Nella sua abitazione a Teramo, c’ la litografia che non ti aspetti!
Riproduce San Michele che sconfigge il drago.
Lui è a cavallo mentre, spada alla mano, castiga l’animale e guida il trionfo del Bene.
“L’ho comprata al mercato delle pulci a Roma” – dice con aria soddisfatta.
E’ in fondo al letto.
“I santi –mi dice – sono come un ponte fra noi e il cielo, essere pellegrini sulla terra è come camminare su questo ponte”.
Certo Tonino Di Giammartino sa cosa significava pregare i santi vivendo a Fioli nel profondo della Laga, con il papà e la mamma di professione pastori, nella sua vita non certo priva di durezza.
Sono le favole, le storie, i miti della cultura contadina e pastorale.
I suoni delle tante campane dondolanti sotto la barba delle pecore, la nonna che con il proprio magico tamburello scacciava – lui bambino - i mostri creati dalla solitudine e dalle paure.
Oggi Tonino è uno stimato dipendente pubblico a Teramo ma di certo non rinnega le sue origini.
Mi porta nel paesello “perché è un emergenza, abbiamo bisogno di aiuto!”.
Fioli è immerso tra selve piene di fonti (ha il toponimo derivante da “fili d’acqua”).
La sua chiesa è intitolata a San Martino, santo protettore delle Armi Italiane.
Giaceva, nonostante alcuni restauri, in un irreversibile degrado.
Oggi è stata depredata da manigoldi prezzolati pagati da falsi amanti dell’arte per rubare opere immortali dai templi cristiani sperduti nella Laga.
La chiesa risale alla seconda metà del 400, restaurata intorno al 1660.
E’ piccola ma prima dei furti, era ricca.
Conteneva una pietra antichissima che custodiva gli oli sacri e diverse statue lignee di gran pregio, oltre a una preziosa acquasantiera in legna e pietra.
Esperti studiosi volevano trasportare queste antichità a Roma per restauri ma i pochi abitanti, capendo che non l’avrebbero più riviste, si opposero fortemente qualche anno fa.
Una statua della Madonna delle Nevi in restauro, manca da diversi anni, così dicasi il piattino con gli occhi di Santa Lucia che, portato a Chieti, non ha visto più la via di casa.
L’altare ligneo barocco era già in pericolo perché il muro che lo sorreggeva si sta deteriorando per le infiltrazioni dovute alle piogge.
Oggi una parte di esso è stata trafugata.
Hanno portato via alcune pietre secolari con cui venne realizzata la prima versione, secoli fa.
I muri e lo stesso soffitto soffrono ancora per l’acqua piovana che entra copiosa a ogni pioggia inviata dal cielo.
La chiesa è stata costruita probabilmente sopra un antico ossario.
Infatti, al centro dell’unica minuscola navata, si vedono ancora buche di sepoltura forse utilizzate durante la tremenda carestia del 1817.
In quegli anni difficili i morti venivano sepolti in chiesa, nella famosa fossa comune detta “carnaro”, nella quale i corpi venivano calati.
Il tempio di San Martino allora ebbe le fosse così piene che, racconta il dotto scrittore Valentino Di Tommaso, originario del paese e oggi autore di numerosi libri sulla vita fiolese, “prima di calare altri morti bisognava spingere con pertiche verso il basso la catasta di quelli che vi erano stati collocati, vittime del drammatico anno della fame”.
“Le fondamenta abbisognano di consolidamento, il tetto ha dei buchi.
Dell’intonaco non parlo, basta guardare!” – mi dice sconsolato il signor Aladino.
Mostra poi con orgoglio antichissimi reliquari e ciò che resta delle pietre del vecchio altare che non sono riusciti a rubare.
Le donne, che già si apprestavano alle preghiere, mi conducono davanti alla statua lignea della Madonna del Rosario.
La Vergine ha il viso scrostato per via delle infiltrazioni e della muffa.
L’altra statua raffigurante la Madonna del mese di Maggio sembra integra.
Una signora dice che nella vicina Pezzelle, la chiesa di San Pietro è stata restaurata e la loro è invece abbandonata al suo destino.
Gentile Sergio, ho letto con iteresse il tuo racconto che in parte conosco. Bella scrittura e belle foto. Complimenti. Vittorio Riccioni
RispondiElimina