domenica 18 settembre 2016

La lenticchia con la L maiuscola!

Quelle di Ustica sono le più piccole d’Italia.
Quelle nostre abruzzesi di Santo Stefano di Sessanio sono tra le più ricche di nutrienti. E poi, nel Lazio, c’è la Valle di Onano che ne produce di generose dimensioni.
Ma se parli di lenticchie si finisce a Castelluccio di Norcia.
Perlomeno prima!
Adesso, purtroppo, l’immaginario collettivo associa a questo splendido territorio, solo e unicamente il terremoto.
Arquata del Tronto è lì, unico spartiacque il massiccio dei Sibillini, tra Vettore, Cima Redentore, monte Priore.

Questo altopiano piantato nel cuore dei Sibillini e dei luoghi tanto amati da San Francesco d’Assisi, questo luogo magico dove nasce la lenticchia con la L maiuscola, è sempre stato martoriato da una lunga serie di sisma.
La spianata in cui da secoli si coltiva il prezioso legume, era in epoca preistorica, un lago di montagna dove si specchiava la cima nervosa del monte Vettore. Gli esperti dicono che fu proprio un terremoto a far tracimare il lago.
Addirittura in antichi manoscritti si leggerebbe che il clima da quel momento si irrigidì a tutto vantaggio della coltura di lenticchia, dato che il legume cresce meglio e gustoso in contesti quasi proibitivi: estati caldissime e inverni freddissimi!
A Castelluccio ancora oggi si perpetua la tradizione del pellegrinaggio fino alla chiesa di santa Scolastica a Norcia per rivolgere la preghiera di un proficuo maltempo!

Intervistai anni fa Norma, la figlia di una mitica “CARPIRINA”. Erano le dame che raccoglievano questo regale prodotto: dieci ore al giorno piegate sul terreno. Erano le donne delle lenticchie che facevano il paio con le mondine del riso.
Mi raccontò di un mondo fantastico fatto di lavoro duro, canti e gioia comunque. Nessuna rivendicazione salariale, solo stornelli.
Ingaggiate dai proprietari terreni nella piazza di Castelluccio, le donne venivano pagate per la quantità di terreno lavorato. La sera andavano a dormire nei fienili che i padroni mettevano a disposizione, insieme a un pasto frugale.
Non è storia di oggi con i migranti trattati duramente, tra caporalati e vita grama?

Oggi quella gioia è scomparsa insieme alle carpirine.
Tristezza, distruzione del terremoto, fanno il paio con raccolti che man mano si sono fatti più onerosi e meno remunerativi e dagli anni ’60 tutto è meccanizzato e tutto più difficile anche per le condizioni climatiche. La lenticchia venduta a peso d’oro è ancora la migliore, piccola, piatta, tonda e dal colore che sfuma tra verde e marrone nocciola, ed è la stessa che arriverà sulle nostre tavole con lo zampone della mezzanotte di Capodanno.
Ma quest’anno mancherà ancor più il sorriso!

Scrivevo tempo fa a proposito di questo luogo tra i più belli d'Italia....

“C’è un grande prato verde dove nascono speranze che si chiamano ragazzi. Quello è il grande prato dell’amore”. Cantava cosi Gianni Morandi alla fine dei fantastici anni ’60.
A Castelluccio, luogo per qualcuno sconosciuto, in quell'enorme prato che è Piano Grande, nascono anche fiori di tutti i colori del mondo.
Un’ esplosione di natura che coinvolge anche Piano Piccolo e Pian Perduto, in quell'immensa distesa che si estende sotto la cima severa del monte Vettore. È uno spettacolo mozzafiato che parla di Dio e che si svolge da inizio giugno, per terminare senza replica, intorno alla metà di luglio. Carovane di camper,auto, moto, fanno tappa in questa immensa pianura. Escursionisti da ogni parte d’Italia, arrivano fin qui per marciare tra i fiori e immortalare con uno scatto fotografico, la bellezza di Madre Natura.
Dapprima esce una teoria infinita di fiori gialli che crescono promiscui, fra orzo e lenticchia. Poi, pian piano fanno capolino i papaveri rosso vermiglio. Infine, come in un crescendo rossiniano, arrivano prepotenti e alteri i blu intensi dei fiordalisi che spuntano a inizio luglio. Nel Pian Perduto, proprio sotto delle immense balze verdi, il trapunto è di fiori bianchi, misti a piccoli soffioni che volano via al primo vento d’inizio estate.
Proprio qui il Signore ha voluto crearsi un luogo dove la natura possa finalmente andare a braccetto con l’uomo.
Mi piace immaginare che San Francesco, di tanto in tanto, venga qui a pregare come pellegrino nella notte dell’anima bisognosa di luce, magari cantando
“Andiamo, andiamo, ventiquattro piedi siamo …” del fortunato musical “Forza venite gente”, sulle scene dal 1981.
Anche noi che santi non siamo, possiamo però mettere un piede avanti all'altro e camminare su questa piana benedetta da Dio, splendida comunque in qualsiasi momento dell’anno. Il clima che si gode da queste parti fa si che i contadini possano raccogliere le famose lenticchie senza necessità di usare pesticidi.
Tutto rigorosamente biologico. Tutto naturale. Anche la famosa norcineria che da queste parti e fino a Norcia, una trentina di chilometri, è un tripudio di sapori, altro non è che il risultato di allevamenti naturali, animali che vivono allo stato brado.
Una sorta di giardino dell’Eden tra erbe profumate e lenticchie saporose.
L’unico centro abitato, Castelluccio, conta un centinaio di anime ed è il cuore pulsante del giovane parco nazionale dei Monti Sibillini, area protetta dal 1993.
Non preoccupatevi della fioritura ormai finita. Da queste parti ogni stagione è tutta da vivere.
A me piace molto, ad esempio, l’atmosfera invernale che può far volare una fervida immaginazione: scompare l’atmosfera mediterranea e arriva la stagione del Grande Nord,tra nebbie, piccole gocce di pioggia che scendono a bagnare un panorama lunare.
Allora, è bello crearsi nella testa una sorta di fiaba dove le fate del Nord Europa decidono di trovare dimora in queste parti, per sistemarsi sulle rive del minuscolo lago di Pilato, alla base delle soprastanti creste di Cima Redentore, lì dove la leggenda inquietante fa sprofondare il personaggio biblico insieme alla biga con i cavalli al galoppo.
O ancora immaginare esseri minuscoli dalla faccia aggrinzita che vivono nelle vicine gole dell' Infernaccio, o la celeberrima Sibilla cumana, il cui antro si troverebbe proprio nel monte a lei intitolato, dietro il Vettore.
Fiabe, leggende, storie incredibili.
Di vero c’è soltanto l’opera incredibile di Dio che, in qualsiasi momento si superi il valico di Forca Canapine e si apra la vista sulla piana, infiorata o no, ci si rende conto che si avrebbe bisogno di qualche occhio in più, perché due rischiano di essere pochi e di mortificare tanta bellezza. Piccole ondulazioni, macchie di boschi, uno a forma di stivale voluto niente di meno che da Mussolini, rettilinei che ti pare di essere in California, il bello della vita è tutto qui.

Info www.sibillini.net o telefonare al comune di Visso, sede principale del parco.

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