Nicola da Guardiagrele è l’orafo, scultore più grande che l’Abruzzo, abbia mai ricordato.
Vissuto tra il 1380 e il 1459, ha lasciato all’umanità opere di incredibile bellezza, realizzate soprattutto, in metalli preziosi come argento dorato e con l’utilizzo di bellissimi smalti policromi.
Una produzione sterminata quella dell’orafo : croci professionali, ostensori come quello meraviglioso custodito a Francavilla al Mare del 1413 o quello di Atessa di cinque anni dopo, manufatti in argento sbalzato e dorato, piccole statue argentee, tabernacoli e busti reliquari.
L’opera forse più singolare è custodita nella nostra città di Teramo:
il celebre paliotto d’altare, che il grande artista realizzò tra il 1433 e il 1448.
Trentacinque meravigliose formelle d’argento disposte sopra quattro file di nove ciascuna, accompagnate da ventidue losanghe in smalto traslucido e ventisei triangoli posti lungo la cornice.
Un imponente ciclo cristologico, posto sul fronte dell’altare maggiore dell’interno del Duomo di Teramo, che va dal magnifico momento dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria Santissima, alla Pentecoste dove il Signore regala lo Spirito Paraclito.
Raffigurazioni d’incredibile verismo del Cristo Pantocratore, della Vergine sul Trono dopo l’Assunzione al Cielo, dei Santi più grandi con gli Apostoli fino ad arrivare alla formella che sembra non avere scopo nell’insieme, che raffigura il momento delizioso ancorché straziante delle stimmate di San Francesco.
Questa meraviglia fu realizzata per volontà di Giosia d'Acquaviva (feudatario della regina di Napoli Giovanna I) allo scopo di rimpiazzare un altro paliotto d'argento che era di gran valore ed era esposto nei giorni festivi, rubato nel 1416 nel corso dei disordini che seguirono l'ascesa al trono della regina Giovanna II d'Angiò alla morte del fratello Ladislao I d'Angiò.
Uno stupendo capolavoro di oreficeria sacra, da gustare intensamente davanti alla sua lastra di vetro.
Una produzione, quella di Nicola di Andrea Di Pasquale, questo era il suo nome per esteso, creata con uno stile inconfondibile e incredibilmente moderno, nonostante, la sua complessa epoca di passaggio tra il Medioevo e il Rinascimento.
Non dimentichiamo che è una sua opera, l’eccelsa croce professionale esposta nel museo della Basilica romana di San Giovanni in Laterano.
D’altronde l’Abruzzo ha saputo regalare al mondo una tradizione orafa che ha arricchito, per secoli, chiese e cattedrali tra le più importanti e non solo in Italia, dal maestro del quattrocento, cui s’ispirava Nicola, il fiorentino Lorenzo Ghiberti, fino ad arrivare ai grandi orafi del settecento.
La città dell’artista, Guardiagrele posta in posizione incantevole, a picco, nel cuore del dorso sud della Majella, è comunque patria di un’arte che mostra la vitalità abruzzese nella ceramica, nel legno, nella pietra, nei tessuti, nel bronzo.
Borgo di appena duemila anime, esprime il lavoro di fino, di cesello che ancora viene svolto da maestri fabbri, ramai, ricamatrici del famoso merletto della “sedia” con frange fatte di nodi singolari, fino ai gioiellieri, creatori della splendida “Presentosa”.
E’ un monile d’oro a forma di stella da sei a venti punte, che veniva donato dal pastore transumante alla sua donna, prima della partenza con le greggi, verso il Tavoliere delle Puglie.
Nella parte anteriore del gioiello, due piccoli cuori affiancati, indicavano che la fanciulla era una promessa sposa.
Anche nella poesia, il borgo guardiese non ha eguali: ha visto i natali del più grande poeta dialettale della nostra regione, Modesto Della Porta, modesto non solo nel nome, ma anche nelle umili origini e nel mestiere di sarto.
Vissuto tra il 1380 e il 1459, ha lasciato all’umanità opere di incredibile bellezza, realizzate soprattutto, in metalli preziosi come argento dorato e con l’utilizzo di bellissimi smalti policromi.
Una produzione sterminata quella dell’orafo : croci professionali, ostensori come quello meraviglioso custodito a Francavilla al Mare del 1413 o quello di Atessa di cinque anni dopo, manufatti in argento sbalzato e dorato, piccole statue argentee, tabernacoli e busti reliquari.
L’opera forse più singolare è custodita nella nostra città di Teramo:
il celebre paliotto d’altare, che il grande artista realizzò tra il 1433 e il 1448.
Trentacinque meravigliose formelle d’argento disposte sopra quattro file di nove ciascuna, accompagnate da ventidue losanghe in smalto traslucido e ventisei triangoli posti lungo la cornice.
Un imponente ciclo cristologico, posto sul fronte dell’altare maggiore dell’interno del Duomo di Teramo, che va dal magnifico momento dell’Annunciazione dell’Angelo a Maria Santissima, alla Pentecoste dove il Signore regala lo Spirito Paraclito.
Raffigurazioni d’incredibile verismo del Cristo Pantocratore, della Vergine sul Trono dopo l’Assunzione al Cielo, dei Santi più grandi con gli Apostoli fino ad arrivare alla formella che sembra non avere scopo nell’insieme, che raffigura il momento delizioso ancorché straziante delle stimmate di San Francesco.
Questa meraviglia fu realizzata per volontà di Giosia d'Acquaviva (feudatario della regina di Napoli Giovanna I) allo scopo di rimpiazzare un altro paliotto d'argento che era di gran valore ed era esposto nei giorni festivi, rubato nel 1416 nel corso dei disordini che seguirono l'ascesa al trono della regina Giovanna II d'Angiò alla morte del fratello Ladislao I d'Angiò.
Uno stupendo capolavoro di oreficeria sacra, da gustare intensamente davanti alla sua lastra di vetro.
Una produzione, quella di Nicola di Andrea Di Pasquale, questo era il suo nome per esteso, creata con uno stile inconfondibile e incredibilmente moderno, nonostante, la sua complessa epoca di passaggio tra il Medioevo e il Rinascimento.
Non dimentichiamo che è una sua opera, l’eccelsa croce professionale esposta nel museo della Basilica romana di San Giovanni in Laterano.
D’altronde l’Abruzzo ha saputo regalare al mondo una tradizione orafa che ha arricchito, per secoli, chiese e cattedrali tra le più importanti e non solo in Italia, dal maestro del quattrocento, cui s’ispirava Nicola, il fiorentino Lorenzo Ghiberti, fino ad arrivare ai grandi orafi del settecento.
La città dell’artista, Guardiagrele posta in posizione incantevole, a picco, nel cuore del dorso sud della Majella, è comunque patria di un’arte che mostra la vitalità abruzzese nella ceramica, nel legno, nella pietra, nei tessuti, nel bronzo.
Borgo di appena duemila anime, esprime il lavoro di fino, di cesello che ancora viene svolto da maestri fabbri, ramai, ricamatrici del famoso merletto della “sedia” con frange fatte di nodi singolari, fino ai gioiellieri, creatori della splendida “Presentosa”.
E’ un monile d’oro a forma di stella da sei a venti punte, che veniva donato dal pastore transumante alla sua donna, prima della partenza con le greggi, verso il Tavoliere delle Puglie.
Nella parte anteriore del gioiello, due piccoli cuori affiancati, indicavano che la fanciulla era una promessa sposa.
Anche nella poesia, il borgo guardiese non ha eguali: ha visto i natali del più grande poeta dialettale della nostra regione, Modesto Della Porta, modesto non solo nel nome, ma anche nelle umili origini e nel mestiere di sarto.
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