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mercoledì 26 febbraio 2014

La Madonna delle Grazie a Teramo

Chiunque si rechi a Teramo, non può esimersi da una visita al Santuario dedicato alla Madonna delle Grazie, compatrona della città (insieme a San Berardo), punto di riferimento della vita cittadina, e nel quale i Frati Minori svolgono in tutta umiltà la loro missione di fraternità orante e operante.


Nel luogo ove esso attualmente sorge, esisteva anticamente (sec. XII) il Monastero Benedettino Femminile di S. Angelo delle Donne, costruito con la donazione di un tale Teodino, in suffragio dell’anima sua, secondo la formula allora in uso (come testimonia una lapide ritrovata nel corso della riedificazione del Santuario alla fine dell’800).

Ai primordi dell’Ordine fondato dal Poverello d’Assisi, nel tredicesimo secolo, i Francescani fecero la loro apparizione nel teramano, tanto che il primo convento francescano sorto a Teramo risale al 1227 e fu intitolato allo stesso fondatore, così come l’annessa chiesa, oggi comunemente chiamata di S. Antonio.

Nel 1400, secolo particolarmente doloroso per la nostra città, perché segnato da continue lotte fra le varie famiglie della città, fa la sua apparizione a Teramo Frà Giacomo della Marca, uno degli esponenti dell’”Osservanza Minorita”, la cui predicazione unita alla fattiva opera pacificatrice innestarono nei teramani il desiderio di avere fra loro una comunità dei “Frati Minori dell’Osservanza che in quel tempo si stavano diffondendo in Abruzzo grazie all’opera di un altro grande francescano, Giovanni da Capestrano.

Il 15 febbraio del 1449 i Frati Minori dell’Osservanza presero possesso della Chiesa e del Convento di Sant’Angelo delle Donne con i nuovo titolo di “Maria Santissima delle Grazie”, mentre le monache Benedettine furono sistemate in Sant’Anna, entro le mura della città.

Della stessa epoca, e per espresso desiderio di Giacomo della Marca, è la bellissima e miracolosa statua della Vergine SS.ma delle Grazie, scultura lignea, opera finissima di artisti aquilani (comunemente attribuita a Silvestro dall’Aquila).

Nella notte tra il 17 e il 18 novembre 1521 una luminosa apparizione della Vergine delle Grazie, insieme al protettore S. Berardo, sulle mura della città in direzione della chiesa delle Grazie aveva scompigliato i piani degli Acquaviva che assediavano Teramo, costringendoli ad una fuga precipitosa

Nel corso del XVI secolo le pubbliche cerimonie di pacificazione tra i partiti avvenivano “fuori la chiesa della Madonna delle Grazie”, e in una ennesima cerimonia, alla presenza del Vescovo e delle Autorità, nel marzo del 1559 fu istituita la “Festa della Pace” da celebrarsi ogni anno nella Domenica in Albis, l’ottava di Pasqua.

La Chiesa della Madonna delle Grazie fu ricostruita totalmente negli anni 1892-1900; del vecchio tempio è rimasto solo il campanile.
Il disegno architettonico, come gli affreschi interni, sono del celebre prof. Cesare Mariani di Roma.

La chiesa è di pianta rettangolare con l’abside nel fondo, con la cupola a calotta emisferica e tre cappelle per ogni lato, intitolate rispettivamente a S. Lucia, S. Antonio, Sacri Cuori, a sinistra di chi entra; all’Addolorata, alla Sacra Famiglia, a San Francesco alla destra.

La cappella dei Sacri Cuori di recente ospita il corpo del Beato Battista da Firenze.

Semicolonne corinzie sormontate da pilastrini scalanati sorreggono la volta della navata centrale divisa in tre scompartimenti a crociera in simmetria agli archi che formano le sei cappelle che la fiancheggiano.
Sotto la cupola nel centro vi è l’altare a confessione con quattro archi dove il baldacchino ottagonale custodisce la statua lignea della Madonna delle Grazie, un’opera di grande pregio e di rara bellezza.
Pregevole è da ritenersi la decorazione pittorica eseguita dal Mariani.

La volta della cupola rappresenta il cielo sovrastante la statua miracolosa della Madonna. Quattro spiriti celesti cantano le lodi di Maria, accompagnati da un orchestra di altri Angeli seduti.
Nelle nicchie circolari dei quattro pennacchi sono rappresentati quattro profeti: Mosè, Davide, Isaia e Geremia, ossia i profeti che avevano profetizzato della Vergine e del Divin Figlio.

Nel catino dell’abside, il Cristo Redentore siede sopra un fondo stellato, sorreggendo la Croce mentre guarda i fedeli che entrano nel tempio.
Alle pareti laterali sotto la cupola sono due grandi affreschi, che rappresentano due principali momenti della vita della Madre di Dio: la Natività, a destra di chi entra, e la Deposizione, a sinistra.

Nei tre scompartimenti a crociera dell’unica navata, ad eccezione del secondo smaltato di stelle d’oro come l’abside, sono dipinte figure di santi che in qualche modo hanno interessato il teramano o il Santuario: il Beato Tommaso, cardinale; S. Giacomo della Marca, il Beato Cherubino di Civitella del Tronto, Sant’Attone, nel primo scompartimento; S. Berardo, S. Michele Arcangelo, S. Benedetto e S. Francesco d’Assisi, nel terzo.

Le pareti delle sei cappelle laterali sono ornate con tappeti dipinti ad arazzo o quadri di artisti teramani, tra i quali “Il Martirio di S. Lucia” di Gennaro Della Monica e “Le tre Marie” di Pasquale Celommi.

Il 27 dicembre 1900 l’Arcivescovo di Lanciano Mons. Della Cioppa consacrò il Santuario appena ricostruito.
La sera del primo ottobre 1933 la statua della Madonna fu incoronata per le mani del Cardinale Alessio Ascalesi, nell’ambito dei festeggiamenti dell’VIII centenario di S. Berardo, Patrono della Diocesi.

Nel Santuario riposa, in un altare a lui dedicato, il Beato Battista da Firenze, frate minore.
Quando la madre entrò in un monastero di clarisse a L’Aquila, il giovane entrò in contatto con il mondo francescano e ne rimase affascinato al punto da decidere di abbracciare lo stato Religioso tra i Minori Osservanti.

Chiese ed ottenne di potersi ritirare dalla Toscana nel convento S. Bernardino di Campli, dove dimorò per molti anni dando testimonianza ai frati e ai secolari con la sua vita santa e dove morì il 9 marzo 1510 lasciando un tale odore di santità che i fedeli subito iniziarono a venerarlo.

sabato 1 febbraio 2014

La capitale della “Lega Italica" contro Roma e la sua basilica!

I paesi della piana di Sulmona hanno tutti una caratteristica: odorano buono di antico.
Mi riferisco a Pacentro, Introdacqua, Pettorano sul Gizio, Corfinio e non solo.

Sono borghi dove il tempo è stato rispettato e i ritmi contadini ancora scandiscono l’alternarsi delle stagioni.


La loro storia secolare trasuda dalle pietre delle chiese e dei palazzi.

Questi abitati vetusti si estendono in mezzo ad ampi e suggestivi scenari montani che fanno da preziosa cornice all’indubbia ricchezza monumentale.

Per secoli questi luoghi hanno vissuto riccamente, grazie ai fiorenti commerci e alle produzioni artigiane di prestigio.

È stata, probabilmente, determinante la posizione geografica all’incrocio fra la via Claudia Valeria e il tratturo Celano- Foggia dei transumanti diretti al Tavoliere delle Puglie.

Qui si sviluppava la felice confluenza di sbocchi importanti fra la costa Adriatica da una parte e la Marsica con il napoletano dall’altra.

Era proprio lungo la piana sulmonese, che passava la nota “Grande Via degli Abruzzi”, arteria di collegamento commerciale tra le importanti città di Firenze e Napoli.

Corfinio è uno degli esempi più fulgidi di tanta importanza.

È un paese appartenuto agli antichi Peligni, compaesani del grande Ovidio che, nato nella vicina Sulmona, assurse agli onori più alti della poesia del suo tempo.

Questo è un paese di pecore, zafferano, vino e forse qualcuno oggi fatica a pensare alla grande importanza che rivestiva al tempo dei Romani.

Eppure parliamo della mitica capitale della “Lega Italica”, nella guerra contro la tirannia di Roma, la “caput mundi”, l’unione dei paesi ribelli che contrastavano l’egemonia crudele del popolo capitolino.
Nel “club degli eversivi” c’erano paesi importanti come Popoli, Tocco da Casauria, e gli altri villaggi sulmontini stesi nella piana custodita dai rilievi del monte Morrone.

Può aiutare il visitatore attento a capire tale importanza, la possente architettura della basilica valvense dedicata a S. Pelino con l’oratorio di S. Alessandro.

La cattedrale è composta dall’unione di questi due corpi distinti: l’oratorio rettangolare allungato con abside al centro, che corrisponde al capo croce di una chiesa incompleta, consacrata nel 1092 e la basilica dedicata a San Pelino e terminata nel terzo decennio del secolo successivo, restaurata nel 1235.

La chiesa maggiore appare imponente con tre navate e alti pilastri quadrangolari. C’è un arco a tutto sesto che immette nel transetto sopraelevato, coperto con volte a botte e a crociera.

Lo spazio interno è dal seicento in stile barocco. All’interno si ammirano begli arredi liturgici e uno splendido ambone del XII secolo.

Informazioni: 

Corfinio è un comune montano in provincia dell'Aquila, all'interno della conca Peligna, con poco meno di millecento abitanti. 
Fa parte del Parco della Majella.

Distanza da Roma circa 100 chilometri, da Pescara, circa 65, dall'Aquila, 55 e da Sulmona 10 chilometri.

Per arrivare:
In auto: Autostrada A25 Roma Pescara, uscita casello Pratola Peligna, girare a destra e tre chilometri dal casello
Strada statale 17 da Aquila o da Napoli.

In treno:  Linea L'Aquila Sulmona, stazione Raiano a tre chilometri da Corfinio.