Un percorso avvincente a Caramanico terme, cuore della montagna madre della Majella, nella tradizione del benessere, immersi in una natura straordinaria tra acque curative, fiumi che corrono in strette gole, borghi semi abbandonati ed eremi dislocati in selvaggi dirupi.
Ippocrate che di medicina se ne intendeva eccome, soleva ripetere che è la natura a curare i malanni dell’uomo.
A Caramanico Terme ne hanno fatto una filosofia di vita.
Il cartello che dà il benvenuto ai visitatori recita: “distretto del benessere”.
E, per la verità, la parola benessere viene utilizzata un po’ovunque: sullo striscione del palco in piazza dove si svolgono gli intrattenimenti serali, sugli zerbini dei confortevoli hotel che ospitano il turismo termale, nelle vetrine dei piccoli negozi del corso.
Perché qui è forte il senso dell’ospitalità per una terra benedetta con acque tra le migliori d’Italia, capaci di curare, rilassare, rigenerare.
Questo minuscolo paese che d’inverno conta circa 1000 abitanti e che d’estate triplica le presenze, è tra le prime dieci località turistiche montane in una speciale classifica stilata dal Touring Club Italiano in collaborazione con Legambiente.
Fa bella mostra di sé per le sue qualità naturalistiche, la gestione eco compatibile del territorio, l’accoglienza e il rispetto dell’ambiente e non sfigura al cospetto di località blasonate come Cogne nel parco del Gran Paradiso, Ceresolo Reale nelle alpi piemontesi, Braies e il suo splendido lago in Alto Adige e Pietracamela nel comprensorio del Gran Sasso d’Italia.
Caramanico vive con incredibile tranquillità il delicato rapporto tra wilderness e civilizzazione.
Basta allontanarsi di qualche passo dal centro storico per ritrovarsi immersi nella fantastica gola dell’Orfento, con le sue pareti rocciose che quasi si toccano, in uno tra gli spettacoli più emozionanti che la natura possa offrire.
Pareti calcaree, rocciose, strapiombanti che si aprono a cavità carsiche vertiginosamente affacciate sul fiume, ad incidere profondamente il versante nord occidentale della Majella, la dorsale più elevata del massiccio che collega il Blockhaus con il monte Focalone, i Tre Portoni, Pescofalcone.
Un infinito paesaggio dell’anima che genera, come pochi luoghi riescono a fare, sentimenti contrastanti che difficilmente lasciano indifferenti: entusiasmo, serenità, armonia, inquietudine, in alcuni casi, paura.
Un solco gigantesco, rivestito di fitte faggete e popolato da lupi, cervi, caprioli, orsi e aquile reali. Un mondo magico che, in pochi chilometri, scende dai 2676 metri fino ai quasi 600 di Caramanico tra boschi, cascate ed eremi, in cui ancora è possibile respirare l’aria del misticismo, la parte santa della Majella, nascosta nel fitto della vegetazione, dove gli anacoreti annullarono la loro vita, dedicandola alla contemplazione di quel Dio che da queste parti ha dato il meglio della sua stupenda opera.
Figure di santi e beati che elessero questi posti a loro “deserto personale”.
Qui le acque che scendono tumultuose, subiscono mutazioni cromatiche indescrivibili.
Rocce erose, nude pareti di calcare alte diverse centinaia di metri che appaiono come tormentate da lame affilate.
L’acqua scava, sagoma la pietra poi quasi scompare nelle viscere della terra, riaffiorando all’improvviso in piccole cascate.
Qualche chilometro e ci si trova immersi, poi, in riserve naturali o nel cuore del Parco Nazionale della Majella.
Per lunghi anni la valle ha vissuto la spinta ascetica della solitudine, della preghiera con esempi fulgidi di uomini come frà Pietro Angeleri, colui il quale divenne il “papa del grande rifiuto”.
Innumerevoli borghi incastellati, spesso abbandonati, impreziosiscono la vallata che si sviluppa intorno alla opulenta Caramanico.
Salle Vecchia, ad esempio col suo fantastico castello.
Il profilo segnato dal maniero con le sue torri merlate testimonia una storia secolare, inaspettata quasi in questi luoghi lontani dalle grandi vie di comunicazione.
Il rifilo della rocca si staglia sull’ultimo colle prima del complesso montuoso del Morrone, antica via di transumanza.
Il castello era il baluardo difensivo a controllo della valle dell’Orta.
Il paese è una vera e propria cittadella dell’arte con tante vie strette che si intersecano meravigliosamente tra loro.
Sono tanti i monumenti, uno dei più importanti è l’Abbazia di Santa Maria Maggiore fondata dai monaci benedettini di S.Clemente a Casauria intorno all’anno 1000.
Dal suo impianto architettonico si evince che l’edificio sia stato costruito con la duplice funzione di essere fortificazione a difesa del paese, date le sue imponenti mura e luogo di culto preminente rispetto alle altre chiese del territorio circostante.
Del complesso monastico delle Clarisse sappiamo che fu fondato nel 1636 da Giovan Battista Castruccio, cittadino locale che volle destinare la sua dimora a monastero.
L’abbandono da parte dell’ordine monastico della struttura avvenne a fine ‘600 dopo che un terribile terremoto lo danneggiò.
Oggi, l’edificio recuperato parzialmente è destinato a ospitare eventi congressuali e, visitandolo, è ancora possibile, individuare la Chiesa annessa al convento dedicato a San Giovanni Battista
La chiesa di San Tommaso Becket rappresenta uno dei monumenti più interessanti che si trovano a Caramanico, di elevato pregio e valore artistico anche se la sua costruzione è stata particolarmente tormentata; essa è conosciuta anche con il nome della grande incompiuta.
I lavori per la sua edificazione, infatti, iniziarono nel 1202 e prevedevano la costruzione di un maestoso edificio di stampo romanico con annesso portico, all’interno un pulpito e numerosi decorazioni di grandi artisti.
Nacque per iniziativa di una comunità agostiniana che volle dedicarla a San Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury; assassinato nel 1170 in Inghilterra.
La chiesa al suo interno è strutturata a tre navate.
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