(Grazie alla mia cara amica e studiosa A come Alessandra per le foto del bassorilievo!).
So bene di espormi alle ilarità di chiunque leggerà queste righe ma nel Teatro Romano di Teramo c’è un’opera d’arte diciamo “singolare” di cui molto si è già parlato ma della quale magari qualche teramano ignora l’esistenza.
Tra i tanti importanti reperti archeologici custoditi all’interno della cavea può essere sfuggito un bassorilievo plastico rappresentante un fallo alato di ampie proporzioni finemente scolpito.
Si, avete letto bene.
Si tratta di un grande pene già scoperto molti anni fa, intorno al 1963, dal caro amico Giammario Sgattoni, dopo l’abbattimento di palazzo Ciotti, edificio del ‘700 che insisteva pochi metri più avanti, dove oggi c’è un supermercato.
Il reperto sparì misteriosamente e per molti anni non se ne seppe più nulla.
Adesso è magicamente ricomparso grazie all’associazione Teramo Nostra.
Secondo il professor Melarangelo, studioso di storia antica, la pietra col bassorilievo del fallo è un omaggio al tempio dedicato al dio Priapo della mitologia greca e romana, noto a tutti soprattutto per la spropositata lunghezza del suo organo genitale.
Qualcuno nel vederlo ha commentato si trattasse della statuetta di Priapo che, secondo la testimonianza di facili donnine, girava ad Arcore tra le ragazze alle "cene eleganti" di Silvio Berlusconi.
Lasciando da parte facili battute e goliardie, tornando seri, si può ben dire che siamo davanti ad un reperto importante.
Certo non nuovo come stile se teniamo conto che, nell'arte romana, il fallo veniva spesso raffigurato in affreschi e mosaici, generalmente posti anche all'ingresso di ville ed abitazioni patrizie.
L’enorme membro di Priapo era infatti considerato un amuleto contro invidia e malocchio e molte donne patrizie indossavano al collo dei gioielli con piccoli cilindri raffiguranti l’organo.
Inoltre è noto che nelle campagne gli agricoltori solevano utilizzare cippi di forma fallica per delimitare le proprietà degli agri.
Priapo era figlio di Afrodite e Dionisio.
Il suo glande fuori misura, lo aveva trasformato in un essere grottesco dalla pancia enorme e la lingua lunga.
Per l'insieme di queste deformità, Afrodite lo rinnegò e lo abbandonò.
I pastori che lo allevarono, considerarono la sua mostruosità fallica portatrice di buoni auspici per la fertilità dei campi e delle greggi.
Così Priapo, che rappresentava l'istinto e la forza sessuale maschile, divenne il dio dell'atto d'amore e della fertilità rurale.
A Teramo quindi esisteva il culto di questa divinità così particolare con un tempietto che insisteva vicino al grande teatro.
Ci si è chiesti il perché delle ali e del fatto che un pene più piccolo si insinua sotto a quello grande, visibile solo guardando la pietra da vicino.
Qualche esperto ha ricordato l'animale associato a Priapo che è l'asino per una sorta di analogia fra il membro del dio e quello del ciuco.
Un giorno, secondo la mitologia greca, il satiro era intento a insidiare una Ninfa dormiente, ma il ragliare di un asino svegliò la creatura, impedendo al dio di farla sua.
Priapo odiò così tanto l’animale da pretendere sacrifici costanti con l’uccisione di poveri ciuchini.
Nell’antichità si credeva che chiunque riuscisse a vedere “l’asino che vola” poteva godere delle attenzioni degli dei.
Questo forse spiegherebbe, in maniera un po’ fantasiosa, la strana presenza delle ali.
Motivo in più per chiedere a gran voce di valorizzare ulteriormente tutta l’area archeologica con le vicine pietre dell’anfiteatro.
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