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mercoledì 24 aprile 2013

Tra gli insoliti scenari della ciclo ippovia del Parco dei Calanchi.

(Grazie all'amico, grande professionista Sergio Pancaldi che mi ha fornito le due foto dei cavalieri.)


Contro il cielo, le sagome dei dirupi di creste nude destano meraviglia.
Il sole primaverile è caldo.
 I cavalli, leggeri, eleganti, avanzano lenti con sinuoso incedere sul manto erboso, quasi paciosi.
Uno dei cavalieri afferra una piantina di liquirizia e me la porge invitandomi a succhiare.

L’itinerario procede tra voli di piccoli rapaci, canne che frusciano al vento e dolci pianori invitanti denudati da secoli di pascolo.

Oggi probabilmente è la giornata in cui l’uomo si ricongiunge alla natura.

Come uno scenario immutato da secoli, le bolge da inferno dantesco disegnano la genesi dei paesaggi argillosi, avvinghiandosi alla vegetazione a fondo valle e convivendo a fatica con il lavoro e gli interessi dell’uomo.

Ai lati, sovente, si aprono ampi burroni con ripidi versanti spogli che di colpo si colorano grazie a piante di carciofi selvatici, ginestre, biancospini e rose canine.

I calanchi, aspri e maestosi, appaiono in tutta la loro potenza, impercorribili e indomabili.

La sensazione di libertà che il cavallo sa dare, ben si concilia con queste colline dolci, rigate da campi di erba medica, che d’improvviso paiono comprimere il senso dello spazio, rivelando paesaggi disegnati dal rasoio brutale dell’uomo.

La Riserva naturale regionale dei calanchi di Atri si è dotata da ormai due anni, di una straordinaria e naturale arteria di collegamento del territorio, una ciclo ippovia, che dà la possibilità di vivere in assoluta tranquillità le meraviglie di un territorio dove la potenza trionfante della natura è parte essenziale della grandezza del creato.

Il sentiero di poco meno trenta chilometri, è stato inaugurato lo scorso anno, grazie ad una collaborazione del WWF e l’azienda agricola Caldirola che l’ha finanziata.

Il tracciato assicura il piacere dell’emozione e della scoperta tra panorami sempre mutanti, è interamente guidato, con pannelli didattici pensati per valorizzare e far conoscere la flora e la fauna del territorio, le formazioni geologiche, i fossili, l’archeologia e i prodotti delle aziende agricole presenti in Riserva.

E’ un itinerario di straordinaria armonia, ci fa sapere Adriano De Ascentiis, Direttore del parco, adatto sia all’endurance, sport equestre nel quale il binomio cavallo-cavaliere si fonde in prove di regolarità o velocità, ma anche a impavidi ciclisti in sella a mountain bike o attempati camminatori.

Il percorso si sviluppa fuori dalle direttrici più comuni e attende chi a piedi, in bici o a cavallo ha gli occhi curiosi di chi non uccide la meraviglia e vede le impronte digitali di Dio disseminate ovunque.

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