Il quartiere Annunziata a Giulianova, da dove parte il serpentone di pista per pedoni e bici del Corridoio Verde Adriatico era fino a qualche anno fa un agglomerato di case a sud, evitato accuratamente dalle persone di buona volontà perché terra di nessuno, abitato da zingari, delinquenti di mezza tacca, che imperversavano, soprattutto nelle ore serali.
C’è stata da parte dell’Amministrazione giuliese, una profonda riqualificazione della zona, partita proprio dal lungomare. Il quartiere è tornato a d essere vivibile, ricco di zone verdi e di infrastrutture.
Fra l’altro questo grande quartiere giuliese è ricco di storia essendo stata ubicata qui la vecchia “Castrum Novum”, l’antica città romana a diciotto miglia a sud di “Castrum Truentino”, sulla via Salaria, che nel IX secolo si trasformò in “Castel San Flaviano”.
Nel XV secolo la cittadina, a causa delle scorribande di predoni del mare e l’inclemenza del clima, si era ridotta in un mucchio di rovine, tra acquitrini malsani e maleodoranti, facendo sì che gli abitanti dediti alla pesca e alle coltivazioni, si allontanassero dal luogo natio.
Fu un discendente della gloriosa stirpe degli Acquaviva a far ricostruire la città, chiamandola “Giulia Nova” e dotandola di diverse torri di avvistamento.
Intanto però erano andate perdute gran parte delle testimonianze di un passato glorioso e splendente.
La chiesa di Santa Maria a Mare, conosciuta come Annunziata è comunque un monumento salvato dalla incuria degli uomini e del tempo.
La chiesa è quella che vedete nei pressi dell’incrocio della statale 16 con la famigerata 80 per Teramo.
Venne costruita prima dell’anno Mille in questa posizione insolita sulla piana tra la costa e la collina. Rappresentava il punto di sosta per i viandanti che si recavano al mare per imbarcarsi.
Fu riferimento anche per i Crociati che giungevano da Roma attraverso i monti della Laga per salire sulle navi dirette alla Terra Santa.
Era ridotta veramente male agli inizi del ’900.
Venne effettuato un radicale restauro intorno agli anni ’60.
In quella occasione furono salvaguardati resti di architettura romanica, che oggi sono all’interno del luogo sacro che gli esperti fanno appartenere allo stile “romanico lombardo”, molto frequente dalle nostre parti.
Grazie a manoscritti antichi si è scoperta l’esistenza in passato di un monastero con annessa chiesa a tre navate.
Doveva esserci un grande refettorio con possenti colonne in laterizio.
Poi nel trecento, forse anche per numerosi crolli, le navate della chiesa divennero le attuali due e il monastero scomparve, lasciando posto alla chiesa di oggi di media grandezza, con la facciata inconfondibile, tutta in mattoni posti orizzontalmente e l’abbellimento di piccoli archetti.
Il portale è molto simile a quello della cattedrale di Atri, anche se di fattura inferiore.
Sono particolari le piastrelle scolpite e i capitelli e leoni, soprattutto l’animale a destra che stringe nella sua morsa un drago.
L’allegoria qui è molto chiara: i leoni rappresentano la chiesa di Roma che ha forza a sufficienza per sconfiggere le eresie e il male, qui simboleggiato dalla presenza del drago con gli occhi allungati, quasi stritolato dal leone.
Questo gioiello di portale risalente al trecento, confezionato da Raimondo Del Poggio, maestro scalpellino, nelle sue diciotto formelle, contiene anche dei simboli di luce e segni del passaggio dei Templari con i classici “Fiori della Vita” e piccole incisioni dedicate ai “pellegrini”, celebrati come condizione terrena dell’uomo in perenne ricerca di Dio.
L'opera rappresenta la storia scritta per segni antichi, tra fasi dello zodiaco, luci del giorno e ombre della notte, tra alternarsi di aurore e tramonti, tra cicli di stagioni che passano senza posa.
Ecco che un posto, trascurato da tutti noi che magari ci passiamo infinite volte, può diventare oggetto di una accurata visita.
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