mercoledì 15 aprile 2020

                            Il pellegrino dell’Assoluto

            Dio fammi conoscere le tue vie, affinché io ti conosca… (Esodo 33:13)

Tempo fa trovai un libro antico su San Francesco dal titolo emblematico: “Solvitur ambulando”, cioè camminando si sciolgono le pene, si risolvono i conflitti interiori, ci si accosta alla vera quiete.
Raccontava dei tanti viaggi del serafico Padre compiuti per portare il messaggio della salvezza e di come macinare chilometri a piedi fosse qualcosa di benefico per l’anima.
Camminare è qualcosa di grande.
I monaci, che la sapevano lunga sulla serenità, consigliavano questa attività agli irrequieti novizi.
I frati del Poverello di Assisi, a passo poco gagliardo ma senza fermarsi e a qualsiasi età, affrontavano cammini dirupati e mulattiere in quello che oggi io amo chiamare lo "spaziamento infinito”.
Ho camminato in quasi tutte le montagne d’Abruzzo e ad ogni incontro veloce, su smozzicate tracce di sentieri, ho visto volti radiosi, sorrisi sereni.
Perché camminare fa bene all'anima.
Sin da ragazzo mi è sempre piaciuto far di passi.
Amavo a quel tempo stare sulle cartine, seguire i percorsi che poi immaginavo di fare.
Molti di questi poi li ho fatti davvero. La mia è sempre stata comunque una scelta di lentezza, con poco bagaglio e molti sogni.
Leggevo quasi in continuazione un libro di Mark Twin, “Le avventure di Huckleberry Finn”.
Mi piaceva la sua struttura on the road, il suo linguaggio diretto parlato.
Ci trovavo lo stesso spirito di libertà e di fuga che mi faceva amare mettere il piede davanti all'altro.
Trovavo il ritmo della narrazione lineare e coerente col fascino del viaggio.
Ho sempre pensato che non esiste cosa più bella del camminare.
I sentieri, le strade parlano di Dio, conducono a scoprire luoghi dell’anima, piccole chiese di campagna, grandi santuari.
E credo di essere francescano anche perché San Francesco camminò davvero fino alla fine.
Camminare ti porta a conoscere il passato per aiutarti a capire meglio il presente, ti fa scoprire vecchi mestieri, lavori artigianali, esistenze giornaliere di uomini orientati comunque verso Dio, a volte anche senza saperlo.
Al camminare ho sempre aggiunto lo sguardo del fotografo, del reporter innamorato che scandaglia vite, documenta emozioni, fa scoprire luci e architetture.

Il cammino non è solo un gesto fisico, amici miei; è metafora di vita!
Se ora, all'ultimo tratto del cammino della mia povera esistenza, ho capito almeno una cosa, quella è che non esistono strade già tracciate. Mentre attraversiamo i nostri giorni, apriamo le strade al cammino.
È come se ci trovassimo davanti delle vecchie carte con indicazioni di tracciati ormai semi scomparsi.
Facciamo il confronto con le mappe dell’Istituto Geografico Militare, poi attingiamo da Google Maps e, infine, affrontiamo quei percorsi abbandonati.
Così è il cammino dei nostri anni:
a volte le piste dei giorni sono piene di rovi, ci perdiamo infinite volte, poi riusciamo a procedere per la tracciatura definitiva della strada. Infine, il percorso faticosamente delineato lo si deve far sopravvivere con costante manutenzione.
Questo accade solo con l’aiuto dello Spirito Santo.
Non si è mai visto un vento rinchiuso in un burrone o in una grotta.
Se non ci sono spazi liberi il vento cessa di essere vento. Così è lo Spirito: ha bisogno di “spaziamento”, di espandersi per essere forza viva nel nostro cammino.
La manutenzione è la preghiera che ti porta a destinazione anche attraverso vie impensabili e imprevedibili.
Proprio vero! Ci sono sentieri dell’anima che a volte sono complicati, erti, pieni di curve e anche difficili da trovare.
D'altronde, le belle parole di Mosè nel Libro dell’Esodo, portano a fare una considerazione: dobbiamo conoscere la via giusta per arrivare a Dio.
Le strade dell’uomo portano da tante parti.
Molti intraprendono una via di successo e incontrano mappe di delusioni, altri s’incamminano verso sentieri di peccato per giungere al capolinea della sofferenza.
C’è anche chi, pur percorrendo un cammino di onestà, non riesce a trovare il bivio della gioia da imboccare.
Da anni io prego il Signore nella maniera di Mosè e Lui mi ha indicato la via da percorrere, attraverso la Sua Parola.
E si è lasciato trovare!
Voglio aiutare, provare ad aiutare chi legge, a diventare un “pellegrino dell’assoluto”.
Mi faccio accompagnare da San Francesco, il mio protettore, un uomo che, attraverso il cammino, ha davvero portato l’Assoluto ovunque e a tutti.
Dio solo sa quanto avremmo bisogno di essere pellegrini mistici, uomini e donne in rottura temporanea con la vita di ogni giorno.
Idealmente vi invito, leggendomi, a mettere la bisaccia in spalla, prendere il bastone in mano, rifiutare di lasciarvi bloccare da immobilismo e pigrizia, fuggire dagli orizzonti limitati e cedere al fascino dei grandi spazi, al bisogno di comunicare con l’Infinito.