sabato 29 agosto 2015

Nell'antico borgo delle aquile: Castrovalva!

"Ad Anversa restano i ruderi di un palazzo edificato da un De Sangro. Scritto al Sindaco per sapere se tra le pietre vi sia lo stemma gentilizio della famiglia. (Esiste un'iscrizione già nota). Un signor Di Gusto mi risponde che non si trova alcuna traccia di stemma. Ora, tu che sai tutto, potresti indicarmi lo stemma ..."
Gabriele d'Annunzio

C’è chi insiste a cercare forme di vita nelle altre galassie, dimenticando che qui, in terra, a volte l’uomo scompare da piccoli paesi di montagna che, in men che non si dica, diventano irrimediabilmente delle incantate ghost town per gran parte dell’anno.

In questi antichi abitati, alcuni dei quali si ripopolano nelle due settimane a cavallo del ferragosto, si aggirano fantasmi: donne alla fontana con grembiuli e fazzoletti in testa, bambini sulla porta di una scuola che non esiste, uomini piegati sotto il peso delle balle di fieno, vecchi all'osteria per la “passatella”, ragazze al balcone in fiore.
C’è qualcosa di commovente e anche di macabro nell'abbandono di un borgo o di una valle.

Eppure qualcosa in controtendenza pare muoversi.
Castrovalva, antichissimo abitato a nido d’aquila sulle gole del Sagittario, una manciata di curve da Anversa degli Abruzzi, sta tornando a vivere.

Un artigiano, un mago della pietra, sta ricostruendo un po’ alla volta tutte le antiche case, su commissione dei figli di chi, un tempo, abitava questo luogo selvaggio ma incredibilmente bello.

Vero che d’inverno Castrovalva torna a essere un set buono per un film di Tim Burton o un racconto di Stephen King, ma oggi, possiamo dire che l’utopia della montagna può essere vinta.

Gli abitanti custodiscono memoria anche per chi, pur ristrutturando o magari lasciando in abbandono la vecchia casa, non ha tempo per arrivare fin quassù.
Una buona notizia dato che interi borghi medievali, dimenticati dalle famiglie di un tempo, oggi finiscono on line per offerte di acquisto su eBay, schegge di Far West, autentiche Spoon River cadute in disgrazia. Questo è un graffio indelebile e profondo al patrimonio artistico e antropologico italiano.

Ho deciso di andare a vedere.
La strada sale tortuosa, stretta, tornante dopo tornante.
Ad ogni curva, il panorama diventa paurosamente bello.
Mi sto arrampicando lungo il fianco di una montagna che precipita vertiginosamente sul fiume Sagittario e sulle sue gole.
Qualcosa da mozzare il fiato.

È una situazione ancestrale che per ironia della sorte, può essere il motivo per cui Castrovalva rimane ai margini dai più battuti percorsi turistici.
A una decina di chilometri si entra nella Valle dei Laghi e si arriva alla super visitata Scanno.
Qui tutto stordisce per la bellezza!
Affacciandoti dai bastioni della montagna pare di toccare Anversa degli Abruzzi.

Per chi ha il coraggio di inerpicarsi con la sua auto, fin sopra al cocuzzolo dove è poggiata Castrovalva e, ancor più, per chi ci arriva dal ripido sentiero che sale dal fondo delle gole con la forza delle gambe, questo luogo dell’anima regala, silenzio, fascino, isolamento, immerso nella storia e nella natura.

È arrivando in cima che capisci il perché dell’amore che il grande artista olandese Escher nutriva per questo borgo.
Era stato colpito dalle vedute aeree che si godono in paese e, durante questo lungo viaggio nel Sagittario, più di ottanta anni fa, immortalò gli scorci più significativi con la sua arte sopraffina.

Accadde prima che l’artista raggiungesse Villalago e i suoi specchi d’acqua, il magnifico “paese del sud” di Pettorano sul Gizio, nel sulmonese, per poi dover abbandonare l’Italia, colpito dall’anatema del Fascismo.
La litografia di Castrovalva è una delle più belle e famose di Escher, testimonianza di quanto il luogo avesse colpito la sua fantasia.

Come dargli torto?

Il borgo, lungo e stretto, tagliato dai venti impetuosi che lo sferzano in inverno senza pietà, posizionato com’è sul crinale, non lascia nessuno indifferente.
L’affaccio sul belvedere per vivere l’emozionale senso di vertigine, completa l’incanto del posto.
Il paese è tipico della montagna abruzzese, con le sue case a incastro poggiate sulla dura pietra, a formare piccoli labirinti abitativi.

Nel parlare brevemente di storia, lo storico del luogo, Antonio Genovese ricorda che il “Castrum Valvae” non era di origine romana ma bizantina.
L’odierna Castrovalva, che comunque era abitata sin dalla preistoria, risale al XIV secolo ed è di quel periodo anche la chiesa della Madonna delle Grazie, protettrice del paese.

In realtà pare che il borgo fosse nato a opera di un accampamento militare di stanza su questo monte che era detto Dell’Angelo.
Qui, spesso, le truppe rimanevano per mesi a guardia della valle, luogo strategico d’ ingresso nell’Abruzzo meridionale per chi voleva conquistare il centro Italia.
Sant'Angelo divenne monte San Michele.

Da qui, per secoli, i soldati che di notte avvistavano i nemici alle porte del Sagittario, usavano segnali luminosi con fuochi, per mettersi in contatto con il comando posto a Rocca Casale, non lontano da Sulmona.
Di lì le notizie giungevano alla capitale di allora, il distretto romano di Corfinio, nel cuore della vallata peligna.

Mi affaccio dalla parte di Anversa per guardare l’orrido.
Si notano anche remote grotte carsiche su pareti ripidissime dove nidificano le aquile.
Forse anche qui, persi nella vegetazione, ci sono degli eremi che raccontano di personaggi straordinari che con scelta ascetica hanno sperimentato un rapporto eroico con la natura selvaggia e primordiale.
La voce dell’uomo, quasi baritonale alle mie spalle, mi fa trasalire.
Un viso asciutto e gradevole se non fosse che la sua pelle ha uno strano colore dattero maturo.
Vuole solo, gentilmente, darmi informazioni.

Questo luogo è detto del “Morrone”, mi dice.
Spiega che i morroni erano degli avanzi di costruzioni molto antiche.
Proprio qui c’è la parte più vetusta del paese.
E mi fa vedere il luogo dove, anni fa, furono rinvenute monete d’argento databili, forse, all'anno Mille.

L’uomo, senza presentarsi, mi invita a seguirlo. Indica, dalla minuscola piazza centrale, la parte alta dell’abitato.
Lì c’era la chiesa dedicata a San Michele.

Fino agli anni Trenta, è stata grande la devozione per questo santo che veniva festeggiato con una sagra e processione.
Oggi del tempio rimangono solo delle pietre antiche.

Le parole del gentile cicerone mi fanno immaginare un paese che non c’è più.
Il tempo scandito dalle campane della chiesa madre, una melodia di poche note prima di battere le ore, il suono che echeggia fin sotto la valle.
I tocchi a dare malinconia per il tempo andato che nessuno può far tornare.

Era come se il tempo avesse un respiro comune e tenesse insieme tutte le anime!
I vecchi del paese da quelle campane erano governati.
Ne aspettavano i rintocchi per rimandare le poche bestie nei ricoveri, per smettere il lavoro e riposare.
Oggi nelle città le campane suonano nell'indifferenza, sommerse dai rumori del traffico o dallo sferragliare dei tram.

Guardandosi bene intorno, si intuisce l’incastellamento del paese, la sua importanza come accesso principale del meridione della valle peligna, le sue fortificazioni e dove si trovava la rocca, zona che oggi è chiamata del “Castellaccio”.

Si capisce perfettamente perché Longobardi, poi Aragonesi e Angioini, benvoluti dalla potente dinastia dei Caldora, abbiano voluto abitare questo luogo così impervio.

È stato un bel viaggio in uno scampolo di mondo estraneo al paesaggio urbano, diverso anche dalle campagne coltivate, un mondo dove la mano umana ha i suoi confini oltre i quali la natura non permette ingerenze.

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Come arrivare: A25, uscita COCULLO, proseguire per 11 km in direzione Anversa degli Abruzzi/Castrovalva.
Per info rivolgersi al comune di Anversa degli Abruzzi al telefono 086449115 o alla Riserva Naturale delle Gole del Sagittario 086449587

domenica 23 agosto 2015

Nelle gole del Sagittario: Anversa degli Abruzzi!

Il Parco Letterario di Anversa degli Abruzzi!

“Se vieni con me per un sentiere che hai passato cento volte, il sentiere ti sembrerà novo” (Gabriele D’Annunzio)

Arrivo ad Anversa degli Abruzzi che il cielo ha appena finito di buttare giù acqua e sta schiarendo.
Qui si gode uno degli scorci sicuramente più belli dell’intero Abruzzo.
Le affascinanti Gole del Sagittario accolgono grandi bastionate verticali che, in una bellezza senza fine, precipitano i loro profili merlati e aguzzi fino al fiume.

Le acque scorrono impetuose, facendosi strada tra le rocce.

Il comune secolare di Anversa pare proteggersi da questa natura prepotente con le sue mura fortificate a strapiombo su di un dirupo.
L’abitato, nella parte più profonda della provincia aquilana, è a 600 metri di altezza.
Questa è una delle tante Riserve naturali che si succedono senza fine per tutto il territorio abruzzese, oasi gestita dal WWF nei suoi 450 ettari.
Insieme alle Gole di San Venanzio nel Parco regionale del Velino Sirente, rappresenta quanto di più wilderness si ricerchi in regione.

Nel Sagittario, però, dimorano orsi marsicani, lupi, cervi e caprioli, in cielo volteggiano piccoli rapaci, valore aggiunto per un territorio protetto.
È la ricca avanguardia della fauna che ospita il vicino Parco Nazionale d’Abruzzo, vero eden per chi ama avvistare animali selvaggi.

Siamo in un angolo d’Abruzzo amato da grandi personaggi.

Come dimenticare le continue incursioni di Gabriele D’Annunzio, che arrivava fin qui a dorso d’asino per trovare ispirazione.
Il vate, passeggiando tra le strette rue del paese, realizzò una delle sue tragedie più famose, “La fiaccola sotto il moggio” nel lontano 1905. Veniva da un grande successo di un’opera dell’anno prima, sempre ambientata in Abruzzo.

Volle bissare con una storia che riportava esperienze nella valle del Sagittario che aveva avuto quando era diciottenne nel 1881 e, un successivo viaggio in carrozza nel 1896, in compagnia di una delle sue tante amanti, tale Maria Gravina.
L’Abruzzo che viene narrato dal grande poeta, è barbarico, misterioso, abbarbicato su “di un Sagittario che si rompe a schiuma”, mentre magicamente arroccate, le case di Castrovalva ardono sul “sasso rosso”.

A lui, il borgo secolare ha dedicato un “Parco Letterario”, uno dei pochi esempi esistenti al mondo, un percorso dell’anima nel quale si legano le emozioni di viaggiatori illustri che qui hanno tratto ispirazione per grandi opere artistiche e letterarie, in un ambiente che oggi appare protetto.

Sono passati, stupendosi forte di tanta bellezza, anche artisti del calibro di George Gordon Byron, Francesco Paolo Michetti, Edward Lear.

Anversa, d'altronde, è davvero uno dei borghi più belli d’Italia.
I suoi resti di mura fortificate costruite sui dirupi, riportano a un passato glorioso e importante.

M’inerpico sulla salita che porta nel cuore del centro storico, che si dipana in vicoletti soprastanti la piazza centrale, luogo di incontro soprattutto serale.
Questi paesi sono sempre piazzati su cocuzzoli e visitarli significa sgambare alla grande!
È una serie di sottopassaggi, volte ad arco e piccoli edifici storici. M’insegue un delizioso profumo di biscotti e pane fragrante, appena sfornato dal tradizionale forno posto alla curva della strada principale. Da lì ci si affaccia, mirabilmente, sulla parte iniziale delle gole.

Qualcuno al bar in piazza, mi ha detto di cercare la signora Minietta al secolo Emilia, una quasi centenne che ha ancora la testa a posto e ricorda tutto quello che è accaduto in paese.
Da Anversa lei non si è mai mossa.
Me la indicano mentre sta godendo di un raggio di sole che sbuca dal dedalo dei tetti.
La vecchina ha visto la storia scorrere, ricorda perfettamente le due guerre.

Non so se ha ancora ben chiaro chi fosse quel poeta altezzoso ed elegante che girava in estate per il borgo.
Gli dico D’Annunzio e non sussulta.

La vedo invece attenta quando rispondo alla sua domanda su chi mi avesse parlato di lei e da quale parte dello Stivale io sia arrivato.

Racconta di quando la sua famiglia era povera e il papà cercava sempre l’amico con due caprette per chiedere latte da dare alla bambina.
Con un impeto antico ricorda perfettamente i nomi dei ricchi del paese, quelle famiglie che ogni giorno avevano sulla tavola ogni ben di Dio.
Lei, però, li ha visti andare tutti sotto terra.
Ricorda anche il voto dato per fare dell’Italia una Repubblica e mi pare, dal ghigno, che se ne sia pentita.

Una folata di vento scompiglia i suoi capelli d’argento mossi birichini da una pettinatura impertinente della nipote, giunta in vacanza da Roma dove di mestiere fa la parrucchiera.
È il caso di andar via, la vecchina mi pare stanca, quasi assente, forse chiusa nei suoi ricordi a risparmiare energie così vitali a quella veneranda età.

Peccato, avrei voluto sapere di più di una galleria dei volti del ‘900.

Arrivo alla cinquecentesca chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Scatto foto del bel portale rinascimentale in pietra calcarea, anno 1540, con un inedito rosone contornato da serpenti attorcigliati.

Le serpi non potevano mancare.
A pochi chilometri c’è Cocullo, il famoso borgo dei rettili dove il primo maggio si rievoca i miracoli e le gesta del santo dei “serpari” Domenico.
L’asceta se ne stava nella valle dei laghi, in un eremo a una manciata di curve dalla famosa località turistica di Scanno, cibandosi di bacche e chissà quali altre “delizie”.

Ogni tanto, tra una preghiera e l’altra, riusciva, secondo un’abbondante tradizione orale, a far compiere miracoli all'Onnipotente.
L’interno della chiesa delle Grazie contiene un bell'altare con decorazioni scolpite a grottesche e un tabernacolo ligneo di buona fattura.
C’è da stringere i denti e salire ancora per visitare le rovine del Castello Normanno del XII secolo, distrutto completamente dal terremoto del 1706.

Qui, ogni volta che si abbatte un sisma dalla vicina piana del Fucino, si perde un pezzo di storia.

La rocca fu edificata allo scopo di controllare uno dei più importanti accessi meridionali alla Valle Peligna.
Fu dimora dei Conti di Sangro, che ampliarono questa importante fortificazione strategica.

La rocca è importante anche perché, molte scene della “Fiaccola sotto il moggio”, si svolgono proprio qui.
Oggi il fortilizio è diruto.

Ridiscendendo, merita attenzione anche l’antichissima chiesa di San Marcello dell’XI secolo col suo portale tardo gotico, dai motivi antropomorfi.
Se avessi la gamba di un tempo potrei affrontare il suggestivo Sentiero Geologico delle gole che, dalle sorgenti di Cavuto s’inerpica tutto in salita, verso l’incredibile nido d’aquila del minuscolo paesino di Castrovalva.
Forse sarà meglio arrivarci in auto!

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COME ARRIVARE AD ANVERSA
In auto
Autostrada A 25 Roma-Pescara, uscita casello di Cocullo, Strada Provinciale n.479 da Sulmona.
Info: Comune e Riserva 086449115 Dormire e mangiare anche nelle vicine Villalago, Cocullo, Scanno.

venerdì 14 agosto 2015

A Scanno, nel paese più fotogenico d'Abruzzo!

La gramigna vetta è chiusa in una morsa di nembi grigi.
Il pastore che si avvicina con le sue pecore ha la faccia bruna e il pizzetto da satanasso.

La vecchia casa dall'orto disfatto si oppone a fatica al vento.
Il pelo bianco dell’arcigno guardiano abruzzese si drizza a ogni folata.

Lo sguardo del grosso cane atterrisce.
Le gambe del vecchio transumante sono venate di blu e i piedi, rattrappiti, sembrano radici contorte sotto i pantaloni corti che paiono sottratti al figlio giovane.
Me lo avevano detto ma stentavo a crederci.
A Scanno c’è ancora qualche pastore italiano che si ostina a esser tale e a non servirsi di macedoni.
Da Gregorio, nell'azienda agricola Valle Scannese che mi ospita, le pecore sono così tante che gli stranieri, invece, sono indispensabili.

Il vecchio non vuole tanto parlare, è come appesantito dai giorni vissuti.
Indica le bestie come a dire che tutti questi anni sono uguali l’uno all'altro.

Eppure, quanti ricordi potrebbe regalarci.
L’uomo comunque pare di buona indole.


Il carattere non ce lo scegliamo, credo, ci viene donato e non certo costruito.

Lo consegna il buon Dio, insieme a polmoni, fegato, pancreas.
Mi avvio verso l’agriturismo posto a pochi chilometri da Scanno sulla tortuosa e panoramica strada del Passo Godi che porta a Villetta Barrea, mentre le prime grosse gocce di questa perturbazione agostana scendono giù dal cielo nero.
Qui il tempo pare essersi fermato.

Siamo nel cuore dell’antichissimo tratturo che le greggi attraversavano fino a Candela di Foggia.
Non mi resta che mangiare.
D'altronde, ditemi, ci può essere scorribanda che prescinda dalla buona cucina o piatto tipico che non contribuisca alla cultura e alla conoscenza dei luoghi che si visitano?
Scanno, borgo caratteristico ai margini del Parco Nazionale d’Abruzzo, il più vetusto d’Italia, non è famoso solo per il suo bellissimo lago, unico naturale in regione.
I suoi gioielli “presentosi” creati in filigrana dalla fervida fantasia e maestria degli artisti di bottega, le tradizioni difese a oltranza, l’aria buona, i pizzi lavorati al tombolo, i centrini, gli scialli e le tovaglie artigianali, oltre alla buona cucina, fanno di Scanno una meta ambita in tutto il mondo.

Ho voluto ripercorrere la strada fatta dal geniale disegnatore Maurits Cornelius Escher, solitario precorritore di montagne d’Abruzzo.
L’olandese era giunto ad Anversa degli Abruzzi, luogo che ispirò il vate D’Annunzio nella sua tragedia “La fiaccola sotto il moggio”, recandosi nel pittoresco borgo di Castrovalva, sospeso a nido d’aquila sulle severe rocce delle gole del Sagittario.
Qui creò un dipinto del paese costruito sulle pareti della montagna.
Poi arrivò a Scanno e l’emozione fu grande.
Si trovò davanti a un abitato scenografico: un’armonica somma di stili, dal medioevo al barocco, passando per il rinascimento.

Il centro storico caratteristico con le sua case addossate, i palazzotti gentilizi, le scalinate, il tessuto urbano di vicoli e archi lo colpirono allo stesso modo in cui rimase basito nel 1846, Edward Lee.

Avevano scoperto uno dei borghi più fotogenici d’Italia!
Quanto scrittori hanno ricercato ispirazione negli angoli più suggestivi di questo paese incredibile!

A tavola portano un trionfo di formaggi fatti da Gregorio e figli, caciocavallo e pecorino in primis, poi gnocchi della casa, agnello locale con cicoria ripassata in padella e un vinello di uve montepulciano niente male.

Per finire una ricottina calda, appena fatta con sopra la marmellata di uva e la crostata con l’uva canina.

Sono in un vero agriturismo, per giunta bio, non inventato per strappare contributi statali!
Finalmente satollo e soddisfatto, riesco a guardarmi intorno.
Le foto alle pareti sono deliziose.
Le donne antiche sono vestite con i costumi tipici della festa. Raccolgono i loro capelli stretti nelle crocchie e mi chiedo quanto lavoro occorresse per pettinarli.
Tra i visi rugosi si insinuano anche sguardi infantili di bambini anch’essi agghindati nei fantastici costumi scannesi.

La voce alle mie spalle è della figlia del proprietario:
“Se vuoi vederle basta andare a messa stasera a Santa Maria della Valle.
Le trovi tutte lì le vecchine e pare che il tempo si sia fermato”.
Il tempo pare volgere al bello, finalmente.

Mi reco in paese e, quindi alla parrocchiale.
È bella la facciata rinascimentale con il portale del secolo XVI di scuola borgognona.

Anche il campanile cinquecentesco, di quasi 40 metri, è niente male con la sua torre quadrata.
Il rosone è rifatto dopo il danneggiamento del terremoto di Avezzano del 1915.



L’interno è a tre navate, anch'esso rifatto a causa dei rovinosi terremoti del settecento.
Il pavimento in cotto rosso è stato appena realizzato, poco prima del duemila.
Bello il pulpito e belli i confessionali in noce.
Interessanti gli affreschi seicenteschi di Sant'Eustachio, San Biagio e l’Assunta.

I fedeli della domenica arrivano fin sotto l’altare maggiore con i marmi policromi del 1732, realizzato su disegno di Panfilo Ranalli di Pescocostanzo.
Fra di essi ci sono diverse anziane che indossano il costume tipico. Sono bellissime da vedere.
Sfileranno tutte nel giorno di ferragosto, quando si festeggerà l’Assunzione della Beata Vergine Maria.
Le guardo e penso che anche fino a pochi attimi dalla fine della vita, non si rinuncia al proprio modo di essere.
Guardando agli avambracci cadenti di queste che un tempo erano splendide donne, ma anche all'entusiasmo e alla fierezza con cui portano il loro bel vestito capisco che la trasformazione non è opera di un mago cattivo.

Un prato è radioso in primavera ma è sotto silenzio, tra gelo e neve in inverno.
Le stagioni della vita aiutano a incontrare Dio in situazioni sempre diverse.
È splendido perdersi nei vicoli di Scanno!

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Per arrivare a Scanno consiglio di prendere la A25 Pescara Roma, uscita Cocullo.
Potrete così visitare la splendida Oasi delle gole del Sagittario, Anversa degli Abruzzi, il pittoresco borghetto di Castrovalva e Villalago con l’eremo di San Domenico, il santo dei serpenti di Cocullo.

Per mangiare e dormire ci sono moltissimi agriturismo fuori Scanno, affittacamere in paese e alberghi sul lago. Sono tutti aperti anche in inverno quando si scia verso Passo Godi.
L’agriturismo di cui parlo nell'articolo, è l’Azienda Agricola Rotolo Gregorio - località Valle Scannese (www.vallescannese.com). Al suo interno c’è un fornito punto vendita di prodotti biologici dell’azienda.
Per contatti telefoni: 0864576043 – 3465043806- 3482886912.
Concordate bene i prezzi che a volte risultano “ballerini”.

Molte sono le botteghe artigiane degli orafi. Io ho acquistato con soddisfazione una “presentosa” in filigrana a un prezzo onesto ma si trovano anche "amorini" in collane, ciondoli e pendenti da orecchie, croci in oro, tutti rigorosamente di produzione artigianale.

Sul lago, dove beatamente transitano anatre di ogni tipo, c’è la possibilità di fare picnic e di andare in pedalò.

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Articolo di Sergio Scacchia pubblicato sul blog Paesaggio Teramano collegato alla rivista omonima.
Sul blog "Paesaggio Teramano" possibilità di visionare o fare il download dei numeri della rivista già pubblicati.
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