Il corteo di fedeli con gli immancabili ramoscelli di ulivo sarà ancora il segno tangibile di una partecipazione forte e sentita ai riti pasquali.
Un grande scrittore cristiano, Isidoro di Siviglia, definiva questo giorno, il “Dies Palmarum” il momento della conta per sapere quanto cristiani oggi ancora sopravvivono alle apostasie.
Nella tradizione teramana questo antico rituale nel giorno del "Dies Palmarum", codificato già dall’VIII° secolo, prevedeva oltre alla benedizione delle piantine, una grande processione rievocante scene evangeliche tra le più significative.
I piccoli centri di montagna si univano e preparavano per giorni questo momento di profonda devozione, costituendo degli appositi Comitati organizzatori.
Una di queste grandi processioni, per quel che riguarda la Valle Siciliana, si snodava ad Isola del Gran Sasso, in un momento di fede collettiva tra gli abitanti di Tossicia, Colledara, Castelli e altri centri minori.
Durante il corteo, tra lo sventolio delle palme benedette, alcune comparse inscenavano momenti sacri come l’incontro di Gesù con Maria e Marta e la Resurrezione di Lazzaro.
In alcune antiche edizioni sembra sfilasse anche l’asinello coperto da mantelli (ricordate che nel Vangelo si legge che l’animale era coperto dalle stuoie degli Apostoli?).
Cortei si snodavano ovunque in provincia, avvalendosi dell’organizzazione delle suore che arrivavano da altri luoghi, come le camaldolesi dalle vicine Marche, nell’ascolano.
Tra grossi rami d’albero tagliati per essere agitati ai lati della processione, un coro si elevava all’unisono:
Osanna al Figlio di Davide;
Benedetto Colui che viene nel nome del Signore! (Matteo 21, 8-9).
Era la rievocazione della grande festa ebraica detta delle “Capanne” che nella notte dei tempi, si svolgeva in autunno, quando le piccole palme dovevano essere agitate almeno tre volte, rivolte verso le direzioni dei punti cardinali.
Le processioni più grandi si svolgevano a Montorio al Vomano, Atri e Pietracamela, dove il corteo dei fedeli giungeva, anche in presenza di neve, dalla frazione di Intermesoli.
Tutti, alla fine del rito, portavano a casa il ramoscello d’ulivo, conservandolo gelosamente accanto al crocifisso che non mancava mai sopra la testata del letto o attaccata ad una immagine sacra, come segno di benedizione divina per la casa e i suoi abitanti.
I non credenti vedono in queste manifestazioni religiose, tra asinelli, piantine e villici che battono le mani, una parodia grottesca di magnificenze imperiali.
Al contrario, questi piccoli trionfi popolari hanno rappresentato la fede più pura.
La scena del Cristo entrante in Gerusalemme acquistava con questi cortei, solennità, colorandosi di un segno di glorificazione messianica.
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