giovedì 4 aprile 2013

I Guerrieri e i Turchi di Villa Ripa

(Un sincero grazie per la preziosa collaborazione al professor Lucio De Marcellis).

 Scoprii Villa Ripa attraverso una ricerca inedita di Angelo Fabiocchi, suo abitante entusiasta, dove si parlava del simbolo di questo piccolo borgo a pochi chilometri da Teramo: due palazzi di altrettante famiglie facoltose, i Guerrieri ed i Turchi che aprivano e chiudevano l’abitato, a simboleggiare il dominio dei signorotti sul popolo.

Oggi la dimora Guerrieri si trova quasi al centro del paese in Largo San Martino e le fa da completamento, una grossa costruzione situata di fronte al palazzo stesso e che si allunga, per una ventina di metri, verso est fiancheggiando, da un lato, la chiesa parrocchiale.

Essa era adibita a cantina, ci dice la ricerca del signor Angelo, dove la ricca famiglia ammassava, dentro grossi botti, centinaia di ettolitri di vino che i vari contadini (quasi un centinaio) producevano nelle loro masserie.

I palazzi Guerrieri e Turchi sono di origini molto antiche, sicuramente tra i primi a essere stati edificati.
Il primo fu ampliato intorno agli ultimi anni del '700 ad opere del sacerdote Don Giacinto Guerrieri.

Dalla parte opposta della canonica, verso est, vi è la zona nuova del paese con costruzioni moderne che fiancheggiano una più ampia via chiamata "strada delle Fornaci”.

Negli ultimi anni dell’800 fu sostituita dall’arteria che oggi percorre un tragitto più ampio ma comodo.

La chiesina, edificata nel 1607, è stata ristrutturata nell'ottobre del 1968 assumendo l'aspetto attuale.
Del tempio originale di S. Martino, purtroppo, non vi è più traccia se non nei muri perimetrali.
Sulla facciata della chiesa è posta una Madonnina.
La targa indica che fu collocata dall'Azione Cattolica in occasione dell'anno santo 1950.
All’attualità la parrocchia conta circa centottanta famiglie per un totale di settecentocinquanta anime.

Fuori dal paese merita una visita la ripida via della Fonte Vecchia, molto utilizzata fino all'ottobre del 1935, quando arrivò in paese l'acqua potabile ad opera della Società Acquedotto del Ruzzo.

Alcuni abitanti si sono impegnati anni fa per riportare alla luce la fontana coperta dai calcinacci di una discarica abusiva.

Da qui è possibile, di fronte, nell'altra parte del Tordino, osservare l'edificio della Motorizzazione.

Nel sottostante greto del fiume di fronte a Villa Butteri, c'è il Ponte di Turchi a tre arcate di cui una crollata circa quarant’anni fa e, vicino, il Mulino di Turchi funzionante fino agli anni ‘60, al quale era annesso un frantoio ed una macchina per selezionare l’erba.

Scrive ancora Angelo Fabiocchi:
Della famiglia dei Turchi si hanno le prime notizie a partire dalla fine del 1500 ma non sappiamo se sono originari del paese, comunque da quella data hanno abitato stabilmente a Villa Ripa nel loro palazzo, situato in largo Turchi, tenendo conto che avevano grossi possedimenti nella nostra zona.

Era di loro proprietà l’attuale mulino (funzionante fino agli anni ’60) con annesso il frantoio ed una macchina per selezionare l’erba (ora tutto diroccato) sul Tordino in località "Contrada della Marchesa"; di tutto lo stabile si ha notizie già dai primi anni del ‘700.

Il ponte che si trova a qualche metro dal mulino è chiamato " il ponte di Turchi" e molto probabilmente venne costruito da questa famiglia visto che la maggior parte dei terreni confinanti col fiume era di loro proprietà.

Il 23 Giugno 1858 , la vigilia di San Giovanni la sera, verso le ore 20, il ponte di Turchi (si tratta del vecchio ponte precedente a quello ancora esistente che da Villa Ripa porta a Villa Butteri e quindi a Montorio, passando per Frondarola) "fu dalla propria piena del Tordino scarpito e demolito portando la grossa vena, su cui era piantato, sotto le ripe di Cellone (nomignolo di una famiglia di Villa Butteri da cui aveva preso il nome il burrone dalla parte di detto paese) per quanto il fiume era gonfio, che le acque penetrarono dentro il molino rovinando le macine, una porta del molino fu dall'acqua cacciata e l'acqua stessa toccava i coppi del trappito”.

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