Il vecchio camion ansima arrancando verso Roccacaramanico, nel cuore selvaggio del Parco della Majella, tra Santa Eufemia e il distretto del benessere di Caramanico Terme.
Viene rincorso da un nugolo di candidi cani, inflessibili guardiani del gregge venuto giù dagli stazzi di Passo San Leonardo, pochi chilometri dalla conca peligna di Sulmona.
La storia di questo borgo medioevale, posto alle pendici del Morrone in uno scenario fiabesco, parte dall'anno 875, data di fondazione del monastero di Casauria tra i possedimenti della badia e passa attraverso innumerevoli dominazioni, data la sua posizione strategica sulla valle dell’Orta.
La piccola casa è deliziosa, circondata di gran verde.
Marino, settanta e passa anni vissuti da pastore, ha le sue radici profondamente avvinghiate a questa terra.
Oggi zappa un orticello e cura due o tre arnie piene di api.
Tocco la corteccia delle sue mani e la stretta è così forte da tramortirmi.
Tutto intorno gli uccelli sparano trilli fenomenali.
“Sono sindaco, vice sindaco e assessore alla cultura”- ride, alludendo al fatto che in questo paese ad abitarvi per tutto l’anno sono in sei: lui, la moglie, un'altra coppia di piccoli imprenditori di bad e breakfast, un pastore e Luciano che di mestiere fa il cuoco.
Dopo l'abbandono degli anni 70, oggi si è sviluppato il fenomeno di nuove presenze durante il fine settimana e la stagione estiva.
Sono nuclei familiari che recuperano abitazioni destinate alla rovina, favorendo la nuova vita del paese.
E’ sorto un museo etnografico, frutto dell’iniziativa del Comune di Sant’Eufemia a Maiella, l’Associazione Roccacaramanico e dello storico Marcello De Giovanni: attrezzi, strumenti, documenti, fotografie, costumi, oggetti di uso quotidiano.
Ora attende restauro la cinquecentesca parrocchiale di Santa Maria delle Grazie sulla sommità del paese.
Lì, nel 1964, Marino sposò la signora Marianna e quella festa di nozze fu l’ultima nel borgo.
Guardo le piante e i fiori.
Quassù hanno un colore più deciso.
Fiorisce il rosmarino, incredibilmente sulla roccia, le cicorie sono lunghe e appuntite e Marianna ha raccolto l’occorrente per il suo decotto serale di malva.
“Voi in città neanche immaginate cosa riescano a ripulire nell’intestino queste foglie”.
Sporge da un fascio verde che quasi le copre il viso.
Con lo sguardo indica le arnie e sentenzia: “le api muoiono, le regine perdono il pungiglioneper l’inquinamento. E pensa che da noi l’aria è ancora buona. Figurati che si respira a Pescara o nella tua Teramo”.
Nel 1968 il mitico colonnello Bernacca, calcolò che, in 24 ore, in questo sperduto paese caddero oltre 350 centimetri di neve, polverizzando il record di precipitazioni bianche che apparteneva a Saint Luke negli U.S.A.
Oggi nevicate del genere non ce ne sono più anche se i fiocchi bianchi, ogni tanto, fanno capolino d’inverno.
La natura impazzisce.
Le zecche quasi non ci sono più, i funghi sono merce rara, le vipere proliferano a migliaia per il troppo caldo.
”Anche i cinghiali sembrano impazziti- dice Marino- distruggono tutto con una forza incredibile. Abbattono anche i muretti a secco di pietra e addio ai campetti di patate”.
In lontananza la grande distesa di faggi della riserva “Lama Bianca”riempie il cuore di struggente tenerezza.
Questa è la montagna madre come nemmeno te la immagini.
Roccacaramanico si raggiunge dall’autostrada Pescara Roma, uscita Scafa , S.S. 487.
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