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mercoledì 29 aprile 2015

La Teramo virtuosa: una ricetta contesa

“Occorre, oltre ai tanti ingredienti, un pizzico di pazienza, quanto basta di laboriosità e una noce d’attenzione”.
Se lo dice la signora Maria D’Ignazio, c’è da crederci.
“Te le faccio io le Virtù! Ti ci lecchi i baffi che non hai, garantito!” .

Da oltre un cinquantennio, l’esuberante cuoca ogni primo di maggio inizia, quando albeggia, la preparazione delle “virtù”.

La donna ha vissuto una mezza vita a Teramo, l’altra la sta trascorrendo a Roseto degli Abruzzi.

Da anni nella sua casa al centro della città delle Rose, continua a preparare il primo di maggio questo piatto tipico della cultura gastronomica teramana.

Racconta che ogni volta è polemica, di quelle feroci, con qualche sua improvvida amica rosetana che ama preparare la ricetta, aggiungendo ai tanti ingredienti anche il pesce dell’Adriatico.


“Il pesce assolutamente si!”- decretò in una intervista che realizzai per un quotidiano anni fa, la signora Gina Consorti virtuosa cuoca di Santa Petronilla: “facendo attenzione nelle dosi delle varie verdure, per non far scadere il piatto a vile minestrone, il pesce serve a mitigare i sapori forti”.

Certo è che, per i puristi del piatto, si tratta di un'autentica bestemmia gastronomica!
Solo chi abita a Teramo o vi è capitato un primo di maggio, sa cos’è questa ricetta della tradizione aprutina, dallo spessore non solo gastronomico, ma sociale e di dimensione antropologica.
Un overdose di cibo dalle radici antiche, di quando si faceva di necessità virtù, utilizzando prodotti poveri per preparare un piatto ricco.

Una ricetta teramana riconducibile a una tradizione che riassume i dati peculiari del popolo di Teramo: lo sguardo attento ai valori del passato, la modestia nel vivere, l’arte dell’arrangiarsi in tempi difficili.
Questo superbo piatto è protagonista, da generazioni, di ogni tavola imbandita di primavera.
È un tripudio di sapori tra vegetali e legumi di ogni tipo, pasta secca e all'uovo, prosciutto, cotiche e piccole pallottine di carne.
“Non scrivere tra gli ingredienti l’aggiunta di tortellini o paste ripiene.
Non fanno parte della nostra cultura”- aggiunge Maria mentre rimesta nel pentolone.

Il buongustaio e compianto scrittore teramano, Rino Faranda, ricordava, in un suo libro, l’importanza degli odori e delle erbette auspicando, nella preparazione, l’uso generoso di salvia, sedano, prezzemolo, menta selvatica, borragine.

Il grande giornalista Fernando Aurini ricordava nei suoi articoli che le “Virtù” venivano preparate in grande abbondanza per essere distribuite a parenti e amici.

Dimenticare il pentolino per il vicino di casa, scriveva, era uno sgarbo tale da incrinare anche l’amicizia più collaudata.

Non uscì indenne da questa gustosa tradizione, neanche il grande Giammario Sgattoni , che fu sedotto dal piatto teramano, al punto da definirlo "Il delirio della gola aprutina".
Non poteva trovare frase più calzante di questa, per definire il ripetersi cadenzato, come scrive il cultore dell’Arcigola Di Domenicantonio, di un rito culinario che torna come favola ad arricchire la nostra memoria.

Chi non ricorda Dina, la famosa signora Patruno, teramana fino alle midolla, scomparsa qualche anno fa.
Quando, per alimentare ad arte una polemica, raccontai delle Virtù al pesce, la vidi inorridire nel sentir parlare di Adriatico.
“E’ l’unico ingrediente che mai troverà posto nella saga dei virtuosi - mi disse con forza.

Nell’universo dei sapori dove si caldeggia l’utilizzo di uova, prosciutto, cotenna, piedini, orecchio, musetto e ogni tipo di pasta di grano duro, è pura eresia introdurre polipi, gamberetti, vongole e cozze.

Dina, ricordo che iniziò un lungo racconto, nel suo fantastico laboratorio di gusto e memoria, tra una zucchina ripiena e carciofi sott’olio, che si trattava di un prodotto unicamente di Teramo, nato intorno alla fine dell’800 quando la pulitura delle madie, fatta dalle massaie a fine aprile con l’inizio della primavera, esigeva di non buttare i resti degli alimenti non consumati nelle giornate fredde.
Le dispense venivano ripulite dei legumi secchi, dei tipi di pasta spezzata, mettendo da parte il tutto per economizzare e mischiarlo alle primizie della campagna.

La tradizione voleva la festa del primo di maggio per scongiurare la venuta delle zanzare d’estate e per augurare l’abbondanza dei raccolti.
In più in questo giorno si preparavano enormi pignatte piene di “Virtù” che venivano distribuite ai tanti poveri del paese in beneficenza.
La prelibatezza gastronomica coniugava l’esigenza del gusto con il risparmio.

La parola d’ordine era “parsimonia” e l’utilizzo dei prodotti della terra, unitamente all’uso di ciò che restava in dispensa dopo il lungo inverno, raggiungeva questo scopo.

“Tu non sei tanto giovane - ammiccò la donna - non ricordi che i contadini fino a poco tempo fa raccoglievano anche le briciole del pane e che un pezzetto di crosta caduto per terra era raccattato, baciato e poi consumato”?

Vero!
Le dispense erano ripulite dei legumi secchi e della pasta spezzata e, per economizzare, mischiati alle primizie della campagna.

Era questa la “virtù” della donna di casa: riuscire a conservare ingredienti deperibili, facilmente aggredibili da muffe, tarli e altro, nonostante la mancanza di congelatori e conservanti.
"Però, attenzione - continuò Dina - questo cibo, se non lo sai cucinare svilisce a semplice minestrone! Occorre il mirabile connubio di una moltitudine di ingredienti ben amalgamati dal cuoco.
Non è per tutti!

Un tempo si credeva alle leggende.
Una di esse raccontava che il numero magico per fare buone le virtù era il sette come sette erano le pietanze nel tradizionale cenone della vigilia del Natale: sette virtù cristiane, sette ingredienti, sette ore di preparazione da parte di sette vergini … peccato che di ragazze illibate non se ne trovino tante oggi".
Rise la donna, divertita dalla sua battutaccia.
“Un tempo ci si voleva più bene", terminò con rimpianto.

Voglio chiudere questa celebrazione della cultura gastronomica teramana con le parole di un conosciutissimo avvocato:

“L’inimitabile armonia di sapori è ancora oggi il vero segreto della preparazione di un cibo così delicato”.

Furono queste le parole di Walter Mazzitti già Presidente del Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Laga e creatore dell’”Accademia delle Virtù” movimento culturale che qualche anno fa si era prefisso la difesa della tradizione, genuinità e cultura delle Virtù teramane e della gastronomia dei nostri luoghi.

Oggi l'Associazione segna il passo ma le Virtù continuano a deliziare i palati dei buongustai.
Buon Primo di maggio, gente!

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