Una città che prende il suo nome non da un solo fiume, ma da due ha nell’acqua la traccia indelebile della sua identità.
E Teramo, l’antica Interamnia ha sicuramente la sua memoria storica nel Vezzola e nel Tordino che l’abbracciano così forte da creare una sorta d’isola felice.
Immagini certo molto diverse da quelle amene e gioiose di un tempo, quando i fiumi erano la meta sociale di tutti: dei giovani che pescavano granchi e anguille e si tuffavano in acque pulite, dei vecchi che scambiavano opinioni sotto l’ombra degli alberi, delle lavandaie che sulle pietre strofinavano i panni dei pittori che in questo luogo ameno trovavano ispirazione per le loro tele immortali, dei contadini che qui avevano i loro orti.
La portata d’acqua oggi certifica che siamo davanti a due piccoli torrenti con margini rimaneggiati, per quelli che un tempo, neanche lontanissimo, erano due fiumi navigabili.
I crinali barbaramente incisi e l’urbanizzazione selvaggia hanno impedito la tutela dell’ecosistema.
I percorsi fluviali, nonostante molte interruzioni dovute al Lotto Zero e a piccoli disastri ambientali, rappresentano ancora una ricchezza naturalistica tra salici, pioppi, sambuchi, allori, giunchi e cardi e tra aironi, corvi e rondini che spiccano voli nei luoghi più nascosti.
I fiumi aiutano anche a trasmettere ai giovani una conoscenza storica del territorio.
Dal fiume Tordino con un po’ d’intraprendenza e lungimiranza, il comune di Teramo potrebbe creare un percorso che dal fiume alle colline, porterebbe in montagna verso le sorgenti del fiume sotto il monte Gorzano, cima principe del complesso montuoso della Laga.
Dall’altra parte, seguendo il corso del Vezzola si riscoprirebbe una vetusta arteria importante di comunicazione tra i popoli del nord Italia e quelli centrali, la Via Regia di cui racconta nei suoi scritti lo storico teramano Palma.
Un itinerario bellissimo che proseguiva oltre Campli, percorrendo la sommità delle tondeggianti colline per raggiungere Civitella del Tronto, quindi s’inoltrava di là dai confini del Regno, verso Ascoli Piceno.
Partendo dalla città, dalla storica Fonte della Noce che ricorda il passaggio della Regina Giovanna, nell’antica borgata Vezzola o dal vecchio Tiro a Segno, incontriamo il Ponte degli Impiccati, nome spaventoso che evoca momenti bui e tempestosi.
Conosciuto dai teramani come “lu ponte degli Impisi” cioè gli appesi, queste quattro pietre scampate ai disastri dell’uomo e della natura, risalgono al XII ° secolo o giù di lì.
Da qui, fino agli inizi dell'800, passavano i condannati a morte per impiccagione e ghigliottina reclusi nelle carceri della Teramo di allora, ubicate nell'ex convento di Sant'Agostino.
Il pezzo dell’arcata del ponte che ha resistito al tempo, già seminterrato, scomparve oltre trent’anni fa, inghiottito da improvvidi interramenti, durante la realizzazione del Piazzale San Francesco.
Risalendo il lungofiume del Parco del Vezzola percorrendo la pista ciclopedonale si arriva al medievale Ponte degli Stucchi, posto sul greto del corso d’acqua.
L’opera, oggi in abbandono, era un passaggio cruciale per chi anticamente voleva raggiungere Ascoli Piceno, grande direttrice di una Strada Reale che il Palma ipotizzava collegasse Teramo e Bellante attraverso la collina di Scapriano, a Ponte Vezzola.
Una piccola erta di cento metri conduce al piazzale del Palazzetto dello Sport con la possibilità, su stradine secondarie, di attraversare il piccolo abitato di Scapriano, in collina e conoscere l’affascinante chiesina di San Martino.
Dalla piazzetta si scoprirebbe un panorama inenarrabile. Un vero spettacolo mozzafiato: il mare Adriatico, i Monti Gemelli, la catena del Gran Sasso, la roccaforte di Civitella.
Continuando lungo il fiume si troverebbe il punto di confluenza delle acque del torrente che scende da Vena a Corvo.
Lungo il greto del fiume, ci si troverebbe davanti a un ambiente selvaggio con affluenti che formano spettacolari canyon fino ad arrivare nella Piana Dèlfico, così denominata per essere stata una delle tante proprietà di quest’agiata famiglia di Teramo.
Deviando in alto si visiterebbe il paese di Castagneto, arrivando in montagna attraverso Ioanella, Poggio Valle, il paese abbandonato di Valle Piola e Acquaratola.
Nessun commento:
Posta un commento