lunedì 9 settembre 2013

Il mio Ararat!

Dal secondo libro: "Il mio Ararat". 
Capitolo: Sui sentieri del Piccolo Tibet

...Abbiamo visitato il curioso e minuscolo museo della vecchia funivia del Gran Sasso.
Il tavolaccio su cui ho dormito, ha lasciato i segni nella mia schiena ormai scricchiolante.
Decidiamo di rimanere in zona per almeno un paio di giorni e divertirci a percorrere qualche sentiero di cresta.

Seguiamo il percorso per la sella di monte Aquila, diretti al rifugio Garibaldi.
Una volta superato l’osservatorio astronomico, inizia un tracciato a mezzacosta, direzione nord, passando sotto cresta e in salita, che giunge alla Sella di Monte Aquila a 2335 metri.

Da qui la vista spazia su Campo Pericoli e la val Maone dalla quale siamo giunti. Scorgiamo anche il rifugio Garibaldi, uno dei primi eretti nell’intero Appennino.
Se continuassimo in direzione nord raggiungeremmo il “Sassone”, un grosso masso a quota 2500, che prelude al sentiero per il bivacco


Bafile, che si raggiunge con qualche difficoltà e il passaggio attraverso corde e scalette metalliche e su di un terreno non facile con passaggi di primo e secondo grado.

Massimo vorrebbe divertirsi con questa sorta di Tagadà d’altura, ma con veemenza io rinuncio.
Sarò pavido, se dovessi precipitare forse non farei un euro di danno, ma non potrei raccontarvi questo fantastico viaggio!
Pieghiamo verso il Garibaldi, che raggiungiamo scendendo un sentiero a sinistra.
Che sensazione incredibile guardare le cime più alte diventare navi di pietra appena il vento, radunando le nuvole, crea un bianco oceano sotto la valle.

Tutte le vette fanno a gara nell’esibire ciascuna una sua particolare combinazione di forme, strutture e colori per rendersi inconfondibili agli occhi di chi le guarda.

Apprezzo i tormentati profili delle montagne e penso che forse sarà che amo troppo la mia terra, ma il Gran Sasso, più che le Dolomiti, danno l’idea dell’archetipo di luoghi fantastici che fanno pensare agli scenari di Tolkien e le sue vie per raggiungere la “Terra di Mezzo”.

Eppure è “solo” la forza di un’orogenesi remota che ha sollevato incredibilmente i fondali di un antico mare per disegnare questo paesaggio che vive davanti ai miei occhi.

Ritorno bambino quando nel mio diario “Pigna”, disegnavo le cime con rughe, crepacci, foreste, laghi fino a immaginare grotte dove draghi terribili custodivano tesori.
Afferro, avidamente quasi dovessi mangiarlo, il mio binocolo da 300 euro e penso, sorridendo, che mai soldi furono spesi meglio!
Al rifugio decidiamo di fermarci a riposare.
“Quando guardi a lungo nell’abisso- la citazione è di Nietzsche- l’abisso guarda in te”!

Scalare le montagne, affrontare dirupi, spaccarsi le mani sulle rocce, tagliarsi il viso nel gelo.

Perché?


La montagna credo sia dentro l’uomo.
In alto, la vita è migliore, i conti sembrano tornare, si ha la sensazione che tutto non finirà mai.
Quando si scende a valle, è allora che si rimane preda dei problemi, l’uomo torna piccolo elemento insignificante in mezzo al tutto.

Rivivono nuovamente incertezze, paure, rabbie represse.

Tutto diviene pauroso e vorresti riavere l’incubo della nebbia, del silenzio, del freddo con cui convivevi magicamente in vetta.

È tempo di riprendere il cammino, direzione sud-sudovest puntando all’evidente intaglio del valico del Portella.
In breve siamo di nuovo al rifugio di Campo Imperatore, stazione alta della funivia.


Per raggiungere i sentieri del Piccolo Tibet d'Italia:
da Roma: autostrada A24 fino al casello di Assergi, poi Statale 17bis per Fonte Cerreto (stazione di partenza della funivia) e Campo Imperatore quindi con la Statale 17bis c fino all'Albergo (stazione di arrivo della funivia).
da Teramo: autostrada A24 fino ad Assergi poi come sopra.
da Pescara: autostrada A25 fino a Popoli quindi Statale 17 per Barisciano e L'Aquila da cui ad Assergi quindi come sopra.

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