sabato 15 giugno 2013

Campli e Civitella del Tronto: parla la storia

Un territorio straordinario dove arte, natura, storia e religione si uniscono alla più classica delle culture gastronomiche contadine per accontentare anche il viaggiatore slow.
I segni prepotenti dell’antico nelle piccole rue, si fondono con un ambiente sontuoso!


Il netturbino, corpulento, passa a bordo della sua Ape scoppiettante.

Quando il rumore svanisce, il silenzio ripiomba sulle pietre della facciata artistica di Santa Maria in Platea fino ai mattoni dorati del cinquecentesco palazzo dei Farnese che qui hanno fatto la storia.

Alle sei del mattino comprendi meglio i gioielli celati dal borgo antico di Campli.
L’aria è frizzante, il sole è una palla rossa sulle colline che circondano l’abitato.
I legni dorati del soffitto della parrocchiale con i suoi artistici dipinti, le eleganti ogive, la misteriosa cripta affrescata, nella luce delle prime ore del giorno, acquistano una bellezza senza tempo.

Lungo il corso seguo l’itinerario classico alla scoperta della “Casa del medico” con la sua corte antica, la millenaria chiesa annessa al convento di San Francesco.

Mi immergo nella spiritualità salendo in ginocchio i 28 gradini della Scala Santa, lucrando l’identica Indulgenza di quella di Roma e Gerusalemme.

Subito dopo il panino con porchetta, vanto gastronomico del borgo, parto per un percorso alternativo alla statale che, da Teramo porta ad Ascoli Piceno e, tra campi arati, mi fermo davanti ai resti dell’antico monastero di San Bernardino, da anni oggetto di restauro infinito.

Uno dei luoghi sacri più interessanti tra quelli fondati dall’Ordine Mendicante di San Francesco, a cavallo tra il buio del Medioevo e la luce del Rinascimento.
Lungo la piana di Campovalano, lì dove furono scoperti i resti di una necropoli antica dell’età del ferro, svetta il piccolo campanile della romanica chiesa di San Pietro.

Già incombe il profilo possente della cinquecentesca fortezza borbonica di Civitella del Tronto, tra le più grandi d’Europa, strenuo baluardo degli ideali del Regno di Napoli.

Abbarbicata come edera alle vecchie abitazioni in pietra, corre sopra le chiome degli alberi e si impone come vigile sentinella dei confini settentrionali del Regno delle Due Sicilie.

Oltre l’antica porta d’ingresso, dentro le intatte mura medioevali che corrono intorno al fortino, cingendo le abitazioni aggrumate l’una all’altra, sembra essere tornati al tempo in cui la vita era regolata dalla creatività degli uomini.

La fortezza solida, un po’cupa, è uno scenario che seduce.

Sulle mura s’arrampica la luce della storia nel riflesso degli antichi camminamenti sopra ingegnose cisterne per la raccolta delle acque piovane.
Civitella del Tronto è un viaggio esaltante nel tempo.
Lungo la strada fortificata, che costeggia i muraglioni esterni, sopra i tetti delle case in pietra, si scorgono le feritoie crociate.

Le mura sembrano ancora rimbombare dell’eco di epiche battaglie.
Dalla balaustra dello sperone, osservo il volo elegante di un nibbio chiudersi a triangolo nel bosco delle gole del Salinello.

Lungo la valle che sposa il territorio marchigiano, si nota l’imponente campanile dell’abbazia benedettina di Montesanto, antico confine dello stato pontificio.
Il paese è un museo a cielo aperto che fonde strutture d’epoca romana alle case alto medioevali dagli archi a sesto acuto, i fregi in cotto.

E’ indispensabile perdersi nel labirinto degli stretti vicoli.
Allungando il collo dentro scantinati, portoni o chiese, appaiono tesori inaspettati: colonne antiche, fontane, scalinate in pietra bianca.
Dalla terrazza di Piazza Pepe si gode un paesaggio superbo.
Un incrocio di valli, le montagne gemelle e il blu del mare Adriatico.

Il campanile del convento di Santa Maria dei Lumi, fuori il paese, batte l’ora media.
Fu proprio lì che la Vergine, a cui si attribuiscono molti miracoli, apparve tra miriadi di fiammelle danzanti.
Un paesaggio d’altri tempi.
Vigne, crinali, campi arati, strade, siepi. Lande verdi dove un tempo si registravano le scorribande dei briganti, lo stanco incedere dei pellegrini, lo speranzoso cammino dei commercianti del sale e delle lane.

Geografie minute che si legano alle vicende storiche di secoli.
Dopo un sontuoso piatto di “ceppe” al sugo di castrato e una porzione di “pollo alla franceschiella”, diventa forte il bisogno di un tuffo nella natura più selvaggia.
Nella vicina Ripe, la vita frenetica lascia posto a sensazioni desuete.

Il fiume Salinello, nella parte più selvaggia del suo corso dove si incunea spumeggiante in un canyon, sembra parlare.
Lo scorrere del fiume, qui ancora giovane e bizzoso, dà vita ad un ambiente straordinario ricco di giochi d’acqua che confluiscono nello spettacolare salto della cascata de “lu Caccame”.

E’ tra gli anfratti di quella spugna di roccia che è l’arenaria della Laga che il fiume, difficile da contenere, si prende le ultime soddisfazioni prima di precipitare in Val Vibrata, sfaldandosi in rivoli nel mare Adriatico.

All’interno di queste gole, s’incontrano eremi nell’arenaria bucata dal lavorio incessante delle piogge.
Oggi le grotte fanno di questo luogo un unicum di grande interesse antropologico con testimonianze dell’età del bronzo e del neolitico.





Gli articoli inseriti nella rivista sono redatti da Sergio Scacchia, autore tra l'altro di tre libri:
"Silenzi di Pietra" e "Il mio Ararat" e "Abruzzo nel cuore".

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