La mia casa è quassù fra le altere pareti e misteriosi silenzi... la mia casa è quassù fra garrule acque e dolcissimi ricordi. Qui sono io, qui è la mia casa, qui sono le mie montagne.
(Antonella Fornari, biologa ed alpinista)
Sulle orme dei mercanti che percorrevano i sentieri di montagna per il commercio del Gran Sasso.
Scopriamo la montagna più alta degli Appennini, visitando il borgo più famoso ai piedi delle Dolomiti d’Abruzzo, dove tanti anni fa nacque l’alpinismo italiano.
La mia casa è quassù fra lo sconfinare delle vette
Il piccolo portale quattrocentesco di San Giovanni, nel cuore di Pietracamela, con il suo campanile a vela, sembra nascondersi in un angolo suggestivo.
Tutto intorno, le case in pietra del 1500, imbracate a causa del sisma, sono attaccate l’un l’altra tra viuzze e salite acciottolate.
Qui tutto si è fermato al maledetto aprile del 2009.
“Terremoti, frane, alluvioni, non ci siamo fatti mancare niente”.
A parlare è Marisa Montauti, che sta preparando la chiesina per la celebrazione eucaristica presieduta dal parroco Don Filippo.
Si dice privilegiata di potersi rendere utile per il Signore.
“Scrivilo pure che Pietracamela rimarrà sempre il borgo più bello d’Italia, nonostante la natura si stia accanendo contro di noi”.
È sempre più ostico vivere in questo paese arroccato su di una pendice montana, porta di accesso al versante est del Gran Sasso.
Siamo proprio ai piedi della montagna più alta degli Appennini.
La terra che ha tremato ha interdetto l’ingresso alla parrocchiale di San Leucio, l’antico vescovo di Alessandria, patrono del paese.
La frana al “Sopratore” la parte alta del borgo, tra rocce e fienili ristrutturati, ha distrutto il mondo antico del pretarolo Guido Montauti e le sue singolari pitture rupestri.
Le caverne di Segaturo, a monte dell’abitato, affrescate con le monumentali figure di pastori create dal suo delirio artistico, sono franate miseramente a causa dell’ultima alluvione del marzo 2011.
Anche il vecchio mulino ad acqua è poco più di un moncone di rudere.
Eppure, la magia di Pietracamela non muore!
Ne è convinto il giovane Paolo Di Furia , candidato sindaco alle amministrative con una Lista Civica intenzionata a rilanciare il turismo, unico sostentamento per questo Paradiso in terra.
Lo è anche Paolo della famiglia Trentini, pretaroli da sempre, che sta cercando di far ripristinare il bel percorso del Sentiero Italia che porta ai Prati di Tivo, l’Arapietra e su fino a Campo Imperatore, piccolo Tibet d’Italia.
Secondo il grande Fosco Maraini questa pianura, infatti, somiglia sorprendentemente a quella di Phari-Dzong a 4200 m, sulla strada per Lhasa.
La chiesa di San Rocco, la casa de “li Signuritte” con le bifore del 400, lo stemma civico cinquecentesco, la piazza Cola da Rienzo cui sembra che il paese abbia dato i natali, la cittadella ha ancora tanto per affascinare i turisti.
Qui i residenti ormai sono circa quaranta, gli stessi della frazione di Intermesoli.
“Molti ultimamente ci hanno lasciato - mi dice donna Valeria che gestisce una locanda dove si mangia il miglior agnello di montagna -, sono saliti più in alto del Corno Grande a risiedere in cielo. Ma anche in pochi si vive bene, in armonia e pace”.
Borgo storico dell’Abruzzo Ultra durante il Regno di Napoli, Pietracamela apparteneva nel secolo XII al feudo della Valle Siciliana di proprietà dei Conti di Pagliara.
In seguito passò agli Orsini, padroni sotto Angioini e Aragonesi fino a che Carlo V nel 1526 lo consegnò al marchese Mendoza fino all’abolizione della feudalità.
Qui un tempo si lavoravano i metalli, si batteva il rame, si pettinava la lana.
I cardatori del paese erano famosi fino in Toscana e nell’Emilia.
Con la nascita del materasso a molle, l’attività scomparve.
Stessa storia per i famosi “sediai”.
Usavano materie prime locali, legno di faggio e paglia. La robustezza della sedia che si realizzava, dipendeva dall’abile lavoro d’incastro del legno.
Che dire poi dei “casari”?
Erano anch’essi artigiani di grande specializzazione.
Decidevano, con sapienza, quando il latte della munta doveva essere bollito e posto nelle “fuscielle”.
Sempre qui si son dati i natali a tre, quattro generazioni di “Aquilotti”, alpinisti di fama mondiale.
L’antica Petra Cimmeria, compresa nella ristretta cerchia dei borghi più belli d’Italia, con il suo masso sovrastante a forma di cammello, nel fine anno e in agosto vive il suo attimo di gloria.
D’inverno, niente caroselli di piste stile Trentino, niente folle agli impianti, volti noti e riti mondani del dopo sci. Solo turismo familiare e montagna spartana, bella e selvaggia.
In estate il piccolo mondo di case vecchie attrae torme di escursionisti.
“Lo spirito del paese è che non importa chi sei e da dove arrivi, qui, nessuno è straniero”, dicono gli ospitali abitanti.
Alcuni di essi, “cardaroli”, indossando i “coturni”, spesse calzature fatte di lana frollata, attraversavano da giovani la Val Maone, lungo l’infido passo della Portella, per vendere mercanzia all’Aquila.
Poco più in alto, sopra la località turistica Prati di Tivo, muraglie inaccessibili di dolomia raccontano, come libro aperto, oltre trecento milioni di anni.
Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".
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Gli articoli sono inoltre pubblicati da Vincenzo Cicconi della PacotVideo , tra l'altro gestore di questo blog, su:
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