mercoledì 25 giugno 2014

Il Santuario Regio del santo di Capestrano

Tra un sipario e l’altro di nubi compare qui e là una delle tante propaggini del Gran Sasso meno conosciuto lì dove le pietre appese a precipizi sembrano voler parlare.
Mi inerpico per la strada meno frequentata che dalla statale porta al paese. Su di una curva presa larga, sfioro un muretto sopra il quale si trova una piccola edicola con l’immancabile Madonnina.
Mi fermo davanti al cimitero che stranamente trovo chiuso.
Dalla inferriata noto un pezzo di pietra scalpellata con delle parole incise che sbucano quasi come un fiore antico.
Mi piace entrare nei cimiteri e forse questo vi parrà strano. Trovo che in questi luoghi ci sia pace e serenità.
Sto andando a scoprire un convento in Abruzzo che nasconde una storia millenaria, edificato in un punto in cui sorgeva un antico castello di proprietà del sovrano longobardo Desiderio e che al suo interno custodiva rari tesori, oggi disseminati in musei regionali.
Sto parlando del santuario edificato da San Giovanni da Capestrano nell'omonimo paese in provincia dell’Aquila, due chilometri dal centro del vecchio borgo.

L’uomo lo trovo, inaspettatamente, seduto su di uno sgabello proprio davanti al portone d’ingresso.
Lavora, nel silenzio del posto, con stecche di canne selezionate per fabbricare canestri di giunco. Evidentemente si procura il materiale scendendo sotto il fiume Tirino, non lontano da Capestrano.
Mi piace pensare, guardando a questa scena d’altri tempi che questo signore abbia ingaggiato una sorta di battaglia contro la plastica e i suoi contenitori, a vantaggio di utensili in vimini.
Proprio qui, secoli fa, si svolgeva uno dei più grandi mercati della regione.
Il vecchio, stimolato a parlare, rivela di essere originario di San Vincenzo a Valle Roveto e capisco da dove gli viene la perizia con cui le sue mani producono canestri.
Il paese ubicato sulla sponda destra del fiume Liri, un tempo concentrava il maggior numero di fabbricanti di questi contenitori.
Ora si trova, per varie vicissitudini in questo luogo, dopo aver combattuto nella seconda guerra mondiale a Ortona, la “Stalingrado d’Abruzzo”, punto focale nella linea maginot di battaglia che dal mare portava in montagna, attraverso la valle del Sangro.
Mi racconta con soddisfazione, dato che acquisto un suo cestino, che era stato abbandonato, dopo la morte della moglie, dal figlio emigrato in Australia, dall'altra parte del mondo a 15.000 chilometri di distanza, la terra dei canguri dove il lavoro c’è, eccome.
Il figlio non torna da anni.
Ci salutiamo non prima che il vecchio mi regali la sua stilla di saggezza:
“La gente come noi- mi dice- che non rimane attaccata alla sua terra, fa la fine delle api impazzite che non ritrovano la strada di casa”.

Torno ad occuparmi del convento di Capestrano.
Nel 1447 il santo francescano volle far costruire questo luogo per i frati dell’Osservanza sotto il titolo di San Francesco d’Assisi, ben più grande di quello presente già da anni prima nel vicino paese di Ofena.
Quando San Giovanni morì nei pressi di Belgrado, nell'allora Jugoslavia, per espressa volontà del religioso, le sue spoglie furono riportate proprio a Capestrano e custodite gelosamente nella piccola cappella adiacente il salone dove, nello stesso anno la nobildonna contessa Cobella, fece realizzare la grande biblioteca dove custodire il grande numero di libri di suo possesso.
Quello che maggiormente attrae il visitatore è il bel chiostro a due ordini di colonne, presente sul fianco sinistro della chiesa dall'inizio del seicento.
Le colonne inferiori sostengono la volta del chiostro, mentre quelle superiori formano una sorta di corridoio, costeggiato dalle antiche cellette dei frati, donando un bel colpo d’insieme alla struttura. Intorno al chiostro ci sono dipinti che raccontano la storia di San Giovanni.
Da non perdere la monumentale scalinata che porta alla biblioteca di valore immenso dove sono custoditi scritti originali del santo.

Il luogo santo di Capestrano fu insignito dell’ambito titolo di Reale Convento nel seicento, a opera di Carlo II, re di Spagna, reggente del Regno di Napoli che volle, col suo decreto, dare lustro a questo luogo che era meta di viaggiatori, pellegrini in numero prodigioso per quei tempi.
Fuori la grande struttura, periodicamente si svolgevano grandi fiere alle quali accorrevano, numerosi, mercanti in cerca di affari.
Nel settecento, il convento divenne ancora più grande con l’aggiunta di altri fabbricati annessi. Basta osservare la grande scalinata interna di raccordo, già menzionata, che venne realizzata nel 1750 per unire le due anime del complesso.
Nel corso dei secoli la chiesa ha avuto vari rifacimenti, il cui primo fu realizzato all'atto di beatificazione di San Giovanni, nel 1515. Interventi di una certa consistenza si sono avuti nel 1625 e nel 1669, in occasione dell’inaugurazione della cappella del santo, la cui canonizzazione risale al 1690.
Un bell'altare ligneo, all'interno della chiesa, fu sostituito da uno in marmo, a lato del quale era custodito un insigne busto argenteo raffigurante Giovanni, realizzato nel 1740.
L’ultimo restauro è datato 1925, quando la chiesa venne decorata in gran parte dall'artista abruzzese Padre Colombo Cordeschi da Lucoli, sempre nell'aquilano.
Oggi i francescani hanno quasi abbandonato per mancanza di forze, la struttura che è gestita direttamente dal comune. Le visite si possono fare grazie a due frati che risiedono ancora all'interno.
Ora non mi resta altro che scoprire le bellezze del castello.
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Si raggiunge Capestrano attraverso la A25, uscita Popoli Bussi, proseguendo sulla statale 159, direzione L’Aquila. Per informazioni 086295234


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