domenica 10 gennaio 2016

“Laudato sì”! La maestria della natura

KALIPE': Il mio passo libero con San Francesco.
(Libro pubblicato in novembre 2015- Capitolo secondo)
Dio è bello e la bellezza è l’esca del divino, la trappola con cui più volentieri Dio cattura le anime. (Simone Weil)

Ho sempre amato camminare in montagna e ho scalato tutte le cime del nostro parco in convulsi anni di escursionismo con il C.A.I.
Ricordo la prima volta che salii su una vetta come fosse accaduto ieri.
Non si trattava della classica ascesa al Corno Grande, ma di una salita su Cima Lepri, montagna bellissima ma minore nell'immaginario di chi va per monti, in mezzo alla Laga delle foreste.
Si toccavano il famoso "Tracciolino di Annibale" e il suo presunto Guado, in sella tra Pizzo di Sevo e, appunto, Cima Lepri.
Leggende e tradizioni orali raccontavano d’interminabili viaggi del condottiero con i suoi soldati. Il grande stratega aveva scelto la via più breve ma erta e difficile per arrivare all'Adriatico e scendere a Canne di Puglia. Qui, si sarebbe poi svolta la storica battaglia con Roma caput mundi. La mia fervida immaginazione vedeva guerrieri indomabili che, secoli prima, avevano costretto gli arroganti Romani all'umiliazione delle forche caudine.
Rimembranze di una scuola che qualcosa mi ha lasciato dentro.

Certo, bisogna riconoscere che Annibale era un grande!
Lo chiamavano “Folgore” questo genio militare, figlio di Amilcare, protagonista della Prima Guerra Punica, nato nel 247 a.C., abituato alle discipline degli accampamenti, famoso per crudeltà, inflessibilità, astuzia. Dicono avesse un viso bellissimo seppur “orbo veggente”, con un solo occhio, avvicinato come tattico a nomi come Alessandro Magno o Napoleone. Per i berberi dei monti dell’Atlante è ancora oggi una demoniaca divinità tutelare, “Sidi N’Bal”.
Da piccolo parteggiavo per i Romani che, per me, erano i buoni. Oggi mi rendo conto che avevo travisato la storia. Annibale combatteva per la libertà. Aveva inventato un’alternativa al mondo pastorale delle montagne: una viabilità dei tratturi, lontana dalle pericolose arterie consolari dove avrebbero potuto incontrare tanta gente poco raccomandabile. In montagna al contrario, le truppe avrebbero dovuto vedersela solo con “qualche intemperia”!
Forse era per questo che Annibale, a quanto ricordi, non fu mai sconfitto in campo aperto. Dovette soccombere al potere dei Romani, vinto ma non “perdente”. Anni e anni di presenza negli Appennini lo avevano reso così forte da incarnare la leggenda. Lo diceva sempre l’amico Massimiliano, autentico lupo di montagna e compagno di tante peripezie montane: i monti della Laga sono la roccaforte del mondo, una perfetta acropoli, una fortezza naturale.
Passavano qui i Templari, i mercanti sulla via del sale, i chierici, gli avventurieri, i soldati, i principi. Da queste parti la foresta protegge!

Ricordo che quel giorno affrontammo una lunga ma bellissima cavalcata in cresta fino alla Sella della Solagna, tra panorami aerei e piccole cascate a valle di Selva Grande. Mentre a fatica si saliva alcuni raccontavano di misteriose grotte, come quella detta di Ratta Murella, non lontano, verso la cresta del Voceto, dove pare si riunissero i briganti e dove, secondo alcuni, era sepolta niente di meno che una principessa, compagna di vita proprio del condottiero Annibale.
In cima c'era una croce gigantesca in ferro che al sole di mezzogiorno pareva incandescente. Era illuminata da sud a festa.
Ricordo che per me fu come vedere l'aureola sulla testa di San Francesco.
Ipnotizzato, sentendomi quasi un Walter Bonatti quando giunse sul Cervino a 4478 metri di altezza il 22 febbraio del 1965, stesi le braccia alla base di questa croce, strinsi il corpo metallico sul petto e piansi di gioia. Ero solo a 2445 metri di altezza ma a me pareva di toccare il cielo.

Iniziai a voce alta a recitare il "Laudato sì o mì Signore" di San Francesco che conoscevo a memoria. Poi, ricordai che ero in gruppo, non da solo e che quegli amici di escursione certo non conoscevano la preghiera- poesia del Poverello di Assisi. In realtà non sapevo se il gruppo annoverasse anche dei non credenti che potevano infastidirsi di quel mio moto devozionale.
Mi girai, continuando a recitare i magnifici versi e li trovai tutti in ginocchio a mani unite. Fu un momento benedetto da Dio che non dimenticherò più.

Non avevo certo fatto una scalata solitaria per quattro giorni a trenta gradi sotto zero e nel cuore di una parete esposta e pericolosa, ma per me significava molto.
Da piccolo avevo sempre avuto paura delle altezze, una fobia senza fine che m’impediva anche di salire a casa del mio più grande amico, oggi avvocato, Biagio, che abitava al quinto piano di un palazzone a Teramo.
Quella lunga ascesa segnò il confine tra il mio essere bambino e il diventare davvero adulto, conscio delle mie possibilità.
Rimasi così affascinato che, nei successivi anni, come un invasato, scalai tutte le montagne possibili da casa mia. Ogni volta che ne conquistavo una, sia se agevolmente, sia se con fatica come gigante che mette a dura prova la tenacia di un piccolo uomo, era sempre come essere salito sullo "scoglio più nobile d'Europa".
Questo accadeva sia se si trattasse del Corno Piccolo, sia il meno conosciuto monte Piselli dal nome così poco nobile.
E ovunque, sulla vetta, recitavo a voce alta la bella preghiera del mio santo Francesco!

Cima Lepri mi è rimasta nel cuore come montagna speciale, come la mia "prima volta" con la fidanzatina.
Ancora oggi, quella vetta avulsa dall'escursionismo di massa mi aspetta per regalarmi spazi incontaminati ed emozioni uniche. Lei, immane accozzaglia di pietre ed erba, non ha cognizione del tempo che passa. Io, per quella montagna, sono ancora un ragazzone forte e capace di dominarla.
La giovinezza se ne va come il vento davanti alle nostre porte, come onde del mare che s’innalzano credendo di essere montagne per poi diventare schiuma.
Qualcuno potrebbe dire che densità ha il fumo? I nostri sogni pesano meno del fumo.
Il tempo passa, San Francesco con il suo meraviglioso ”Cantico delle Creature” rimane per sempre! Solo il passare del tempo dà consistenza all’anima.

“O San Francesco, ascoltatore di Dio, insegnaci a sostare in ascolto, in mezzo ai rumori della vita, della Parola di libertà, di perdono e speranza che nasce dal Vangelo di Gesù”.

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