mercoledì 26 giugno 2013

Il polo museale di San Domenico a Teramo: occasione persa

Non tutti i teramani sanno che il convento di San Domenico a Teramo è stato, fino alla scomparsa di quest’ordine religioso in città, l’unico insediamento domenicano superstite nell’area abruzzese che comprendeva, secoli fa, centri spirituali della Campania, del Lazio e delle Marche.

Il visitatore attento sa che, nonostante aleggi nella chiesa una deliberata intenzione di sopprimere ogni elemento decorativo per conferire un aspetto spoglio ed austero, il tempio teramano appare comunque solenne e aristocratico.

L’appassionato di architettura sacra riconosce nell’aspetto puro ed essenziale, nella perfezione formale dell’insieme, uno dei maggiori esempi della cultura ecclesiale nel medioevo abruzzese.
Basta uno sguardo accurato, sia alla chiesa che al chiostro, per rimanere incantati. La visita in questo che è tra i più antichi edifici della città potrebbe riportare indietro, come in una prodigiosa macchina del tempo, al secolo XII.

Il convento ha conservato infatti gran dell'aspetto originario d’insediamento mendicante medioevale tra i più interessanti dell’Italia centrale.

La sua navata ad aula unica con tetto in legno, il chiostro con gli affreschi della vita di San Domenico, i manufatti lapidei, le sculture in terracotta policroma, il suggestivo interno buio e austero intervallato dalle lievi cromie delle opere pittoriche della zona absidale, donano il senso della storia, fuso con quello dell’umanità e della fede, per narrare in modo unico la grandezza di Dio.

La scomparsa dei domenicani a Teramo ha creato un vuoto incolmabile morale e culturale a Teramo.
Al pari dei francescani, i religiosi di San Domenico sin dal 1300, nel corso di una secolare permanenza in città, hanno donato tante iniziative, dalla creazione di gruppi Scout, al Terz’Ordine, fino ad arrivare alla formazione di fraternità di preghiere e corali liturgiche e polifoniche.

I domenicani con il loro zelo e con l’aiuto di Dio, hanno guadagnato l’affetto dei teramani.

Nel corso dei secoli il convento è stato caratterizzato da un insieme di attività; è stato luogo di culto e di studio, associazione socio-assistenziale religiosa, convitto, azienda agricola, giardino officinale, farmacia, sito di attività proto-finanziarie e bancarie, luogo di sepoltura, zona commerciale con la famosa fiera dedicata al santo.

In questa elencazione non può non essere ricordata la funzione religiosa, sociale e culturale svolta dalla “Cattedra Cateriniana” alla fine del secolo scorso, di cui resta una testimonianza in diverse migliaia di opere e di pubblicazioni, realizzate in questo cenobio, sull’Ordine Domenicano nell’ Italia centrale.

Negli anni ’30 e negli anni ’50 e ’70 del XX secolo, il convento fu interessato da lavori di restauro che ebbero il merito di portare al recupero dei dipinti murali quattrocenteschi collocati nell’abside e nelle pareti più vicine, dei dipinti murali del secolo XVIII del chiostro e dell’antico portale affiancato da due bifore medievali di accesso alla sala capitolare detta della “Cappella del Rosario”.

I lavori degli anni ’30, eseguiti e finanziati dallo storico teramano Francesco Savini, furono oggetto di forti critiche durante l’esecuzione e, ancora oggi, vengono citati dalla letteratura scientifica come un caso negativo.

Identica sorte per quelli effettuati negli anni ’50 e ’70, anch’essi di dubbio gusto.

Tra i restauri bisogna menzionare quelli dell’abside nei primi anni del 2000 che furono sostenuti dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Teramo.

San Domenico aveva tutti i crismi per diventare un centro di documentazione teologica e culturale, un museo che avrebbe narrato anche le vicende storiche e devozionali di Teramo.

Ancora oggi il sito è comunque un importante luogo di preghiera, grazie all’importante lavoro spirituale dei frati dell’Immacolata.

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