Un incrocio di valli, fili di fumo grigio da camini di vecchie fattorie, campi coltivati scossi dal vento.
Un paesaggio d’altri tempi.
Spira il grecale, portando i profumi della terra.
Continui cambi di prospettiva.
Vigne, crinali, campi arati, strade, siepi e alcuni campanili che denotano la presenza dei paesi.
E’ bello percorrere le strade di collina che fanno da spartiacque tra i fiumi Tordino e Salinello.
La mappa del territorio, di clivo in clivo, si accompagna alla certezza di una beltà senza confini, in un susseguirsi di cambi di scena comunque uniformi.
Geografie minute che si legano alle vicende storiche di secoli.
La mia digitale scatta una classica foto panoramica che celebra l’incontro tra l’uomo distruttore e la natura riparatrice.
A Ripattoni, due passi dall’antico borgo fortificato di Bellante, la vita sembra scorrere come un tempo quando nel X secolo, queste terre erano di proprietà del suo primo feudatario, Attone.
Gli antichi palazzotti signorili sembrano condannati dal tempo e dall’incuria alla completa decadenza.
Non abdica al ruolo di severo custode delle origini medioevali, l’imponente torre in centro paese.
Il silenzio è rotto da un corteo strombazzante di auto al seguito di un matrimonio.
Vanno nella mia identica direzione, completando l’ultimo tornante prima di imboccare la stradina sconnessa che porta all’antica parrocchiale di Santa Maria in Erulis.
Seguo la polverosa comitiva e arriviamo tutti insieme davanti alla minuscola chiesa, oggetto di un lungo intervento architettonico che le ha restituito parte della sua originaria bellezza.
Il complesso architettonico è tutt’altro che imponente.
Questo tempio campestre, a unica navata, dalle notizie storiche incerte è d’impianto romanico.
Si denota soprattutto per una bella monofora e alcune colonne.
La chiesa, secondo gli scritti del Palma, era frequentata in epoche lontane dai servitori, gente umile i cosiddetti “eruli”.
I padroni delle terre, come ricorda Rino Faranda in una delle sue pubblicazioni, seguivano le messe nell’aristocratica parrocchiale di San Silvestro, oggi Santa Giustina.
Tra i parenti in festa, riesco a soffermarmi sul romantico portico a tre ingressi, due ai lati, uno al centro.
Nella cuspide che sormonta il piccolo portale, oggi completamente rifatto, un tempo faceva bella mostra di sé una Vergine con, in braccio, il Bambino stretto nelle fasce.
Sono risucchiato dalla frotta di gente pronta a entrare.
All’interno, tratti di affreschi cinquecenteschi ricoperti da poco interessanti e successive pitture del ‘700.
Anticamente la chiesa era sicuramente tutta affrescata e questo rende l’idea della sua importanza artistica.
Oggi fanno bella mostra di sé tre altari.
L’insieme è gradevole nonostante il tempio sia stato rimaneggiato da alcuni furti, l’ultimo dei quali, nel 1979, vide la scomparsa di una pregevole statua lignea della Madonna di fattura tarda trecentesca.
C’è anche un bel soffitto con travi di legno.
Il presbiterio, un gradino più in alto del pavimento, è compreso in un arco a tutto sesto.
Intorno, figure votive di piccoli putti, la Madonna del Carmine e santi a decorare tutto l’insieme.
Gli sposi raggianti celebrano il loro “si” .
Sorrido e, in cuor mio, auguro loro una buona vita in due!
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