giovedì 6 giugno 2013

In piazza come in salotto

Le insegne della riviera promettono svago e benessere sui tre chilometri di litorale e la splendida passeggiata alberata.
Annunciano divertimenti per nottambuli e famiglie, menù turistici tutto compreso.
Nessun cartello avverte che a cinque minuti di auto, sui rilievi collinari che si affacciano sul mare, tra vigneti e oliveti, esiste il gioiello storico di Tortoreto Alto.

A dire il vero, molti di questi campi non sono più coltivati, aggrediti dal cemento che sta colonizzando il territorio ovunque, senza posa.
Il vecchio borgo medioevale è un’autentica alternativa culturale all’affollamento estivo della costa.
M’inerpico a piedi lungo la salita che porta ai 227 metri di altezza del paese.
Gli orizzonti sono dolcemente mossi come lenzuola gonfiate dal vento.

Morbide ondulazioni gialle e rosse di una primavera piovosa ma colorata, sembrano rincorrersi fin quasi a morire sulla spiaggia sottostante.

Ho davanti agli occhi l’azzurro cupo del mare che si unisce a quello più delicato del cielo che sembra inabissarsi nelle acque dell’Adriatico.

Il flusso continuo delle vetture sfreccianti sull’autostrada ricorda, bruscamente, che il Paradiso non è di questa terra.
Colpisce il silenzio della campagna pur così vicina alla trafficata A 24.
Il borgo, costruito intorno ad una piccola rocca, fu un punto di passaggio importante per le truppe romane che scendevano all’Adriatico.

Oggi naturalmente i percorsi sassosi del passato non esistono più e si arriva al paese, attraverso colline in molti casi deturpate da un’insensata edificazione che stravolge ambiente e storia.
C’è comunque un pezzo di natura protetta da vent’anni tra aironi cenerini, cigni neri, caprioli.

L’oasi naturalistica è ignorata dai teramani e gran parte dei visitatori arriva dalle Marche.
Neanche le scuole portano i ragazzi per una salutare lezione ambientale.

Tortoreto alta doveva sembrare nell’antichità un fiore selvatico sbocciato tra le rocce e i boschi.
Il luogo era adatto alla nidificazione delle tortore, da qui l’etimologia del nome “Turturitus”.

In cima, dal belvedere della Fortellezza, la vista spazia attraverso un grande tratto di costa, tutta la catena del Gran Sasso e la Maiella.

Il centro urbano si riconosce nei quartieri di Terravecchia, il più antico con il convento di Sant’Agostino, Terranova, sorto intorno al 1100 con la chiesa del patrono San Nicola e Borgo Antico.
Il paese ha l’animo discreto, arroccato intorno alla torre dell’Orologio che di notte scambi per luna sorgente. L’antico manufatto svetta possente mentre resistono monconi di muro dell’antica fortificazione.
La piazza della torre è quasi un salotto, ultimo spazio aperto prima del presepio del centro storico.

Il paese nel pomeriggio di domenica è immerso in un silenzio irreale.
Le case addossate l’una all’altra, i piccoli loggiati, sono un evidente retaggio del passato.
I caratteristici archi a blocchetti di pietra colpiscono l’immaginario del visitatore.
La cappella della Misericordia, mirabilmente affrescata, s’integra perfettamente nella omogeneità del panorama architettonico.

Esterni semplici ma armoniosi, interni sobri, quasi austeri con un'unica sala divisa in due campate con il soffitto dalle volte a crociera.
In fondo un’abside anonima ma sui muri uno tra i più preziosi cicli di affreschi a raccontare la Passione del Cristo e i momenti salienti della sua vita attraverso gli occhi di Giacomo Bonfini, seguace di Cola D’Amatrice, Piero Della Francesca e il Perugino.

La chiesa fu edificata intorno alla fine del Trecento come ringraziamento alla Madonna che avrebbe liberato il paese dalla terribile peste del 1348 di cui parla anche il Boccaccio in un passo del suo Decamerone.

Pochi metri più avanti, la chiesa di San Nicola, del XVI secolo, ospita la statua d'argento della Madonna della Neve, del 1925, e un pregevole organo dell'800.
Ritmi tranquilli, lontani dal caos della vicina riviera ad affermare le due anime contrapposte di un’identica comunità.

Il paese è per pochi. Non è un centro di negozi di massa, non è meta per predatori di souvenir.
Ha la sonnolenza dei luoghi in cui si lavora in segreto.
Le recenti scoperte archeologiche del Colle Badette e della località Case Pecci, in grado di eguagliare i ritrovamenti avvenuti anni fa in contrada Ripoli nella Vibrata, attestano la presenza dell’uomo fin dalla preistoria e aprono interessanti prospettive future per il turismo e la cultura.

Ossa in grado di far capire la struttura morfologica degli individui di quel tempo, cinturoni in pelle di animali, fibule bronzee, vasi per contenere unguenti, anfore.
Reperti che dovevano, secondo gli esperti, appartenere a nuclei familiari di condizioni economiche agiate, scoperte che si sommano alle tante testimonianze preistoriche rinvenute negli scorsi anni, come quella di un mammut dell'epoca neozoica (circa 1 milione di anni fa) e di un bue primitivo di circa 150.000-200.000 anni fa.
Tortoreto è una bellezza naturale e storica, aggredita dal cemento ma sostanzialmente inattaccabile.

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