lunedì 11 marzo 2013

Pedalare sulla via delle Pinciare

Cresce sempre di più, nella nostra Provincia, la voglia d’itinerari che colleghino emergenze storico-architettoniche con luoghi d’interesse paesaggistico e naturalistico.

Nella vallata del Vibrata, cuore della provincia teramana, ricca di paesaggi agresti notevoli e di centri storici preziosi, esiste un percorso nel Comune di Sant’Omero, da poco corredato da apposita segnaletica.

Si presta a essere utilizzato a piedi, in mountain bike o a cavallo:
è la Via delle Pinciare.
Il nome, come si può intuire, deriva da alcuni affascinanti casali realizzati in terra cruda (le pinciare o pinciaie), tipici dell’architettura “povera” abruzzese, che s’incontrano lungo il percorso.

Il dislivello e la difficoltà sono minimi, il fondo in asfalto e, in parte, in terra battuta. Costituisce un esempio, per tutti gli altri comuni, di come si possa valorizzare un percorso esistente, con poca spesa visti i tempi di ristrettezze economiche.

Può costituire il primo ramo di una rete di vie alternative, famose green ways in grado di regalare agli utenti ambiente e storia di un popolo.

Fin dai primi decenni del 1900 le pinciaie, case di terra estremamente povere e immagine della miseria, erano numerose nella fascia adriatica del teramano.

Si può ben dire che queste case, simili a quelle costruite al tempo degli Etruschi, erano comuni nel settecento sia in Romagna che nelle Puglie.

La tecnica costruttiva pare sia stata mutuata, nel secolo scorso, anche dalle popolazioni slave.
Le abitazioni erano realizzate in aperta campagna con argilla e paglia e costituivano mirabili esempi di architettura dell’”arrangiarsi” per contadini, braccianti e pastori.
Erano caratterizzate da fondamenta pressoché inesistenti e poggiavano su tronchetti di legno infissi nel terreno per dare una parvenza di stabilità.

Eppure, a dispetto di una fragilità estrema, le case raggiungevano una certa consistenza, con un piano terra adibito a cucina dal pavimento in terra battuta, camino, camera da letto e magazzino per attrezzi e stalla.

In più, spesso, c’era anche un piano superiore con altri letti.

Finestre minime, locali maleodoranti e umidi, freddo pungente, di certo la vita nelle pinciaie era difficile.

I suoi abitanti beccavano di tutto, dalle malattie polmonari, alla tubercolosi.

Eppure queste strutture sono la storia di quelli che prima di noi hanno abitato la nostra terra e costituiscono l’espressione di un mondo antico che stiamo dimenticando.
Crediamo sia opportuno che si faccia tutto il possibile per preservare questi manufatti dalla loro scomparsa.

Grazie per le foto e la collaborazione del professor Lucio De Marcellis del Coordinamento Ciclabili Teramane

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