sabato 25 giugno 2016

Poggio Bustone, il luogo della Misericordia incontrata!


Gli occhi di frate Renzo mandano bagliori a ogni sbatter di ciglia. Sanno vagamente di ascetismo.
Riescono a cogliere compiutamente gli spettacoli che la realtà consegna a ognuno di noi in ogni giorno della propria vita.
Oggi però sono occhi smarriti.
Aspettava solo il nostro gruppo francescano di Teramo.
E, invece, si ritrova con un altro bus di fedeli provenienti dalla Toscana che non hanno telefonato il loro arrivo.
È solo, nel santuario di Poggio Bustone. E oggi deve sentirsi proprio sotto assedio.

Un convento così piccolo fatica a gestire un numero considerevole di visitatori.
Questo, a dispetto delle dimensioni, è uno dei luoghi francescani più importanti e spesso frate Renzo si ritrova da solo a gestire tutto.
La vita non dev'essere facile per l’uomo di Dio. D’estate arrivano rinforzi ma gli aiuti non bastano mai.
“Pregate incessantemente – ci dice- per le vocazioni. Non stancatevi mai di bussare alla porta di Dio”.

Il buon frate alterna momenti di silenzio sacro a veri torrenti di parole, tratteggiando la natura e la figura di Francesco, come il segno di una matita caduta per caso su di un foglio bianco a riempirlo di colori.
Ci catechizza dai banchi della piccola chiesa e i cuori si aprono alla speranza.
Peccato che, con tutta questa gente, si è perso il senso del silenzio che è possibile godere in altri momenti. D’inverno qui c’è una luce riflessa che gioca sui toni del bianco e del grigio che pare soffocare i colori brillanti della valle, per donare quiete e meditazione.

Nel cuore dell’ubertosa valle Reatina ci sono quattro santuari, Poggio Bustone, Fonte colombo, Greccio e La Foresta. Sono disposti a forma di croce, ed è veramente la croce di Cristo che segna il cammino di Francesco.
Per noi, seguaci del Poverello di Assisi, è una sorta di Terra Santa e percorrendo questi luoghi del silenzio, siamo ricondotti per la stessa via di Francesco alla realtà delle nostre esistenze fatte di morte, dolore e gioia. Così da poter ripetere con lui:
“Ti adoriamo Signore Gesù Cristo, qui e in tutte le chiese che sono nel mondo intero, perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo”.

Il posto, un grandioso panorama sulla valle, meriterebbe la sosta di alcuni giorni. Il convento ha una foresteria attrezzata, in grado di ospitare una ventina di persone assetate di silenzio.
Dal piazzale alto si gode una vista bellissima e si distinguono le acque argentee dei Lago Lungo e Ripa Sottile e, sullo sfondo, la cortina dei monti Sabini. A pochi tornanti, solo una quindicina di chilometri, si può salire alle pendici del Terminillo.

Poggio Bustone, che molti conoscono per aver dato i natali al famoso cantautore Lucio Battisti, è un castello medievale che si trova a quasi 800 metri di altezza, all'estremo limite settentrionale del reatino. Arranca prodigiosamente con le sue casupole fino alla torre pentagonale del “Cassero”, annunciata dalla porta gotica del “Buon giorno”.
Il nome le viene proprio dalla vicenda di Francesco.
Giunto tra le povere case e varcando la porta a valle nel 1208, il serafico Padre salutò in maniera semplice e toccante la gente del luogo: "Buongiorno buona gente".
Parole concilianti rivolte a gente schiva ma non ostile, abituata ad affrontare la durezza della vita quotidiana: pastori, agricoltori, poveri artigiani.
Il travaglio interiore che gli consumava l’anima, non gli aveva impedito neanche allora, di amare a cuore aperto gli altri.

Tutto qui era possedimento dei benedettini di Farfa.
Poi nel 1217 la storia ricorda che il luogo dove oggi c’è il santuario, venne donato a Francesco per la bontà che portò in dote agli abitanti.
Il santo era giunto travagliato e inquieto. Si chiedeva dove andasse e dove conducesse i suoi amici. Faceva anche memoria della prima parte della sua vita trascorsa nel peccato. Lo scriverà nel suo Testamento, pochi giorni prima di morire nel 1226.
Con questo misto di ricerca, travaglio e dolore interiore, rifiutato dalla popolazione di Assisi che lo vedeva come una sorta di pazzo povero per assurda scelta, San Francesco giunse in questo posto arrampicato sulla costa di una montagna di nuda e severa grandezza.
Con lui era un piccolo drappello di fratini. Avevano deciso tutti di lasciare la piccola città di Assisi, adagiata sul fianco del monte Subasio e iniziare un lungo viaggio pieno di incognite e difficoltà.
Attraversando la valle spoletana, i fraticelli salirono a Cascia e a Leonessa. I sette giunsero poi a un piccolo eremo fuori il paese di Poggio Bustone. E lì Francesco comincia a vagare lungo i sentieri aspri del monte alla ricerca di un luogo deserto dove potersi abbandonare al misto di gioia e dolore che lo pervadeva.

L’assisiate appare così un uomo attuale, un credente inquieto posto di fronte al mistero di un Dio che si rivela nascondendosi. Oppresso dal ricordo di una vita in cui aveva adorato se stesso e basta, accadde allora l'insperato: Francesco, con l'aiuto dello Spirito Santo, si lasciò liberare e s’immerse nel buio, accogliendo la luce.
Il Signore usò misericordia, lo vestì del suo amore, creò in lui un cuore puro.
Cosa sia accaduto non è dato sapere. Di certo, il Francesco che da quel momento si mostrò ai suoi era libero, luminoso e pacificato.
Se potete, salite all'eremo nel bosco: una salutare sgambata di quaranta minuti sulle orme del Poverello, per raggiungere la Grotta della Rivelazione dove Francesco ebbe la visione del Padre Misericordioso che gli assicurava il perdono dei suoi peccati di gioventù.
Poggio Bustone, infatti, è il luogo della Misericordia incontrata e gustata! Il luogo che testimonia il dramma di una tensione interiore di un santo, finalmente sciolta nella letizia e nella sequela di Cristo, nell'amore per i fratelli e tutte le creature. La visita al Sacro Speco può aiutare davvero in questo anno dedicato dalla Chiesa proprio alla Misericordia.

La piccola chiesa è dedicata a San Giacomo il Maggiore. Si tratta di una costruzione che riflette in tutto la semplicità francescana, in una rara armonia di linee.
Non aspettatevi importanti tesori d’arte al suo interno. Per quelli bisogna ricercare la pomposità benedettina. L’interno, vagamente gotico, è di semplicità francescana.
Dopo vari rimaneggiamenti, nel 2011, a seguito di restauri la chiesa oggi è tornata a un sufficiente splendore.
Il portico è di recente fattura e introduce in un interno dall'atmosfera soffusa e raccolta che riempie l’unica aula della chiesa.
A sinistra si notano affreschi moderni rappresentanti San Francesco e i suoi primi frati con i quali arrivò a Poggio Bustone.
A destra c’è una copia di una tavola del XIV secolo, raffigurante la Madonna con Bimbo e San Giuseppe con angeli in adorazione. Sotto è riprodotto il castello di Poggio Bustone su cui vigilano San Francesco e Sant'Antonio. Si notano anche frammenti di pittura seicentesca. Artistiche vetrate completano l’edificio. Sopra l’altare c’è una croce dipinta e sul presbiterio una statua del Poverello, opera di Piero Casentini.
Uscendo a destra della chiesa ci si inoltra nel Convento che risale a tre epoche diverse. Incontriamo il chiostro, un portico a quadrilatero che unisce i vari ambienti destinati alla vita comunitaria. Qui si ammira un affresco della Madonna con Bimbo del XV secolo di scuola umbro senese. Alzando lo sguardo alle quattordici lunette del XVII secolo che percorrono lo spazio, opera di uno sconosciuto artista del Seicento, riconosciamo scene di vita del santo di Assisi. Scendendo dal chiostro verso il romitorio c'è un antico refettorio con affreschi raffiguranti l'Immacolata, l'Ultima Cena e alcuni santi francescani.

Diario di viaggio:
Arrivare nella valle Reatina non è difficile ed è vicino all'Abruzzo. Prendendo l'autostrada L'Aquila- Roma, uscire per la Valle del Salto e indirizzarsi verso Rieti.
Consiglio prima di fermarsi su qualcuno dei paesini che si affacciano sul lago del Salto: sono tutti molto pittoreschi e circondati dal verde. Siamo nella zona protetta dei monti della Duchessa, tristemente famosi negli anni di piombo, quando le brigate rosse fecero credere che il corpo dello statista Aldo Moro era stato abbandonato da queste parti. Si mangia pesce di lago divinamente e ovunque.
Dirigersi poi verso Rieti, città alla confluenza di tre fiumi: Salto, Velino e Turano. Da non perdere il complesso della Cattedrale con la Cripta e l'Episcopio. Prima di arrivare al centro della città dei cartelli ben visibili portano verso i conventi Santa Maria de La Foresta, dove si trova una comunità di "Mondo X" e San Giacomo di Poggio Bustone.

A Poggio Bustone, paese pittoresco si può prendere fresco nei famosi "Giardini di marzo", intitolati a Lucio Battisti.
Salite poi al convento di San Giacomo Apostolo.
Il telefono per prenotare una visita è: 0746688916.
La mail convpbustone@libero.it.
Chiedete del Padre guardiano Frà Renzo.

Attenzione: per mangiare consiglio Villa Tizzi in via omonima n.4. Parliamo del ristorante dove spesso si recava il cardinale Ratzinger prima di diventare papa e dove è stato ospitato anche Papa Giovanni Paolo II, nelle sue passeggiate al Terminillo. Prezzo buono e mangiare eccellente.
Dite che vi mandano i Francescani di Teramo!

Da Nord: Prendere l'autostrada A1 Firenze - Roma, uscire ad Orte, proseguire per Terni, uscire in direzione Terni Ovest, attraversare Terni, continuare sulla SS 79, attraversare Marmore, Rivodutri e proseguire seguendo indicazioni per Poggio Bustone.
Da Sud Percorrere l'autostrada del Sole A1 in direzione Roma, seguire la direzione Rieti, Grande Raccordo Anulare, Roma Nord, uscire a Fiano Romano e seguire le indicazioni per la SS 4 Salaria in direzione Rieti, attraversare Borgo Santa Maria, uscire in direzione Rieti Est, prendere la SS 579 in direzione Rieti/Leonessa, attraversare Rieti, prendere la SS 79, attraversare Quattro Strade, Borgo San Pietro, continuare sulla SP2 in direzione Poggio Bustone.
Da Rieti Prendere la SS 79, attraversare Quattro Strade, Borgo San Pietro, continuare sulla SP2 in direzione Poggio Bustone.

giovedì 23 giugno 2016

Salento: De Finibus Terrae!

"Lei pensi che in tutta la Puglia sono stati censiti qualcosa come 50 milioni di alberi. Noi siamo la terra dei record, signore mio!".

Proprio un entusiasta questa guardia forestale. Si chiama Michele. E' dentro una divisa più grande di lui, ha il volto scavato e bruciato dal sole del sud e quando sorride, le gote si alzano fin sotto le palpebre, disegnando un ovale inedito e particolare.
Avevo visto, salendo la torre della vecchia masseria dov'ero ospitato, da poco riportata agli antichi splendori, una sorta di superficie olivata sospesa su terra rossa, quasi un immenso tappeto dalle multi cromie.
Qui, a pochi chilometri da Lecce gli odori e i colori sono splendidi in ogni stagione. Figurarsi in tarda primavera!
Poi, uscendo per fare i classici due passi, incontro questo "guardiano dei campi e difensore del paesaggio".
In Salento, certamente non sanno neanche cosa sia una montagna. A Gallipoli, pensate, ho incontrato una gentile cameriera che, saputo della mia provenienza abruzzese, mi ha chiesto consigli e informazioni. Suo figlio di dieci anni, aveva visto la neve in tv e chiedeva insistentemente di andare a sciare il prossimo inverno sul Gran Sasso.
Ma di natura se ne intendono eccome.
La coccolano e la difendono, anche se abusivismi e delitti contro la macchia mediterranea non mancano purtroppo.

Il Salento è davvero il salotto della Puglia.
Mi trovo a pochi chilometri da Lecce, nell'agro dove insisteva un tempo il feudo dell'Abbazia di Santa Maria a Cerrate. Un gioiello scolpito nel XII secolo in pietra leccese, pregevole testimonianza del Romanico pugliese, al centro di una tipica masseria fortificata. Qui un tempo c'era un monastero di fede ortodossa.
Oggi il monumento, che trovate sulla provinciale 100 di Casalabate- Squinzano, è salvaguardato dal F.A.I. Italia. La signorina dal completo rosa confetto fa notare che all'esterno semplice e sobrio, fa da contraltare un interno rimaneggiato ma che si intuisce doveva essere straordinario e interamente affrescato.

Lecce è davvero la meravigliosa capitale del Barocco.
Ma credetemi, il vero barocco per me sono questi tronchi monumentali, autentiche sculture vegetali vive, che il tempo e l'azione del vento hanno aggrovigliato drammaticamente, inciso profondamente, squarciato come si squarciarono le pietre quando il Salvatore del mondo spirò sulla croce in quel terribile venerdì santo.
Il vento, scrivevo!
A Otranto, la città degli ottocento martiri della resistenza cristiana contro i turchi, affacciato sui bastioni del castello, intento a fotografare l'alba dell'Adriatico, mi riprometto di immortalare in seguito il tramonto dello Ionio.
Il vento quasi mi trascina a forza lungo il borgo antico da cartolina che, dal 2000, è "Messaggero di Pace" de l'Unesco.
Questo è il luogo in Italia che vede per primo il sole sorgere lungo le vie strette e lastricate. Qui i dardi dell'astro luminoso si poggiano sulla bandiera sventolante delle Cinque Vele, massimo riconoscimento di Legambiente.
Vuoi mettere, anticipare la nascita del giorno e postare una foto su Facebook prima degli altri? Non ha prezzo!

Ma sul canale d'Otranto la tramontana soffia che pare trasportare ancora echi millenari di battaglie contro popoli invasori.
La voce alle mie spalle mi fa trasalire.
L'uomo magro ha estratto il suo smartphone e scatta la foto della palla infuocata che si erge sopra le imbarcazioni del porto.
Poi racconta che fino a qualche anno fa era a Torino per lavoro e non poteva regalarsi albe del genere. Ora, in pensione, è tornato a vivere nella sua terra e gli occhi brillano per la gioia.
Anche lui però ha un contenzioso col vento!
I pochi capelli si scompigliano disordinatamente e lui esclama ridendo: "Eccu lu Salentu: sole, mare e
jentu", sole, mare e vento.

Io aggiungerei... pietra!
Quella pietra con cui questo popolo di artisti ha creato le migliaia di chiese e palazzi di ineguagliabile bellezza. A Lecce c'è una luce che non saprei descrivere in questa primavera che declina velocemente a estate. Una luce che disegna i volumi degli edifici, che birichina si insinua invadente in ogni ghirigoro di sculture appese sopra le facciate delle chiese o nei volti e nelle teste di animali sotto i balconi gentilizi.
Una luce che rende, se possibile, ancora più indimenticabile la pietra creatrice di un barocco da tripudio.
Chiamatela "Firenze del sud", "Atene delle Puglie", "Venezia della bassa Italia". Chiamatela come volete. Lecce è sempre un museo a cielo aperto che ti costringe a camminare a testa in su per non perderti niente dello spettacolo.
Tanto non rischiate di pestare escrementi. La città è pulita e gli animali pare che vadano da soli in toilette. Più seriamente, qui i padroni sono semplicemente educati.
Ma, siamo in Svizzera o nel sud dell'Italia?

Piazza Duomo è il cuore pulsante della città. E' piena di turisti nonostante non siamo ancora in alta stagione. Questa è una delle piazze più belle d'Italia. Chiesa con fantastico campanile e palazzi da urlo. Vale da sola il viaggio fin quaggiù.
Bello sedere sulla pietra della colonna romana che mostra in alto la statua di sant'Oronzo. Qui finiva l'importante arteria romana della famosa Via Appia che portava a Brindisi.

Il tempo vola.
E' ora di avviarsi verso "De Finibus Terrae" di Santa Maria di Leuca.
E, siccome, il Salento dell'arte non è solo Lecce, prima una puntata a Galatina. E' un piccolo paese agricolo che contiene un gioiello senza tempo: la chiesa francescana di "Santa Caterina d'Alessandria, autentica catechesi per immagini di Antico e Nuovo Testamento.
Hai voglia a dire che questa è in primo luogo la casa del Signore, dove si celebrano i divini misteri.
Il piccolo frate dalla proverbiale chierica si affanna a dire ai visitatori che non siamo in un un museo da fotografare ma in uno spazio riservato al popolo di Dio.
Mi guarda, vede il mio ciondolo con il Tau di Francesco, capisce che sono un seguace del Poverello e decide che posso scattare foto. Mi racconta che i francescani arrivarono qui nella seconda metà del secolo XIV, denominati come "Osservanti".
Mi indica uno degli affreschi, un trittico da favola con San Giovanni da Capestrano, San Bonaventura da Bagnoregio, San Giacomo della Marca e ridendo esclama: "il giro del mondo in groppa ai frati"!
Poi mi fa scoprire Genesi, la Creazione vista dall'occhio privilegiato del Cantico delle Creature di Francesco. Ancora i dipinti della Madre di Dio, il presepe secondo il Poverello, il Calvario e le stimmate di Cristo riprodotte sull'Assisiate. E, infine, la grande allegoria, collocata in alto, centrale, in cui si capisce la Vita e la Morte, con le braccia di Gesù protese verso il papa, simbolo terreno.
Il frate mi sorride ed esclama: "ti ricorderai di aver calpestato una terra santa"?
Mentre va via un pensiero corre nella mia testa: questo luogo è come il messer lo frate Sole di Francesco: "radiante cun grande splendore: de te Altissimo porta significazione".
Davvero questa chiesa è ai piedi del monte Oreb dove Mosè sentì la voce dell'Angelo che lo invitava a togliersi i sandali dai piedi... "perché il luogo sul quale stai è terra santa". (Genesi 3,1-6).
Ora viaggio in un tripudio di calette e fondali blu cobalto, tra torri costiere, dune protette con sentieri nel verde, masserie fortificate, case liberty, ville moresche a ricordo dell'Antico Oriente.

Un bagno a Pescoluse, le Maldive del Salento con la sua distesa di sabbia bianca e le dune ricoperte di acacie; la visita ai laghi Alimini, un tempo luoghi malsani, oggi sosta di numerosi uccelli migratori; la preghiera sulla tomba del beato Don Tonino Bello ad Alessano; la scoperta dell'affascinante guglia di Raimondello e la chiesetta di Santo Stefano, nell'antico centro messapico di Soleto, scrigno della Grecia salentina; la visita alla grotta della Zinzulusa, uno dei dieci ambienti carsici sott'acqua più importanti al mondo;.

Questa è vita, amici miei.
E, infine, ecco, incredibilmente suggestivo, il borgo antico di Gallipoli, la città isola battezzata dai greci "Kalè polis" la bella. Come essere su di un grande balcone che si sporge nello Ionio e regala scorci di rara bellezza.
Do fondo agli ultimi pezzi da cento euro.
Mangio pesce presso il bastione San Giorgio, poi un bagno presso la famosa spiaggia della Purità, infine dormo nel bellissimo palazzo Marchesale Senape De Pace.
Le cose belle finiscono troppo presto.



Taccuino di viaggio:
Per raggiungere il Salento leccese in auto, uscire dal'autostrada A14 a Bari nord e proseguire per Brindisi, fino a immettersi sulla superstrada Brindisi Lecce.

L'aeroporto più vicino è quello di Brindisi (Papola Casale) che dista una trentina di
chilometri da Lecce.
In treno è possibile raggiungere Lecce da Pescara.

Info: Puglia promozione turistica a Bari 0805242361
www.agenziapugliapromozione.it
IAT a Lecce: 0832314117
IAT a Gallipoli: 0833262529
IAT Otranto: presso il castello aragonese 0836801436

A Gallipoli vivamente consigliato soggiornare nel Bed e Breakfast del Palazzo Senape De Pace, luogo esclusivo a un prezzo piccolo nel centro storico. www.palazzosenapedepace.it telefono: 0833266179

A Galatina la splendida chiesa di Santa Caterina è in piazzetta Orsini tel.0836568411
www.salentofrancescano.com. Orari: mattina 08,00 - 12,30 pomeriggio 16,30-18,45

Per visitare e mangiare in una delle masserie fortificate orientatevi alla Tenuta Monacelli e Masseria Giampaoli che si raggiunge da Lecce seguendo la segnaletica per Torre Rinalda e abbazia S. Maria a Cerrate, uscita Squinzano Casalabate.
Ambiente esclusivo, prezzi medio alti.