mercoledì 16 luglio 2014

San Pietro alla Ienca: dove Wojtyla amava pregare!

L’imponente statua bronzea di Karol Wojtyla, capolavoro d’arte sacra dello scultore Fiorenzo Bacci, mi accoglie proprio davanti alla chiesetta montana di San Pietro alla Ienca.
Mentre arrivavo in questo luogo bellissimo, da dove si gode la vista di boschi immensi, si discuteva sul nome. In qualche sito internet troviamo Ienca con la J, in altri è lo Ienca e non la Ienca, addirittura nel sito della Regione in un punto si trova indicato con la G!
Rimane comunque, di là dalla disputa sull'etimologia, un posto bellissimo.
Guardo intensamente la figura del papa santo che, avvolto in vesti liturgiche, pare vera. Gli occhi appaiono rivolti al futuro e con la mano benedicente pare indicare che il cammino verso il Regno dei Cieli passa attraverso la splendida valle del Vasto, ai piedi del Gran Sasso.
Le sopracciglia e le pieghe caratteriali del volto leggermente corrugato, sembrano formare il disegno di una colomba e i piedi scalzi, come novello San Francesco, ricorda la sua infinita voglia di pace nel mondo, che ha ricercato senza posa per tutto il suo pontificato.
Il “Totus tuus”, motto del suo papato, ricorre idealmente nell'immagine del Cristo Risorto sulla sua mitria, mentre dei piccoli chiodi ricordano l’immensa sofferenza degli ultimi anni di vita. Sulla stola c’è la celebre frase “Non abbiate paura”, che disse ai giovani nella ormai famosa prima Giornata della Gioventù.
Nella mia mente torna un’immagine molto cara: il ricordo di una Pasqua in cui la televisione mostrava un diacono incensante che cantava il testo evangelico della solennità. Il religioso, finita la proclamazione, richiuse il testo sacro, lo elevò e lo portò, processionalmente, verso Giovanni Paolo II che presiedeva la celebrazione liturgica. Fu allora che le telecamere, impietose, indugiarono su di un pontefice sofferente che, con gran fatica ma con gioia negli occhi, accolse baciando il libro dalla legatura argentea tempestata di gemme, per poi benedire l’assemblea tutta.
Oggi, fresca mattina di un giugno del 2014, il borgo di San Pietro è vuoto.
Il minuscolo abitato è uno dei tanti agglomerati sub urbani che nel secolo XIII, fondarono quella che poi sarebbe diventata la città dell’Aquila.
Quando la vallata si popolò grandemente, il piccolo villaggio divenne semplice appoggio per attività agricole e per pastorizia, luogo di scampagnate familiari e di camminate solitarie.
Le case abbarbicate su di uno sperone roccioso che sbarra il vallone del Vasto, grazie alle ripetute visite del “Papa Grande”, sono diventate famose per essere situate in uno dei luoghi dello Spirito più importanti d’Abruzzo, meta di interesse non solo religioso, ma anche turistico ed escursionistico – ambientale con i suoi bei percorsi per mountain bike o per cavalli e cavalieri.
I proprietari delle casupole che coronano la piccola chiesa e l’antico fontanile pastorale, hanno ristrutturato con garbo, grazie anche alla nuova vitalità commerciale dei dintorni.
Peccato che la chiave della chiesa sia irreperibile, persa nelle tasche del parroco locale che, naturalmente, è difficile trovare, perso com'è tra varie parrocchie distanti tra loro e impegni.
Giro, un po’ deluso, intorno al piccolo edificio che si trova a mille metri di altezza, risalente al secolo XIII, ammirando i suggestivi paesaggi boscosi. Dietro al tempietto si trovano anche posti, dove poter cucinare carne alla brace e mangiare in allegria.
Sbirciando dal buco della serratura, intravedo a fatica l’unica navata con la volta a botte in pietra. Sempre in pietra è anche l’altarino, luogo della mensa eucaristica.
D’improvviso, la voce sgraziata alle spalle mi fa trasalire.
Il vecchio pastore è caratteristico. Nell'immaginario davvero potrebbe essere il prototipo del transumante abruzzese.
L’uomo mi chiede cosa stia facendo.
Pensavo fosse chiaro, dico, che vorrei entrare per scattare qualche foto.
Ecco che lui si mette a raccontare una storia incredibile! Fu lui a vedere il papa, quando giunse su queste montagne, spinto dal suo amore per il creato e il suo Creatore.
Wojtyla, secondo lui, non è mai entrato in quella chiesetta! Ha pregato fuori le mura perché questa porta è di solito chiusa, mi dice, in chiara polemica con gli addetti comunali o forse col parroco.
Lui ha visto e parlato col papa polacco quel giorno in cui, seduto sullo sperone roccioso più alto verso la montagna, vide salire dalla stradina sbrecciata, una serie di automobili nere, di gran cilindrata e dai vetri oscurati. Le guardie del corpo, nella prima vettura, si fermarono davanti a lui e chiesero se conoscesse il papa.
“Figuratevi – disse il pastore- se pensavo al papa. Piuttosto mi preoccupavano i lupi che spesso qui divorano le mie pecore. Dissi agli uomini con gli occhiali da sole che ... io il papa lo vedevo ogni tanto nel telegiornale della sera, quando faccio cena”.
Si aprì automaticamente una porta della terza auto e dentro, sorridente, c’era proprio il polacco santo!
Il papa parlò qualche minuto col vecchio pastore, declinò ringraziando l’invito di recarsi a casa sua per un assaggio di ricotta e regalò all'uomo un bel rosario con lo stemma di San Pietro.
Il pastore ha onorato questo straordinario incontro, commissionando una stele in pietra, eretta nel punto in cui vide Karol in quel mattino.
Il papa è tornato altre volte, pregando anche nella radura fuori la chiesetta, arricchendo di sacralità il nostro Abruzzo, già attraversato, secoli prima, da un altro pontefice non meno grande, Celestino V, l’eremita del Morrone, l’uomo della Perdonanza.
Oggi San Pietro alla Ienca ha una sua identità, un pezzo di paradiso per tutti e non solo per qualche locale e solitario pastore o escursionista amante della natura.
Dall'abitato chi ha buone gambe può raggiungere il torrione roccioso dedicato al papa e già Monte del Gendarme, 2424 metri di altezza lungo le frastagliate creste delle Malecoste.
Il Gran Sasso serba anche il ricordo del papa alpinista Pio XI cui nel 1929 fu intitolata una cima in prossimità del Pizzo di Intermesoli.

San Pietro è tra Assergi e Camarda, uscita autostrada Teramo L'Aquila Assergi. 
Proseguire non verso Campo Imperatore ma sulla vecchia strada per Teramo via Capannelle. Distanza dallo svincolo autostradale, circa 8 chilometri

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