Chissà perché ci trasformiamo in viaggiatori solo quando un aereo, una nave, un treno o un qualunque altro mezzo di trasporto ci recapita il più veloce possibile e con il minor sbattimento, a debita distanza da casa nostra.
Vorremmo andare a migliaia di chilometri, a scoprire mondi diversi che diversi più non sono a causa della globalizzazione selvaggia che martoria le nostre civiltà da anni.
Cerchiamo paesaggi inediti, architetture complesse, facce, odori e sapori che si dimentichino dei nostri sensi annoiati.
Abbiamo bisogno di spostamenti geografici come del pane sulla tavola.
Solo allora ci accorgiamo della terra sotto i nostri piedi che si muove intorno a noi.
E invece, siatene certi, viaggiare è anche a pochi chilometri da casa.
D’altronde se potessimo utilizzare una mappa dei nostri movimenti degli ultimi anni, ci accorgeremmo di usare una percentuale risibile dello spazio a disposizione.
Percorsi uguali per mancanza di tempo, per noia o meglio, pigrizia mentale.
Prima che le diottrie negli occhi e le forze nella gambe scemino, cerchiamo di vivere più possibile la nostra terra.
Esploriamo i luoghi amici con costanza, guardandoli con occhi nuovi, avventurandoci tra mare, colline e montagne, vicine ma a volte inusuali e fuori dalla geografia emozionale del nostro animo.
Visitiamo questi luoghi con la digitale in tasca, la mappa e il taccuino per gli appunti.
Giochiamo a fare i reporter con un buon paio di scarpe e il giusto entusiasmo.
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