ispirò il vate D’Annunzio nella sua tragedia “La fiaccola sotto il moggio”, recandosi nel pittoresco borgo di Castrovalva, sospeso a nido d’aquila sulle severe rocce delle gole del Sagittario.<br />
Qui creò un dipinto del paese costruito sulle pareti della montagna. <br />
Poi arrivò a Scanno e l’emozione fu grande.<br />
Si trovò davanti a un abitato scenografico: un’armonica somma di stili, dal medioevo al barocco, passando per il rinascimento.<br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj0BM3hu2UbgLIFpqWRPBfUxIIqzj8z7ApaTMpzM037hcLIK-jdoV2Qb-KnZZLsEgXEobheSqkiFRXRM0XHDnnH2MpKH41lxXAPxTIiPYlrJ3lerBu9p1eNXsD2MKhOsWaNlIA8uFwWRfV/s1600/ANTICA+FOTO+COSTUMI.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgj0BM3hu2UbgLIFpqWRPBfUxIIqzj8z7ApaTMpzM037hcLIK-jdoV2Qb-KnZZLsEgXEobheSqkiFRXRM0XHDnnH2MpKH41lxXAPxTIiPYlrJ3lerBu9p1eNXsD2MKhOsWaNlIA8uFwWRfV/s320/ANTICA+FOTO+COSTUMI.jpg" width="212" /></a>Il centro storico caratteristico con le sua case addossate, i palazzotti gentilizi, le scalinate, il tessuto urbano di vicoli e archi lo colpirono allo stesso modo in cui rimase basito nel 1846, Edward Lee.<br />
<br />
Avevano scoperto uno dei borghi più fotogenici d’Italia!<br />
Quanto scrittori hanno ricercato ispirazione negli angoli più suggestivi di questo paese incredibile! <br />
<br />
A tavola portano un trionfo di formaggi fatti da Gregorio e figli, caciocavallo e pecorino in primis, poi gnocchi della casa, agnello locale con cicoria ripassata in padella e un vinello di uve montepulciano niente male.<br />
<br />
Per finire una ricottina calda, appena fatta con sopra la marmellata di uva e la crostata con l’uva canina. <br />
<br />
Sono in un vero agriturismo, per giunta bio, non inventato per strappare contributi statali!<br />
Finalmente satollo e soddisfatto, riesco a guardarmi intorno.<br />
Le foto alle pareti sono deliziose.<br />
Le donne antiche sono vestite con i costumi tipici della festa. Raccolgono i loro capelli stretti nelle crocchie e mi chiedo quanto lavoro occorresse per pettinarli.<br />
Tra i visi rugosi si insinuano anche sguardi infantili di bambini anch’essi agghindati nei fantastici costumi scannesi. <br />
<br />
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“Se vuoi vederle basta andare a messa stasera a Santa Maria della Valle.<br />
Le trovi tutte lì le vecchine e pare che il tempo si sia fermato”.<br />
Il tempo pare volgere al bello, finalmente.<br />
<br />
Mi reco in paese e, quindi alla parrocchiale. <br />
È bella la facciata rinascimentale con il portale del secolo XVI di scuola borgognona.<br />
<br />
Anche il campanile cinquecentesco, di quasi 40 metri, è niente male con la sua torre quadrata.<br />
Il rosone è rifatto dopo il danneggiamento del terremoto di Avezzano del 1915.<br />
<br />
<br />
<br />
L’interno è a tre navate, anch'esso rifatto a causa dei rovinosi terremoti del settecento.<br />
Il pavimento in cotto rosso è stato appena realizzato, poco prima del duemila.<br />
Bello il pulpito e belli i confessionali in noce.<br />
Interessanti gli affreschi seicenteschi di Sant'Eustachio, San Biagio e l’Assunta.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrhuccYWILe8-TiMIUtGnKp3sWNvkKU74SFvN2PUiLciyfSrAQQO8faVCHK78eCnreandkR6fbMKs4mOtPiRrMN5us7BnVcEQpE3DleXnPl_hDyQMSlHpN-bS8holQ1N3VhrtxNsqHpu0I/s1600/PITTORESCA+VIA+DEL+CENTRO+ANTICO.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrhuccYWILe8-TiMIUtGnKp3sWNvkKU74SFvN2PUiLciyfSrAQQO8faVCHK78eCnreandkR6fbMKs4mOtPiRrMN5us7BnVcEQpE3DleXnPl_hDyQMSlHpN-bS8holQ1N3VhrtxNsqHpu0I/s320/PITTORESCA+VIA+DEL+CENTRO+ANTICO.jpg" width="213" /></a></div>
I fedeli della domenica arrivano fin sotto l’altare maggiore con i marmi policromi del 1732, realizzato su disegno di Panfilo Ranalli di Pescocostanzo. <br />
Fra di essi ci sono diverse anziane che indossano il costume tipico. Sono bellissime da vedere.<br />
Sfileranno tutte nel giorno di ferragosto, quando si festeggerà l’Assunzione della Beata Vergine Maria.<br />
Le guardo e penso che anche fino a pochi attimi dalla fine della vita, non si rinuncia al proprio modo di essere.<br />
Guardando agli avambracci cadenti di queste che un tempo erano splendide donne, ma anche all'entusiasmo e alla fierezza con cui portano il loro bel vestito capisco che la trasformazione non è opera di un mago cattivo.<br />
<br />
Un prato è radioso in primavera ma è sotto silenzio, tra gelo e neve in inverno.<br />
Le stagioni della vita aiutano a incontrare Dio in situazioni sempre diverse.<br />
È splendido perdersi nei vicoli di Scanno! <br />
<br />
<div style="text-align: center;">
=========================</div>
<br />
Per arrivare a Scanno consiglio di prendere la A25 Pescara Roma, uscita Cocullo.<br />
Potrete così visitare la splendida Oasi delle gole del Sagittario, Anversa degli Abruzzi, il pittoresco borghetto di Castrovalva e Villalago con l’eremo di San Domenico, il santo dei serpenti di Cocullo.<br />
<br />
Per mangiare e dormire ci sono moltissimi agriturismo fuori Scanno, affittacamere in paese e alberghi sul lago. Sono tutti aperti anche in inverno quando si scia verso Passo Godi.<br />
L’agriturismo di cui parlo nell'articolo, è l’Azienda Agricola Rotolo Gregorio - località Valle Scannese (<a href="http://www.vallescannese.com/" target="_blank">www.vallescannese.com</a>). Al suo interno c’è un fornito punto vendita di prodotti biologici dell’azienda. <br />
Per contatti telefoni: 0864576043 – 3465043806- 3482886912.<br />
Concordate bene i prezzi che a volte risultano “ballerini”. <br />
<br />
Molte sono le botteghe artigiane degli orafi. Io ho acquistato con soddisfazione una “presentosa” in filigrana a un prezzo onesto ma si trovano anche "amorini" in collane, ciondoli e pendenti da orecchie, croci in oro, tutti rigorosamente di produzione artigianale.<br />
<br />
Sul lago, dove beatamente transitano anatre di ogni tipo, c’è la possibilità di fare picnic e di andare in pedalò. <br />
<br />
<div style="text-align: center;">
=========================</div>
Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog <a href="http://www.paesaggioteramano.blogspot.it/" target="_blank">Paesaggio Teramano</a> collegato alla rivista omonima.<br />
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di <a href="http://www.paesaggioteramano.blogspot.it/2011/01/il-blog-che-ti-fa-scoprire-labruzzo.html" target="_blank">visionare o fare il download</a> dei numeri della rivista già pubblicati.<br />
<div style="text-align: center;">
=========================</div>
</div>
Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-62495832804789959792015-07-13T19:03:00.002+02:002015-12-05T18:31:57.447+01:00Castellalto: L’antica Castrum Veteris<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">
Castrum Veteris Trasmundi non è solo un nome dal suono antico che rimanda ad echi lontani: è un viaggio alla ricerca del tempo perduto.<br />
Un itinerario dai contorni a volte sfumati.<br />
Eppure in questo caso ben definiti sul piano geografico. <br />
Dal belvedere la vista si apre, infatti, sull'immensa pianura solcata dal fiume Tordino, spaziando dal Gran Sasso all'Adriatico, in un incredibile reportage visivo dell’amena provincia teramana.<br />
<br />
<center>
<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="315" src="https://www.youtube.com/embed/FJgOwXRrq-w" width="420"></iframe></center>
<br />
Arrivo a Castellalto, in una giornata smagliante di tarda primavera, con il sole che scolpisce in lontananza le montagne.<br />
Il borgo antico è immerso in un silenzio quasi sacrale. <br />
L’abitato rustico e compatto, scolpito su di un costone roccioso come minuta opera d’arte, conserva sprazzi della sua antica struttura architettonica. <br />
<br />
Ricordo che, qualche anno, fa il professor Valerio Casadio dell’università di Roma, autentica enciclopedia vivente del paese, mi parlò delle origini, raccontandomi storie affascinanti di feudatari che cinsero il borgo di fortificazioni. <br />
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Nei suoi racconti, lo storico citò vecchie case nel cui interno esisterebbero dei depositi- magazzini sotterranei, con delle capaci cisterne che un tempo raccoglievano l’acqua piovana da utilizzare per gli usi quotidiani. <br />
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Castellalto, ancora oggi rende l’idea, osservando i resti dei bastioni perimetrali di difesa e il severo portale d’accesso, di quale incredibile baluardo dovesse essere per i suoi pendii a picco che rendevano quasi impossibile entrarvi. <br />
L’anima dei Castellaltesi è rimasta intatta nei secoli.<br />
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Un tempo era abitato da vecchi proprietari terrieri, pochi contadini, una manciata di valenti artigiani, sarti e calzolai che passavano di casa in casa, rimettendo in sesto il guardaroba di chi poteva permetterselo, ricevendo pagamenti in natura. <br />
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Il borgo è ricco di particolari caratteristici, reperti architettonici di una certa importanza e suggestive testimonianze lungo i suoi viottoli silenziosi.<br />
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L’antica casa del Barone Patrizi, dimora degli Acquaviva, ne è un esempio. <br />
Molti decori di nicchie e foglie di acanto sono scomparsi, ma il palazzo mostra ancora un passato glorioso. Nei primi anni del 900 il ricco signorotto possedeva gran parte del paese. <br />
Poi per alterne vicende cadde in disgrazia, povero, accudito prima della morte dal suo “fattore”. <br />
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Nella piazzetta del vecchio municipio i ragazzi vocianti stanno tirando calci ad un pallone.<br />
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Uno di essi, il più sveglio, occhi vivaci e gesti da personaggio dei fumetti, mostra orgoglioso un piccolo sottoscala.<br />
Ai lati ci sono delle minuscole feritoie per aria e luce.<br />
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Qui un tempo, racconta il ragazzo che da grande farà sicuramente la guida turistica, venivano rinchiusi i bambini restii allo studio.<br />
E’ piccino il paese, circa duemila famiglie, minime prospettive di lavoro. <br />
<br />
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Molti sono emigrati verso il vicino Eden industriale di Castelnuovo Vomano, creando, in una zona negli anni 50, costituita da case coloniche e masserizie dei Cerulli Irelli e Guerrieri Marcozzi, un centro moderno di oltre quattromila anime, nato dalla fusione di vecchi agglomerati come Villa Gobbi, Villa S. Cipriano e Villa Parente. <br />
Erano proprietà, un tempo, di famiglie agiate. <br />
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Castellalto è legato in una sorta di osmosi anche con lo splendido borgo medioevale di Castelbasso. <br />
Non è solo la sede comunale, è un autentica impollinazione imprenditoriale che trova compimento nelle fabbriche della vallata del Vomano.<br />
I paesani qui sono diffidenti fin quando non capiscono che hanno davanti un tipo semplice e acquistano fiducia nel loro interlocutore. <br />
“Lavora e taci”, questo motto che sembra uscito da qualche popoloso villaggio del nord est dell’Italia, calza a pennello per Castellalto. <br />
Il barista mesce, con discrezione, un buon bicchiere di trebbiano e lo accompagna con stuzzichini di prosciutto e pecorino.<br />
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Un vecchio abitante con il quale ho preso confidenza, snocciola una teoria di numeri che parlano da soli.<br />
Le aziende agricole dei dintorni, mi dice, hanno le bestie contate.<br />
Poche mucche da latte, mancano tori per coprirle. Poche capre, pochi maiali.<br />
Un tempo da queste parti l’agricoltura e l’allevamento <br />
erano risorse insostituibili.<br />
<br />
Di colpo si copre il sole.<br />
Si alza un vento freddo.<br />
Varco il portale d’ingresso cinquecentesco della parrocchiale di San Giovanni.<br />
Lo stile barocco riempie gli occhi.<br />
Affreschi, statue, stucchi, fregi e capitelli.<br />
L’attuale chiesa è stata ampliata nel 1589.<br />
Precedentemente era una cappella sita nel mezzo delle mura di cinta che, partendo dall’arco di ingresso, cingevano tutto l’abitato.<br />
Secoli prima il luogo era adibito all'”otium” delle terme.<br />
Qui, stando ai ritrovamenti di antichi pavimenti e tubazioni, gli antichi Romani dedicavano una parte del loro tempo all'arte del vivere, alla cura di sé, lo spazio dell’anima e il piacere del corpo.<br />
All'interno numerosi inginocchiatoi, panche, un confessionale che dimostra l’usura del tempo. <br />
Una donna enorme, inginocchiata di schiena, pare svanire nel buio dell’unica navata.<br />
E’ in attesa di una sicura assoluzione dei suoi piccoli misfatti. <br />
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Anni fa vennero trafugati dei teschi forse da studenti di medicina, secondo alcuni da gente dedita a riti di stregoneria. <br />
Un luogo speciale. <br />
<br />
<br />
Si dice che sia stato costruito in pochi giorni dal popolo, in omaggio alla Vergine che avrebbe salvaguardato il luogo dalla tremenda carestia che fece morire di fame migliaia di persone, soprattutto nelle campagne. <br />
<br />
Le gerarchie ecclesiastiche avrebbero sempre evitato di legittimare questo autentico miracolo. <br />
Ma in fondo chi se ne importa, dicono da queste parti.<br />
Il miracolo, la Madonna l’ha fatto davvero! <br />
Mi piacerebbe poter rendere meglio le meraviglie di un silenzio rotto qui e là dal pianto di un neonato o dalle note discrete di una radio accesa.<br />
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<b>Arrivare a Castellalto: </b><br />
<span style="background-color: white; font-family: inherit; font-size: 12.6999998092651px; line-height: 19.0499992370605px;">Dall'autostrada Adriatica A14 (da nord: direzione Ancona; da sud: direzione Pescara), uscire a Teramo/Giulianova/Mosciano Sant' Angelo, prendere la SS 80 Strada Statale del Gran Sasso in direzione Teramo, uscire in direzione Castellalto/Bellante, seguire la direzione per Castellalto.</span><br />
<br /></div>
Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3814871730625082145.post-66052413243458197152015-07-11T20:05:00.004+02:002015-12-05T18:30:34.451+01:00Custodi e non padroni: Considerazioni su “Laudato sì” di Papa Francesco<div dir="ltr" style="text-align: left;" trbidi="on">«Laudato si’, mi’ Signore », cantava san Francesco d’Assisi.<br />
In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: <br />
«Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba ».<br />
Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei.<br />
(Papa Francesco)<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6JBGiKyolxzIsKnCObtVCuf1Ra25XgG62lZ4bSJzg5m_eVs3SK_jGx1ATx1N_bNGU4O4wAZugH8wgyV_5-RN-uU5j4tVP8yOJ6v93TVJZfz9ZbYdlGhdhHlg2GQHm7CeRGCea1MRRLNI7/s1600/SULLE+COLLINE+DI+COLOGNA.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="215" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6JBGiKyolxzIsKnCObtVCuf1Ra25XgG62lZ4bSJzg5m_eVs3SK_jGx1ATx1N_bNGU4O4wAZugH8wgyV_5-RN-uU5j4tVP8yOJ6v93TVJZfz9ZbYdlGhdhHlg2GQHm7CeRGCea1MRRLNI7/s320/SULLE+COLLINE+DI+COLOGNA.jpg" width="320" /></a></div>La lettera enciclica del Papa “Laudato sì”, è qualcosa di incredibilmente bello. <br />
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In duecento quarantasei paragrafi, a formare sei capitoli, si dipana un profondo inno alla vita, una Magna Carta del creato, la summa di tutto quello che potrebbe dirsi o scriversi a proposito di natura, ecologia e ambiente. <br />
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È soprattutto un appello alla scienza affinché si allei con le religioni per esortare le coscienze a sentire propria la responsabilità della custodia della nostra “casa comune”. <br />
<br />
È un impegno ancora più pressante per noi francescani, anche per il titolo scelto dal pontefice a richiamare la più bella poesia del mondo, il capolavoro del nostro serafico Padre Francesco d’Assisi: il Cantico delle Creature, inno insuperato nei secoli per la sua bellezza cosmica che penetra tutto il creato, quasi lambendo l’ineffabilità di Dio. <br />
<br />
Era il 1224 quando il Poverello, nel silenzio di San Damiano, malaticcio e quasi cieco, soffiato nel cuore dalla forza dello Spirito Santo, dettò la pagina forse più straordinaria mai scritta per lodare Dio, abbracciando il mistero del creato e della natura e diventando il paladino dell’ecologia.<br />
Questo, suo malgrado, dato che “Il Cantico” è un bellissimo trattato teologico, un testo dettato dall’amore per l’Altissimo e non un qualcosa per celebrare soltanto ambiente e natura. <br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQipPTMOTvPISpxNEZHAj7u-rbPKl9JrzYkBmyZ1GNCL1zo2Liyc2pEChVxw8PPrnZ0mvR2CN7wuEetayGWek7BxaYNc6GKuri3KaVRJdXrMmf1_Nhzrg35M1ipe6eCcC8i31MSY7twa2g/s1600/Gran+Sasso+da+Isola.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQipPTMOTvPISpxNEZHAj7u-rbPKl9JrzYkBmyZ1GNCL1zo2Liyc2pEChVxw8PPrnZ0mvR2CN7wuEetayGWek7BxaYNc6GKuri3KaVRJdXrMmf1_Nhzrg35M1ipe6eCcC8i31MSY7twa2g/s320/Gran+Sasso+da+Isola.jpg" width="320" /></a></div>Papa Francesco, partendo dal mistero della creazione e del Creatore, ha voluto dedicare la sua enciclica a quella lode infinita al Signore e alle sue creature per ricordarci che l’uomo, nello spirito del Genesi, non è il padrone dell’universo. <br />
<br />
Solo Dio è tale.<br />
<br />
E ha posto l’uomo nel centro dell’Eden “perché lo lavorasse e lo custodisse” (Genesi 2,11). <br />
<br />
Egli non ha affidato all’uomo il governo del mondo affinché ne faccia quel che vuole.<br />
Solo il Creatore è Signore di tutte le cose. <br />
Noi, dice Bergoglio, non siamo Dio.<br />
<br />
La terra ci precede e ci è stata data in prestito. <br />
Siamo, comunque, i custodi, i guardiani che dovranno, alla fine dei tempi, riconsegnare la sua creazione all’Onnipotente passandoci uno a uno il testimone nel corso degli anni. <br />
Proprio come ognuno di noi fa con la sua anima, nel momento del trapasso. <br />
Parole ovvie ma che spesso dimentichiamo nella società frenetica in cui stiamo vivendo.<br />
Questo immenso dono di Dio lo sporchiamo continuamente, lo deturpiamo così come facciamo per la nostra anima che abbiamo avuto immacolata e che invece rendiamo spesso lercia e purulenta. <br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUes-ikRIR6x8KYlv7JH2gzqLs3VnL5a8kmud6RoiPjbmgRANae9wGwUkGupDIlcZr1JRStLBdlFdCMW5kS1KjsBXAwhFi29hevf6Ye_4o9bHyA7YPh6lNPBCOXVS17fwUrkm_BKGwdMvP/s1600/PAESAGGIO+DI+CAMPAGNA+PRESSO+ATRI.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUes-ikRIR6x8KYlv7JH2gzqLs3VnL5a8kmud6RoiPjbmgRANae9wGwUkGupDIlcZr1JRStLBdlFdCMW5kS1KjsBXAwhFi29hevf6Ye_4o9bHyA7YPh6lNPBCOXVS17fwUrkm_BKGwdMvP/s320/PAESAGGIO+DI+CAMPAGNA+PRESSO+ATRI.JPG" width="320" /></a>Il creato è concesso da Dio all’uomo per godere degli infiniti profumi, colori, sapori e soprattutto benefici, non certo per accumulare ricchezze, mercificarlo e sotterrarlo con immonde speculazioni. <br />
<br />
Ma il Papa ha soprattutto a cuore gli Ultimi della Terra e, in gran parte del suo scritto, ripete che il creato è di tutti e soprattutto di chi è posto ai margini della società, quei poveri, derelitti di cui Gesù parla nelle sue “Beatitudini” del meraviglioso “Discorso della montagna”. <br />
<br />
Bergoglio propone il “modello San Francesco”, dal quale bisognerebbe imparare come sia “inseparabili la cura della natura, dalla giustizia verso i deboli, l’impegno per una società dell’accoglienza e la pace interiore tanta desiderata”.<br />
È la Perfetta Letizia amata profondamente dal serafico Padre. <br />
<br />
Il pontefice parla di “conversione ecologica” da un’economia che persegue, delittuosamente, solo e unicamente il profitto creando inquinamento, cambiamenti climatici, distruzione senza precedenti di ecosistemi e deteriorando la qualità della vita umana, causando colpevolmente un degrado sociale.<br />
È un appello senza precedenti alla responsabilità in base al compito che Dio ha dato all'essere umano nella creazione: “Coltivare e custodire il giardino in cui lo ha posto” (cfr. Genesi 2,15). <br />
<br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMKyzlT3YGX6kIHSJlhQI5UAdHr4duuC14RYjzOnUNMpwKwJo48cKy11Mju7ZbBScZ644IX43tADx-oQmb_aVXyb_aSWwC_buVhVqv5aLl420aZ76mr52dkGQFelalM9IoNjmYAS0Ijkhf/s1600/ALBA+A+ROSETO+DEGLI+ABRUZZI.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="208" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgMKyzlT3YGX6kIHSJlhQI5UAdHr4duuC14RYjzOnUNMpwKwJo48cKy11Mju7ZbBScZ644IX43tADx-oQmb_aVXyb_aSWwC_buVhVqv5aLl420aZ76mr52dkGQFelalM9IoNjmYAS0Ijkhf/s320/ALBA+A+ROSETO+DEGLI+ABRUZZI.jpg" width="320" /></a>“Responsabilità” pare essere la parola “chiave” per un’umanità che ha acquisito enormi poteri grazie all'energia nucleare, le biotecnologie, l’informatica e le profonde conoscenze del nostro stesso Dna. <br />
<br />
È rischioso che questo tremendo potere sia in mano a pochi individui che dominano la gran parte dei fratelli, con i nefandi risultati sotto gli occhi di tutti.<br />
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Prendersi cura della natura è anche combattere le povertà, le diseguaglianze. <br />
Il pontefice auspica, addirittura sottoponendosi senza paura agli strali di chi cerca una crescita avida e irresponsabile, una certa decrescita in alcune parti del mondo per favorire lo sviluppo delle zone buie del pianeta, procurando per esse risorse nuove. <br />
<br />
Gioiamo, sembra infine dirci Bergoglio, come buon papà di famiglia, dei doni ricevuti dall'amore del Padre e noi, cristiani combattiamo la buona battaglia, incoraggiando uno stile di vita capace di non essere ossessionati dal consumo, crescendo nella sobrietà e nel rispetto di tutto il creato a cominciare dalle più piccole delle creature. <br />
<br />
</div>Sergio Scacchiahttp://www.blogger.com/profile/04801344635764567974noreply@blogger.com0