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sabato 2 aprile 2016

I cafoni di Ignazio Silone: visita a Pescina

In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo!
Questo ognuno lo sa.
Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra.
Poi vengono le guardie del principe.
Poi vengono i cani delle guardie del principe.
Poi nulla.
Poi ancora nulla.
Poi ancora nulla.
Poi vengono i cafoni.
E si può dire che è finito.
(Fontamara)

Scruto l’orizzonte mentre il cielo si apre a dismisura e le nuvole assumono forme antiche, spaventose in alcuni casi. Un cumulonembo si muove a tratti, portato dal vento e sembra guardarmi come un animale dalle fauci spalancate.
Goccioline di pioggia scendono di tanto in tanto.
Alcuni corvidi di montagna sono stranamente scesi dalle cime, per poggiarsi sui balconi di un piccolo palazzo antico. Hanno il piumaggio nero e i becchi colorati di arancione e giallo con i quali quasi come escavatori animati tipo Transformer, credo che se affamati, sollevino la terra per beccare larve di ogni specie.
Sul muro screziato del palazzo cadente, il piccolo scorpione si muove a fatica.
È nerissimo, come pece. La corazza lucente, colpita dalla luce, manda minuscoli bagliori sinistri. Le chele roteano minacciose e il pungiglione inarcato sembra sul punto di attaccare.
Mi pare una creatura ripugnante, ma devo ammettere di essere di fronte a una macchina perfetta, una delle tante create con arte da un Dio infallibile.
Perché, mi chiedo, li ha fatti così brutti e sinistri?
Cosa costava al Creatore realizzarli un tantino più aggraziati e godibili da vedere?

Intanto il mio anziano interlocutore non la smette di parlare. Buca il silenzio, rovina quasi l’atmosfera solenne del centro, dove palazzi nobiliari restaurati si alternano ad altri rimasti cadenti e abbandonati dopo il terremoto.
La voce è stridula, decisamente poco accattivante, però è veramente prodigo di informazioni.

Sono a Pescina sulle orme del grande Ignazio Silone. Ho parcheggiato la macchina non lontano dalla torre dei Piccolomini, famiglia che a lungo fu padrone di queste terre.
Qui si gode un panorama superbo sulle vette del Sirente e del Velino, e sul Fucino, un tempo bonificato. Non lontano si scorgono i resti di antiche mura ciclopiche che denotano la presenza dell’uomo sin dalla preistoria.
Ce n’è anche un’altra di torre panoramica, in frazione Venere a dominare l’abitato. Questi manufatti servivano da avvistamento della valle dove un tempo c’erano le sponde del lago Fucino.
Dopo aver fotografato il Mausoleo di Silone con la sua pittoresca croce in ferro, nella parte morta del paese, tra ruderi ed erbacce, sono arrivato fino in piazza, godendo dell’aria medievale che si respira tra le antiche vie e le numerose chiese che insistono nella zona antica. Nello slargo giganteggia il complesso religioso con la chiesa di Sant'Antonio e l’annesso teatro dedicato a San Francesco.
L’uomo appare felice di poter parlare con qualcuno. Mi imbottisce di notizie sul paese, a volte mette dentro anche qualche nota di gossip su alcuni degli abitanti, salvo poi aggiungere che “io sono un tipo che mi faccio i fatti miei”.
Lo lascio dopo aver avuto indicazione per visitare la “Casa Museo di Silone”.

Pescina oggi è un tranquillo borgo montano dell’aquilano a oltre 700 metri di altezza, all'imbocco della verde vallata del Giovenco, porta d’accesso per due parchi: il Nazionale d’Abruzzo e il Regionale del Velino Sirente.
È un paese pittoresco, in molti punti rimasto come un tempo, sormontato dai resti dell’imponente castello medievale.
Oltre che per aver dato i natali a Silone, questo piccolo centro abruzzese vanta comunque un passato glorioso. Oltre venti secoli fa, uno dei popoli italici più organizzati e anche violenti dell’intero arco appenninico dello Stivale, I famosi Marsi, proprio qui edificarono una gigantesca acropoli e da qui partirono alla conquista del centro Italia.
Fu proprio nel cuore dell’abitato, una targa sul portone del palazzotto gentilizio lo ricorda, che nacque, nei primi anni del ‘600 Giulio Mazzarino, famoso cardinale, rampollo di una facoltosa famiglia siciliana, che ebbe un ruolo preminente nella storia francese, come Primo Ministro nientepopodimeno che del Re Sole, Luigi XIV.

Adoro Ignazio Silone.
Sono molteplici i motivi di questa mia passione per lo scrittore abruzzese, a cominciare dalla sua vita che somiglia molto a un romanzo di avventura, i suoi libri in cui i paesaggi, i personaggi, le atmosfere della nostra terra sono onnipresenti, l’amore che lui metteva nei rapporti con tutti, qualsiasi ceto sociale si occupasse, rozzo contadino, personaggio di cultura europea, o politico.
Una delle sue opere, “L’Avventura di un povero cristiano”, del 1968 mi ha particolarmente interessato perché racconta, in inedita forma teatrale, la vicenda umana del papa Celestino V, nel secolo frate Angeleri, l’eremita del Morrone che, eletto papa, fece il “gran rifiuto”, causando l’ira di
Dante Alighieri. Il grande poeta, nella Divina Commedia, lo vitupera per aver lasciato il seggio pontificio all'indegno Bonifacio VIII.

Sentite l’atto d’amore incondizionato di Silone per questo suo pezzo d’Abruzzo, contenuto nella bella introduzione al suo libro più famoso, Fontamara:
“Tutto quello che mi è avvenuto di scrivere e probabilmente tutto quello che ancora scriverò, benché io abbia viaggiato e vissuto a lungo all'estero, si riferisce unicamente a quella parte della contrada che con lo sguardo si poteva abbracciare dalla casa in cui nacqui”.

Il grande scrittore si chiamava, in realtà, Secondino Tranquilli e il nome Silone lo prese per omaggiare un condottiero dei Marsi, tal Quinto Silone e Ignazio per il suo amore verso il religioso spagnolo di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù. Nacque nel 1900 da una famiglia povera e probabilmente non sotto una buona stella. A undici anni vide morire il padre, poi il terribile terremoto del 1915, che rase al suolo Avezzano, distrusse la casa di famiglia, uccidendo l’amata madre Marianna.
All'ingresso della casa natale dello scrittore scopro che oltre un museo c’è anche un Centro Studi Silone. La visita all'interno vale da sola i chilometri percorsi per arrivare fin qui. Ovunque ci sono
foto d’epoca e documenti firmati dallo scrittore. Molte testimonianze storiche, dal terremoto ai trascorsi politici, dall'amicizia con Benedetto Croce, ai contrasti con il Partito Comunista di Togliatti, fino al suo esilio in Svizzera.

Lo scorso anno è stato inaugurato un bellissimo percorso dedicato all'illustre abitante di Pescina che in circa tre ore di cammino, dal fiume Giovenco, attraverso un mulino abbandonato, porta sino alla sommità del paese, alla tomba di Silone e alle mura della Rocca Vecchia, con splendida vista sulla vallata.

"La più grande aspirazione dell'Uomo sulla terra deve essere anzitutto di diventare buono, onesto e sincero"!
(Dal memoriale del carcere svizzero: Ignazio Silone)



Arrivare a Pescina:
Auto:
l’uscita autostradale di Pescina è sull'autostrada A25 Roma Pescara, in posizione baricentrica tra la Capitale e la costa abruzzese, a circa un’ora di auto da entrambi questi centri d’interesse.

Treno:
Pescina è dotata di una Stazione ferroviaria che ha collegamenti con altre stazioni di centri limitrofe (Cocullo, Sulmona, Avezzano, Celano).
La Stazione di Avezzano è raggiungibile in 15 minuti da Pescina ed ha collegamenti diretti con Roma e Pescara ed altre città abruzzesi e laziali.

Autobus: le corse regionali ARPA collegano Pescina a tutti i paesi della Marsica, e passando per Avezzano, alle maggiori città d’Abruzzo nonché a Roma.


Attenzione Pescina è porta d’ingresso al Parco Nazionale. Una bella strada panoramica porta fino a Pescasseroli, nel cuore della più vecchia area protetta d’Italia, attraverso Gioia Vecchio e il Passo del Diavolo.

Nei dintorni si mangia bene ovunque. Specialità indiscusse sono agnello alla brace, paste fatte a mano.

http://www.silone.it/nuovosito/node/4263

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