Se consultassimo un atlante, individuare il paese di Cocullo sarebbe laborioso, incastonato com’è al confine tra la Marsica e la Valle Peligna.
Però, chi prende la strada tortuosa e stretta che, in mezzo a mille curve, sovrasta le profonde gole del Sagittario, addentrandosi fra montagne selvose, rupi contorte a picco e pinnacoli danteschi, fino a giungere a questo borgo, tutto desta meraviglia.
Il Parco Nazionale è distante pochi chilometri, con Villalago, il lago di Scanno e Passo Godi, luoghi turistici, dove non mancano ristoranti e alberghi.

A chi lo visita, è rigorosamente chiesto un passo lento e la voglia di scoprire l’anima incantata del paese.
La prima volta che arrivai qua fu per caso.
C’era una pioggia giallina di scirocco e in cielo nuvoloni lunghi come sgombri.
Ero partito per visitare Anversa degli Abruzzi, il paese tanto caro al “Vate”.
Fu qui, infatti, che Gabriele D’Annunzio volle ambientare la sua famosa tragedia “La fiaccola sotto il moggio”.
Mi fermai invece un’intera giornata nel “paese dei serpenti”.
Sì perché Cocullo è conosciuto con questo nome, ovunque vai.

E poiché il santo taumaturgo, oltre ad essere protettore delle tempeste, lo è anche per febbri e malattie causate da morsi di animali selvaggi e velenosi, ecco che i cocullesi si sono inventati da molti anni, una manifestazione e una processione, ormai conosciuta nel mondo, quella dei “serpari” figure incredibili.

Piccolo segno gli basta…”.
Così Gabriele D’Annunzio li descriveva magistralmente alla sua maniera.
Gli abitanti sanno sempre se la festa sarà indimenticabile.
Dicono: “Li ciaralle sono ispirati…le serpi agitate, oggi sarà gran festa”.
I cocullesi li chiamano proprio così, “ciaralli” questa sorta d’incantatori di rettili, eredi di quelli che un tempo erano ritenuti immuni dai morsi e dal veleno dei serpenti.
Nell’antica Roma erano i “marsus”, maghi capaci di ordinare agli animali striscianti di stare quieti.
Il cerimoniale di questa festa inedita è, da sempre, condito di atti propiziatori e superstiziosi che affondano le radici in un passato lontano del tipo, suonare la campanella all’interno della chiesa e tirando la cordicella con la bocca, rito che metterebbe il fedele al sicuro dal mal di denti, o ancora terra benedetta portata a casa e sparsa nei campi, che salverebbe i raccolti dagli animali nocivi, pani benedetti distribuiti da ragazze in costume che avrebbero virtù antirabbiche.
Debitamente svuotati del veleno e innocui, fanno da terribili collane a visitatori desiderosi del brivido.
In ogni edizione, migliaia di pellegrini devoti, curiosi e turisti accorrono in questo minuscolo borgo per assistere allo spettacolo unico della statua adornata da serpenti che si aggrovigliano, in stile horror gotico, intorno all’immagine sacra.
È il simbolo del dominio di San Domenico sugli animali.
L’enorme partecipazione popolare dà fortemente valore a una festa singolare che aiuta a non far morire uno dei tanti paesi a rischio di estinzione a causa dell’emigrazione.
Cocullo, simbolo della più atavica cultura abruzzese, custodisce un interessante Centro di Documentazione sulle Tradizioni popolari che merita sicuramente una visita.
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Articolo pubblicato anche sul sito "Il mio borgo in un click"
Come arrivare a Cocullo
da Roma: percorrere la A24 e la diramazione A25 per Pescara fino all'uscita di Cocullo e quindi la strada statale ss479 fino al borgo.
da Pescara: percorrere la A25 direzione Roma fino all'uscita di Cocullo e quindi la strada statale ss479 fino al borgo.
da L'Aquila: percorrere la A24 direzione Roma e poi la diramazione A25 per Pescara fino all'uscita di Cocullo e quindi la strada statale ss479 fino al borgo.
da Napoli: prendere la A1 direzione Roma fino a Sora, da qui la ss xxx per la Forca d' Acero, passando poi per Opi e da lì la ss83 fino a Villetta Barrea, quindi la ss479 per Passo Godi, Scanno, Anversa degli Abruzzi e Cocullo.
da Bari: prendere la A22 direzione Pescara e da lì la A25 direzione Roma fino all'uscita Cocullo e quindi la strada statale ss479 fino al borgo
siete ridicoli
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